Fabio Monti, Corriere della Sera 11/4/2013, 11 aprile 2013
GUARDIOLA, A BRESCIA L’ESPERIENZA DECISIVA
Il 23 marzo 2011, Pep Guardiola, tecnico del Barcellona che stava per vincere tutto, era arrivato a Brescia approfittando della sosta per le partite delle nazionali. E a cena, a Gino Corioni aveva detto: «Presidente, se torno a lavorare in Italia, sarà soltanto per allenare il Brescia. E lo farò gratis». Si vede che i tempi non sono maturi, perché, lasciato il Barça, Guardiola è andato al Bayern, dopo un anno sabbatico, e non allena gratis; resta il fatto che anche mercoledì notte, dopo aver eliminato il Manchester Utd., ha parlato di Brescia e del Brescia. Al di là dell’aspetto affettivo («siete sempre nel mio cuore»), che spiega perché quando arriva in città porta moglie e figli, Guardiola considera l’esperienza di Brescia (dal 2001 al 2003, con sei mesi di intervallo alla Roma) come «fondamentale» per il futuro.
Ancora oggi, il tecnico più invidiato d’Europa ripete: «Considero Carlo Mazzone il mio unico vero maestro. Sono orgoglioso di essere stato allenato da lui». Da Mazzone, Guardiola ha appreso la capacità di organizzare le squadre, perché il tecnico ascolano spesso ha saputo tenere testa a formazioni ben più forti delle sue proprio grazie alla sapienza tattica. E, contrariamente a quello che si è detto tante volte, Mazzone era tutto tranne che il sostenitore di un calcio distruttivo, con poco gioco e molti falli. Non è un caso che abbia saputo esaltare le qualità di Roberto Baggio, considerato non come un lusso da sfruttare, ma come il campione calato nella realtà di squadra, per aiutare gli altri, ma anche per essere aiutato. Quello che sarebbe successo a Barcellona con Guardiola in panchina e Messi in campo.