Marco Lillo, Il Fatto Quotidiano 10/4/2014, 10 aprile 2014
RENZI NON RINUNCIA ALLA PENSIONE
Mentre i precari, gli esodati e i baby pensionati d’oro tremano, Matteo Renzi sorride e consolida la sua straordinaria anzianità pensionistica costruita grazie a una furbata svelata dal Fatto Quotidiano, nella disattenzione generale. Renzi non si dimette dalla società di famiglia, come gli avevamo chiesto il giorno del suo insediamento. I dieci anni di anzianità e i 40 mila euro di Tfr versati dai contribuenti di Firenze all’azienda di famiglia che lo ha assunto alla vigilia della candidatura nel 2003 potevano bastare. Invece il premier mantiene la sua dorata aspettativa aprendosi la strada verso il raddoppio della pensione con il vitalizio da parlamentare, se un domani sarà eletto.
Abbiamo già raccontato la storia: Renzi si è fatto assumere un giorno prima dell’ufficializzazione della sua candidatura a presidente della Provincia da parte del suo partito. Il 27 ottobre 2003 l’azienda di famiglia Chil Srl trasforma il suo contratto di co.co.co in uno da dirigente. Da quel momento Renzi, in caso di elezione, ha diritto ai contributi pensionistici figurativi. Il giorno dopo, il 28 ottobre, la Margherita ufficializza la sua candidatura alla presidenza.
Renzi incasserà i vantaggi dell’assunzione solo a giugno del 2004 quando sarà eletto ma c’era una ragione di tanta fretta: il patto Pds-Margherita che lanciava Leonardo Domenici al comune e Renzi alla provincia si chiudeva in quei giorni.
I Renzi pagano al dirigente di famiglia lo stipendio per otto mesi quando possono metterlo in carico alla provincia e poi al comune per altri 5 anni. La legge infatti prevede che sia l’ente locale a pagare i contributi e a versare il Tfr anno per anno. Grazie a quella furbata, Provincia e Comune hanno pagato circa 300 mila euro di contributi fino all’inizio di quest’anno per costruire la pensione e il Tfr di Renzi. Dal 2004 al 2013 i contribuenti di Firenze hanno versato nelle casse della società di famiglia Chil, poi divenuta Eventi 6, per Renzi poco meno di 40 mila euro (solo per il Tfr). Se accogliesse il nostro consiglio di dimettersi per mettere fine a questa situazione imbarazzante, Renzi potrebbe incassare i soldi versati per lui dai suoi concittadini anche domani. A parte il Tfr pronto nella cassa di famiglia, Renzi potrà contare su un’anzianità contributiva che i suoi coetanei si sognano.
Se regge fino alla fine della legislatura, Renzi, a 43 anni, avrà accumulato 14 anni di anzianità. Il Fatto ha chiesto allo staff di Renzi i dati sul suo trattamento economico. Il presidente, spiega il suo staff, non ha ancora preso il suo primo stipendio. Gli uffici stanno mettendo a punto la busta paga che può variare tra due regimi possibili. Il premier dovrà optare tra il trattamento dei ministri non parlamentari e quello previsto per il presidente del Consiglio. In questo secondo caso lo stipendio sale a una volta e mezzo quello dei ministri: circa 115 mila euro all’anno. Una somma persino bassa per l’impegno e le responsabilità dell’incarico che non garantisce nessun vitalizio. Solo se sarà eletto deputato Renzi potrà in futuro cumulare pensione e vitalizio.
I tecnici di Palazzo Chigi spiegano che la presidenza “verserà per Renzi solo i relativi contributi all’Inps ma non verserà i contributi per il precedente impiego privato. I contributi connessi a quanto erogato in relazione all’incarico di Presidente - proseguono i tecnici di Palazzo Chigi - potranno essere ricongiunti, a domanda del presidente Renzi, presso la cassa previdenziale ove sono stati versati quelli relativi all’incarico privato oppure, in alternativa, il presidente potrà fare richiesta di corresponsione della ‘indennità una tantum in luogo di pensione’ ove l’incarico di membro del governo abbia avuto una durata superiore all’anno”. In pratica, se il governo cadesse per esempio nel febbraio 2016 Renzi potrebbe chiedere di incassare subito l’una tantum invece di lasciare i contributi all’Inps.
A palazzo Chigi Renzi dovrà dire addio alla manna dei contributi figurativi sui quali stava costruendo una pensione gratuita e invidiabile. Se sarà eletto deputato però tornerà nel magico mondo del ‘figurativo’. In quel caso l’onorevole Matteo Renzi potrebbe chiedere alla Camera di versare al posto della società Eventi 6 i contributi a carico del datore di lavoro, circa il 25 per cento. Mentre il dirigente in aspettativa Renzi – a differenza di quanto accadeva quando era sindaco – dovrà almeno versare la sua quota del 9 per cento. In compenso, quando sarà vecchio, Renzi potrà cumulare pensione privata e vitalizio della Camera. Se invece Renzi si dimettesse dalla società di famiglia non avrebbe più diritto a questo privilegio in caso di elezione al Parlamento. Si torna sempre lì, ai privilegi garantiti da un’assunzione a ridosso della candidatura. Una furbata che ad altri è fruttata molto meno ed è costata molto di più.
L’ex ministro Josefa Idem è indagata per truffa per 8 mila euro di contributi perché si è fatta assumere dal marito poco prima della nomina ad assessore. Il sindaco di Noventa Vicentina, Marcello Spigolon, a ottobre sarà processato perché si è fatto assumere qualche mese prima dell’elezione. Ulrich Veith, sindaco di Malles Venosta, si è visto sequestrare 80 mila euro dalla Procura di Bolzano che vuole processarlo per truffa a ottobre.
“Il mio caso è diverso da quello di Renzi. Io avevo un lavoro a tempo indeterminato in Svizzera - spiega Veith al Fatto - ma sono stato così ingenuo da dimettermi il giorno dopo l’elezione, invece di chiedere l’aspettativa, perché pensavo che il comune mi pagasse i contributi come per un dipendente”. Quando ha capito il sistema italiano, Veith è corso ai ripari e si è fatto assumere dal negozio del fratello. Ma in Italia rischia più un ingenuo che si dimette di un furbo che si fa assumere.
Marco Lillo, Il Fatto Quotidiano 10/4/2014