fu.za., Corriere dello Sport 10/4/2014, 10 aprile 2014
DA SACCHI FINO A MOU LA BUONA SORTE FA GOL
Ridurre una semifinale di Champions ad una questione anatomica, significa rifare lo stesso percorso che Yoko Ono fece nel 1966, quando in un film sperimentale intitolato No. 4 per un’ora e mezza si limitò a misurare le natiche umane. (Tranquilli, non vi siete persi niente). La domanda brutale sarebbe: si può misurare quella parte del corpo che allude alla buena suerte? E misurandola ne riusciremo a cogliere l’essenza? Capiremo cioè dove arriva il nostro talento e dove comincia qualcosa di diverso che – sulle tracce di Mou – ci limitiamo a definire «culo»?
CUL DE SAC – Nello sport la (s)fortuna è spesso l’alibi che diamo a noi stessi, quando vincono gli altri. Vent’anni fa Gene Gnocchi ci scrisse pure un libro. «Il culo di Sacchi». Si faceva riferimento alla botta di (fortuna, appunto) del ct azzurro nell’ottavo di finale del Mondiale di Usa ’94: Italia-Nigeria, 2-1 per noi in rimonta ai supplementari, fu Roby Baggio santo subito a recuperarci dall’inferno. Qualche anno prima, 9 novembre 1988, secondo turno della Coppa Campioni, a Belgrado si gioca Stella Rossa-Milan. All’andata era finita 1-1. Quella notte: jugoslavi in vantaggio, Milan in dieci per l’espulsione di Virdis, mancano venti minuti alla fine. A che ti appelli in quei momenti? A lui. Infatti: l’arbitro tedesco Pauly sospese la partita per nebbia. Si rigiocò il giorno dopo, finì 1-1, supplementari, rigori, passarono i rossoneri: è lì che cominciò il grande ciclo del Milan. E il cul de Sac, alla romagnola.
Mazzarri a Napoli vinceva le partite al fotofinish, quest’anno all’Inter le perde. Fortuna prima e rogna nera ora? L’Inter che il 5 maggio del 2002 perse uno scudetto già vinto era stata maledetta dalla sorte o pensava forse di vincere con Gresko in campo? Su youtube ci si può slogare l’indice cliccando alla voce «gol fortunati». C’è sempre uno che tira dove non voleva tirare, un portiere che sbatte la testa e si impappina, tre rimpalli vincenti come al flipper, un difensore che sviene, un altro che sembra Fantozzi. E alla fine il pallone finisce in rete. Dove comincia la fortuna?
SI PUÒ’ STUDIARE LA FORTUNA? – Uno studio recente di Luigi Curini, un ricercatore dell’Università di Milano, ha preso in considerazione i campionati di serie A dal 1946/47 ad oggi, pesando sulla bilancia della Storia il contributo della fortuna e quello dell’abilità. Considerando vari fattori si arriva a scoprire che lo scudetto recente più regalato dalla buona sorte è stato quello della Juventus 1976/77 (61,5% di fortuna, 38,5% di abilità). Quell’anno i bianconeri chiusero con un punto in più del Toro, che era campione d’Italia in carica. Ok, ma basta quello per essere giudicati fortunati? Basta forse un punto in più alla fine, un gol all’ultimo minuto, l’autogol che ti sblocca il risultato, l’espulsione dell’avversario più forte? Basta forse un pallone che sbatte sul palo e poi finisce dentro, un rinvio svirgolato, un tiro perfetto che perfetto non è, una zolla posizionata bene, una buca, un alito di vento, un arbitro cieco? Basta tutto questo? Boh. Fortunato chi lo capisce.
fu.za.