Marco Imarisio, Corriere della Sera 11/4/2013, 11 aprile 2013
YARA, LA MALEDIZIONE DI «IGNOTO 1»
Per gli inquirenti ormai non ci sono più dubbi: con il 99,99% delle probabilità l’uomo che ha ucciso Yara Gambirasio è un figlio che Giuseppe Guerinoni, autista morto nel ‘99, ha avuto fuori dal matrimonio. La certezza matematica del legame si è avuta approfondendo l’esame sulla somiglianza tra la traccia genetica scoperta sul cadavere di Yara e il Dna di Guerinoni. Ma nonostante questa certezza scientifica e 18 mila test genetici già effettuati, l’assassino della ginnasta tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo) non si trova ancora.
DAL NOSTRO INVIATO BERGAMO — Anche una variazione minima può dare l’illusione della speranza.
«Ignoto 1» sembra ormai un personaggio reale. Il profilo genetico del presunto assassino di Yara Gambirasio viene chiamato così, nei corridoi della procura di Bergamo, nel piccolo ufficio dove un gruppo sempre più ristretto di carabinieri e poliziotti continua a frugare nei ricordi delle persone, alla ricerca di un volto, forse di una madre che abbia il coraggio di parlare scardinando il decoro e la naturale ritrosia bergamasca al racconto di sé e degli altri.
I risultati dell’esame fatto dopo la riesumazione del corpo di Giuseppe Guerinoni hanno portato la definitiva conferma scientifica, le possibilità sono passate dal 99,87 al 99,99 per cento. «Ignoto 1» è il figlio illegittimo dell’autista di Gorno scomparso nel 1999 a 61 anni. Non c’è più margine di errore, sembra una questione di virgole ma l’approssimazione ancora più ridotta fornisce comunque il valore di prova giudiziaria a quel profilo genetico. Il magro differenziale certifica quel che già si sapeva, nient’altro. C’è qualcosa di consolatorio nell’enfasi attribuita dagli inquirenti a una notizia già nota. Almeno su questo, sembrano dire, il nostro impegno non è stato vano, anche se «Ignoto 1» nessuno sa dove si trova, che faccia possa avere.
La strada dei diciottomila profili genetici prelevati a donne e uomini della provincia di Bergamo, seguendo il percorso che faceva il pullman guidato da Guerinoni, aveva portato tutti in un vicolo cieco. La decisione di ricominciare daccapo l’inchiesta era stata vista come l’ammissione di un fallimento e un primo segno di resa, dopo indagini che ormai sfiorano il costo di tre milioni di euro, 150 in media per ogni esame genetico, e avevano consegnato la vicenda della ragazza di Brembate di sopra a una dimensione quasi metafisica.
«Ignoto 1» è anche una maledizione. Fin dall’inizio, la scoperta della sua identità non ha potuto redimere gli investigatori dal peccato di non potergli dare un nome. Anzi, è diventato una aggravante, fa sembrare vicina la soluzione di un delitto angosciante per il vuoto che lo circonda ma si rivela invece una illusione ottica. L’esame di «paternità provata» sulle spoglie dell’autista è l’ultima tappa di una specie di via crucis che lambisce quella di Yara, ma non la incrocia mai.
Comincia in un campo di Chignolo d’Adda, che in questi anni era diventato una specie di santuario laico della piccola ginnasta mentre ora è ritornato a essere rovi, cespugli e lattine di birra abbandonate. Quando ritrovano il corpo, sui suoi pantaloncini ci sono quindici minuscole macchie di sangue, annacquate dalla pioggia, perché il giorno della scomparsa coincide con quello della morte. Il Dna stabilisce un laconico «maschio caucasico». Passa quasi un anno e migliaia di esami genetici, fin quando si arriva a un trentenne che frequenta la discoteca davanti al campo. Non è lui, ma quasi. Viene «mappata» tutta la sua famiglia, si risale ai figli di Guerinoni con il Dna ancora più simile a quello di «Ignoto 1» e infine a lui, all’autista.
La marca da bollo della sua patente e alcuni francobolli confermano. Il Dna combacia. Il 7 marzo 2013 viene riesumata la salma di Guerinoni. L’esame delle parti genetiche si estende, da 13 che erano si passa a 27, da qui il piccolo scarto che oggi avvicina ancora di più alla certezza assoluta e aumenta la frustrazione di chi si sente così vicino e al tempo stesso così lontano dalla verità. «Un lavoro senza precedenti e senza risultati concreti» dice il genetista Giorgio Portera, consulente della famiglia Gambirasio.
La scienza afferma che «Ignoto 1» è l’assassino. La logica porta a sostenere che abiti da queste parti, dato quel che ha fatto. Eppure non si trova. Hanno raccolto confidenze e peccati di paese. Hanno cercato relazioni segrete che ormai risalgono a cinquant’anni fa, percorrendo le valli bergamasche e segreti svelati controvoglia. Sono andati a chiedere in val di Scalve, provincia di Sondrio, dove le ragazze madri andavano a partorire lontano dagli sguardi della loro gente. Negli ultimi giorni sono state convocate le donne bergamasche, ormai di una certa età, che negli anni Sessanta trascorrevano le vacanze a Salice Terme, il luogo dove la famiglia Guerinoni andava in villeggiatura. Lo 0,12% in più di una certezza risaputa non aggiunge nulla. Al massimo è uno stimolo a riprovare, magari per fallire ancora, e poi riprovare nuovamente. Perché è giusto così.
Marco Imarisio