Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 10 Giovedì calendario

MOLINARI: IL GOLF NON È UNO SPORT DA RICCHI

Dai fratelloni del canottaggio, Giuseppe e Carmine Abba­gnale, ai fratellini del golf. Par­te oggi l’Open americano di Augusta: c’è Francesco Molinari ma non il fratello Edoardo. I due torinesi rap­presentano comunque il miglior soda­lizio familiare dello sport italiano che conta anche sul veronese Matteo Ma­nassero, lui pure protagonista in Geor­gia nel major più affascinante, l’unico dei 4 a non cambiare mai sede, sul per­corso inaugurato nel 1933.
Molto è cambiato, invece, sui green di tutto il mondo. Non ci sono più solo ap­passionati snob, in Italia si gioca anche senza spendere tanto, in piccole strut­ture, magari improvvisate, con una manciata di buche. Diverso ovviamen­te il mondo dei professionisti: Molina­ri viaggia con uno staff, composto da 6 persone, l’allenatore è Denis Pug, men­tre Mark Roe si occupa del gioco corto. «La nostra disciplina – riflette France­sco Molinari, detto Chicco, 30 anni – non è più prerogativa dei ricchi, prati­carlo costa meno che sciare, solo che gli italiani non lo capiscono. Nei Paesi nordici è più diffuso e popolare del cal­cio, anche tra i più giovani, specie in Da­nimarca... ».
Anche lei fa parte dei “cervelli in fuga”, poiché si è stabilito a Londra.
«Sono comodo come base di partenza per i viaggi, inoltre da un decennio ho un tecnico inglese, così lo vedo più spesso. E mia moglie Valentina ha studiato qui».
Lei aveva raggiunto la 14ª posizione mondiale, ora è regredito alla 50ª...
«Fa parte del gioco, nella nostra disci­plina i risultati non sono costanti. So­no due anni più giovane di Edoardo, lui però arrivò al professionismo con un biennio di ritardo, rispetto a me. A­vevo superato il suo ranking nel 2004. Nel 2010 ci siamo aggiudicati assie­me la Ryder cup, è stato il massimo della carriera».
Sono stati i genitori a scatenare la pas­sione di entrambi?
«Ci hanno fatti crescere alla Mandria, ogni mia vittoria impreziosisce proprio l’albo d’oro del circolo torinese: è il più titolato d’Italia e fra i pochissimi con due Ryder e la Coppa del mondo».
Nel frattempo Manassero è diventato vostro rivale per il titolo di miglior gio­catore italiano...
«Resta comunque un grande amico. E un fenomeno, considerato che ha solo 20 anni».
Nel 2016 il golf debutterà alle Olim­piadi. Molinari junior sarà a Rio de Ja­neiro?
«Ci spero, anche se i criteri di selezione delle nazionali non sono ancora chiari, comunque bisogna qualifi­carsi sul campo».
Tiger Woods è tornato numero uno, dal 2008, però, non vince un major. Al contrario lei non ha mai accusato cri­si di rigetto.
«Anche perché nel tempo libero mi ricarico a casa, con mio figlio Tommaso...» .
Non si fosse dedicato alle palline, cosa avrebbe fatto nella vita?
«Chissà. Magari sarei diventato com­mercialista. Sono laureato in economia e commercio».
Nel golf il doping praticamente non esiste.
«Ricordo solo un caso, in America. I te­st sono stati introdotti 5 anni fa, con la candidatura a sport olimpico. La piaga da noi non c’è, anche perché non sa­rebbe facile trovare sostanze che aiuti­no a livello globale».
Il betabloccante però abbassa la pres­sione, aiuterebbe sui colpi di precisio­ne, come per i tiratori...
«Per le esecuzioni a più lunga gittata l’a­drenalina aiuta. Ma noi mischiamo ge­sti abbastanza diversi».