Simona Antonucci, Il Messaggero 10/04/2014, 10 aprile 2014
ECCO L’ISOLA CHE NON C’È
IL CASO
Benvenuti nello Stato dell’Away. Che suona un po’ come Hawaii. E che invece è proprio Away: Via. La coda dell’espressione Throw Away: scartato, buttato. Un mondo invisibile, ma gigantesco: un’isolona in mezzo all’Oceano, grande come la Russia o come gli Stati Uniti e il Brasile messi insieme. Sconosciuto ai più, un anno fa, The Garbage Patch State (o The Away State) è stato presentato all’Unesco dal direttore generale Irina Bokova e dall’ambasciatore italiano Maurizio Serra.
IL PAESE INVISIBILE
E da allora, ha un suo sito (gargabepatchstate.org), una bandiera che ha come emblema le frecce-simbolo del riciclo rosse e impazzite, e una rappresentante diplomatica, l’artista Maria Cristina Finucci, che viaggia per musei, università, istituti di cultura e di ricerca con le sue istallazioni-denuncia. La Nazione neonata ha avuto un Padiglione all’ultima Biennale di Venezia, come tutti gli altri Stati, e il 29 settembre prossimo approderà all’Onu, in occasione del semestre italiano, con i suoi abitanti più rappresentativi: paperelle gonfiabili, ciabattine, scopettoni, tappi, coccodrilli galleggianti, bottiglie, salvagente, buste, barattoli, borsette, maschere acquatiche, pinne, penne. Una parata di oggetti di plastica che buttiamo via e che riuniti sotto forma di detriti (in parte visibili ma in gran parte no) hanno formato una distesa di 16 milioni di chilometri quadrati di particelle indistruttibili. Isole fatte di materiale che ha la peculiarità di sciogliersi nell’acqua sotto l’azione del sole, senza biodegradarsi, finendo per mimetizzarsi sotto il livello del mare. Un continente che è il risultato dell’indifferenza e degli sprechi umani e che ha dichiarato una guerra silenziosa e subdola all’ecosistema in cui viviamo.
L’AMBASCIATRICE
«Se un problema di queste dimensioni è ignorato dalle gente è perché non ha un’immagine, non si vede. E così mi è venuta l’idea di creare uno Stato per le superfici marine formate di plastica. E soprattutto di renderlo visibile, di dare una forma a questo mondo di rifiuti», spiega Maria Cristina Finucci, l’artista che da un anno lavora al progetto e che sta montando nei giardini del Maxxi la sua nuova istallazione e la prima sede simbolica dell’ambasciata di Wasteland.
L’ONDA
Domani, verrà presentata al pubblico con una sorta di festa nazionale del Garbage Patch State, l’opera che denuncia con una gigantesca onda azzurra fatta di coloratissime scaglie di bottiglie l’inquinamento dei nostri mari e che invita a rivedere i confini geografici del Pianeta. «Per la nostra cultura, tutto quello che non si vede non esiste e quindi - aggiunge Finucci - ho cercato di portarlo alla luce, con il mio linguaggio. Gli scienziati hanno i loro siti, numeri e statistiche. Io sono una creativa e ho usato i miei mezzi per divulgare il problema. Avrei potuto mostrare i pesci e i gabbiani morti, ma la gente non ne può più di essere bombardata. E così ho preferito i colori della gioia e della speranza. Anche perché demonizzare la plastica sarebbe assurdo, ma imparare a contenerla e riusarla senza farla finire in mare si può». Allo “Spazzatura Day” è stato invitato il ministro all’Ambiente Galletti e il dipartimento educazione del Maxxi, diretto da Stefania Vannini, che ha collaborato al progetto costruendo sei plastici di possibili garbage-ambasciate: per gli ospiti carte d’identità e passaporti del Paese.
LA SCOMMESSA
«Alla Biennale di Venezia - conclude Finucci - avevo avvolto Ca’ Foscari con un serpentone di tappi di plastica che camminava lungo i muri fino a ributtarsi in Laguna. Qui al Maxxi ho scelto un’onda gigante che nasconde gli oggetti di cui è composta e la vita inquietante che si è creata negli Oceani. Credo che l’artista oggi abbia un ruolo sociale, importantissimo. Non può più parlare di se stesso, ma del mondo che lo circonda. E provocare reazioni per cambiarlo. In meglio».