Annalisa Chirico, Panorama 10/4/2014, 10 aprile 2014
QUEI 200 GIORNI IN CELLA PER L’ACCUSA DI UN PENTITO UN PO’ «ISTRIONE»
Quando Ambrogio Crespi «torna in cella», come dice suo fratello Luigi, gli occhi si abbassano e la voce si fa più flebile. A quel punto Luca, che ha appena 2 anni, si sporge dal seggiolino su cui è seduto, fa capolino e cerca insistentemente lo sguardo del papà. Lui se ne accorge, incrocia gli occhi del figlio e la bocca gli si apre in un sorriso. «Luca ha un rapporto morboso con il padre » spiega la mamma, Helene. «Quando Ambrogio si adombra, è come se Luca lo sentisse. Allora lo riporta in libertà». Dopo 200 giorni di carcere preventivo, di cui 65 in isolamento, non torni più quello che eri. «Prima mio fratello era un uomo entusiasta e spensierato. Adesso ci sono momenti in cui si assenta e ritorna dietro le sbarre» dice Luigi, il fratello ingombrante, l’ex sondaggista di Silvio Berlusconi, con il quale, confida Ambrogio, «siamo come un’anima in due corpi».
All’alba del 10 ottobre 2012 i carabinieri suonano il campanello dell’appartamento romano di Ambrogio; lui dorme accanto a Helene; a poca distanza c’è la culla di Luca che ha soltanto 4 mesi. Sono le 4.50: Ambrogio si trova davanti cinque carabinieri. «C’è un’ordinanza di custodia a suo carico. Prepari il borsone» gli viene intimato. «A che ora posso venire a riprenderlo?» domanda la moglie, incredula. Nessuna risposta. Ambrogio viene condotto a Regina Coeli e poi in aereo al carcere milanese di Opera.
Sono solo le battute d’inizio di una storia che non ha ancora una fine. Le accuse di presunti boss mafiosi e di sedicenti pentiti risucchiano la vita di Ambrogio in una vorticosa inchiesta sul voto che ipotizza lo scambio politico-mafioso. La richiesta d’arresto viene presentata dal pm Giuseppe D’Amico l’8 novembre 2011, ma il gip Alessandro Santangelo la firma solo il 26 settembre 2012. A quel punto scattano 29 arresti. Crespi è accusato di avere agito «quale concorrente esterno dell’associazione mafiosa denominata ’ndrangheta, operante in Lombardia».
Avrebbe dato «consapevolmente e volontariamente un contributo importante al rafforzamento del giro di affari, del controllo del territorio, del prestigio e della fama criminali» delle ’ndrine, accettando di raccogliere voti a favore dell’assessore regionale leghista Domenico Zambetti nelle elezioni lombarde del 2010.
«Vuole sapere quando ho incontrato Zambetti per la prima volta? In carcere» racconta Ambrogio. Passa quasi un anno prima che il giudice autorizzi l’arresto, poi seguono 7 mesi di carcere e, protesta Ambrogio, nessuno controlla nemmeno le agende degli arrestati: «Sarebbe bastato una verifica per constatare che io e Zambetti eravamo due perfetti estranei». Anche da uno studio curato dall’esperto di flussi elettorali Roberto D’Alimonte emerge che nei condomini «controllati» da Ambrogio il candidato leghista ottiene poche decine di voti.
«Ho lasciato Milano nel 2007» dice Crespi. «Sono cresciuto in periferia, mia madre ci ha tirato su da sola in una casa popolare. Ma io sono la prova che se lavori sodo puoi farti strada e avere una vita migliore di quella dei tuoi genitori». Nel 2010 Ambrogio è in Albania dove cura la campagna elettorale del futuro premier albanese Edi Rama. «Mi hanno messo dentro non per qualcosa che abbia detto o fatto. Ma per quello che altre persone hanno detto di me» dice. Come spiegano gli avvocati Marcello Elia e Giuseppe Rossodivita, il coinvolgimento di Crespi parte dalle affermazioni del presunto boss Eugenio Costantino, «captate nel corso d’intercettazioni che non vedono mai partecipe o presente Ambrogio Crespi». Lui non ha mai incontrato Costantino. E solo ai primi di questo aprile il giudice ha disposto perizie psichiatriche sul boss, in quanto «soggetto affetto da disturbi istrionici e narcisistici» e, pare, anche da qualche inclinazione alla millanteria.
«Ambrogio non c’entra nulla con questa storia» dice Luigi. «I magistrati hanno dato credito a un pentito che si spacciava come suo testimone di nozze. Peccato che quel giorno, al fianco di Ambrogio, ci fossi io e non lui». Nel rigettare l’istanza di scarcerazione nel marzo 2013, però, il Tribunale del riesame aveva stabilito che Crespi poteva aver contratto il matrimonio con riti diversi da quello civile.
Luigi si è molto battuto per Ambrogio. Gli scioperi della fame lo hanno cambiato nell’aspetto, e non solo. «Convivo col senso di colpa» mormora. «Sono convinto che se non fosse stato mio fratello non gli sarebbe accaduto nulla di tutto questo». Allora Ambrogio batte un pugno sul tavolo: «Ti ho detto che non voglio sentire sciocchezze. Tu non c’entri niente».
L’8 maggio la Corte d’assise tornerà in udienza. Dopo quasi 20 mesi, l’impressione è che tutto sia appena iniziato.