Massimo Gaggi, Corriere della Sera 11/4/2013, 11 aprile 2013
QUELLE TRANSAZIONI TROPPO TECNOLOGICHE
Adesso a Wall Street cominciano a parlare di «effetto Michael Lewis» parlando dell’ultimo libro del celebre giornalista e saggista americano che, dopo aver preso di mira le scalate dei raider della finanza («Liar’s Poker», 1989), eccessi e distorsioni statistiche del mondo del baseball («Moneyball», 2003) e le manipolazioni da parte delle banche Usa dei mutui immobiliari sfociate nel disastroso crollo finanziario del 2008 («The Big Short», 2010) , giorni fa è arrivato in libreria con un altro saggio dirompente: «Flash Boys», la storia di come il diffondersi dell’high speed trading —le transazioni via computer condotte ad altissima velocità cercando di lucrare su accelerazioni di millesimi di secondo con le manipolazioni che tutto ciò rende possibili — avrebbe portato a una vera e propria manipolazione dei mercati finanziari. Il libro non contiene rivelazioni mozzafiato rispetto a quello che si sapeva già e che ha da tempo spinto la Sec (la Consob americana) e la magistratura ad avviare indagini giudiziarie su questo tipo di scambi. La stampa (Corriere compreso) esprime da anni dubbi su queste operazioni che sono pressoché incontrollabili per la loro elevata sofisticazione tecnologica, per l’enorme volume di transazioni effettuate e per una velocità di esecuzione che tende a quella della luce. Alcuni hanno criticato l’high speed journalism di Lewis che, con una scrittura meno seducente del solito (effetto dell’estrema complessità della materia trattata), a volte enuncia teoremi che non è in grado di dimostrare in modo esauriente.
Così, oltre alle proteste degli operatori di Wall Street, secondo i quali l’autore mette sotto accusa un intero universo professionale e presenta come criminali pratiche magari controverse ma non illegali, Lewis stavolta ha subito anche l’attacco di molti colleghi delle grandi testate Usa: secondo i critici è stato inaccurato e ha confezionato una storia per il grande pubblico prendendo fatti già noti e incartandoli con veli di demagogia e sensazionalismo. Eppure, che abbia esagerato o no, Lewis ancora una volta sta dimostrando la potenza dello storytelling nel cambiare la percezione pubblica di un problema: quattro anni fa il suo libro sul crollo di Wall Street arrivò quando sulla crisi del 2008 era già stato detto e scritto tutto. Eppure «The Big Short» diventò il testo di riferimento del parlamentari del Congresso che di lì a poco avrebbero varato il Dodd-Frank Act, la legge di riforma dei mercati finanziari. Anche stavolta dieci giorni di dibattiti e polemiche incandescenti hanno portato ad accendere i riflettori su un fenomeno fin qui sottovalutato: non solo la Sony si accinge ad acquistare con la sua Columbia Pictures i diritti cinematografici di «Flash Boys», ma nei giorni scorsi è sceso in campo lo stesso ministro della Giustizia di Obama, Eric Holder, per assicurare che il governo andrà fino in fondo sulla questione dell’high speed trading . Mentre la Sec, che già indaga da tempo tra molte difficoltà, sta di fatto usando il libro di Lewis come una specie di bulldozer per sgombrare il terreno dagli ostacoli frapposti dalle società messe sotto osservazione: Wall Street deve vedersela di nuovo col «fattore Lewis».