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 2014  aprile 10 Giovedì calendario

IL TEXANO SPARA

Lo skyline di Houston è alle spalle in meno di 30 minuti di auto. Dalla classica periferia americana dei centri commerciali si arriva nel verde di una foresta rada, punteggiata da concessionari d’auto e venditori di statue in legno. Sul lago Conroe, una grande (eufemismo…) villa, in puro stile americano, fornita di tutto, dalla piscina bordo-lago in su. A 5 minuti d’auto, in un sentiero pieno di cartelli «vendesi» (avrà fatto scappare lui i vicini?) il Texas Tornado Boot Camp. Un parco giochi dove Colin Edwards, padrone del “saloon” con sottofondo di rock sudista, fa gli onori di casa ai compagni del Team Forward, alla vigilia di Austin. Si gioca, con moto, macchine eccetera: a 40 anni non ha perso la voglia di divertirsi.
Colin, si sente il nonno, il padrino o il Grande Fratello di questo Mondiale?
«In passavo volevo “distruggere” il mio compagno, ma ora ne ho uno di grande talento come Alex (Espargaro, n.d.r.) e sto cercando di aiutarlo».
Dopo 20 anni non è stanco?
«Un po’ sì, ma sono ancora motivato. Mi diverto».
Non è strano stare sullo schieramento con piloti che potrebbero essere suoi figli?
«Marquez potrebbe esserlo. Ma lui non mi guarda come un padre e io non lo guardo come un figlio. Siamo solo piloti».
Questo Boot Camp è nato per creare nuovi campioni?
«La situazione negli Usa è disastrosa. Qui vengono amici che vogliono divertirsi, ma sono intorno ai 40 anni».
Cosa significa essere texano?
«In una parola: libertà. Fare quello che vuoi, nella legalità ovviamente. Stamattina è venuta la polizia mentre sparavamo. Ha guardato era tutto era a posto e via».
Quante armi ha?
«Intorno a 60. Ma qualche amico ne ha anche 300…».
Meglio tornare in pista. Soddisfatto della sua carriera o ha qualche rimpianto?
«Avrei potuto vincere più di due titoli in Sbk, ma non sarei qui in MotoGP. Ci sono passato a 29 anni, troppi. Rimpianti? Ha visto la mia casa…».
Le corse a volte sono dure, che cosa è rimasto di Sepang 2011?
«Quello che è successo a Marco (Simoncelli, n.d.r.) è stato un fottuto disastro: ci manca. L’ho visto cadere, l’ha visto anche Valentino. Eravamo sicuri che andasse verso l’esterno. Quando me lo sono trovato davanti ho cercato di fare il possibile. Il momento peggiore della mia carriera».
Ne ha riparlato con Rossi?
«Quella sera stessa ci siamo scambiati messaggi, cercavamo di incoraggiarci, di capire se era colpa mia o colpa sua. Fu un incidente».
Con Rossi ha vinto la 8 Ore di Suzuka e condiviso la squadra: come lo giudica?
«Dico il migliore di sempre, capace di tirare fuori da una moto tutto il potenziale. Ricordo il Sachsenring: era 12° in prova e vinse. Io so che moto aveva».
Lo vede pronto ad una seconda giovinezza?
«Ha 35 anni. Guardando gli altri, vedi che da 20 a 28/29 anni hai il “succo” migliore».
E di Lorenzo cosa pensa?
«Uhm… Non mi piace un pilota che si lamenta sempre. E non puoi stare con gli occhiali da sole in Qatar».
L’altro spagnolo Pedrosa?
«Gli si sono aperte tante porte, ma non ha mai preso quella giusta».
Marquez farà la storia?
«Ha tutto: personalità, sorriso, lo amano tutti. Come Valentino all’inizio».
Un giudizio sulla Ducati…
«In MotoGP non funziona, con Dall’Igna sta migliorando».
Chi vincerà domenica sulla pista di casa sua e poi il titolo?
«Marc. Qui ad Austin credo sia impossibile batterlo, ci metterei dei soldi sopra. E per il titolo, può solo migliorare».
E quanto andrà avanti?
«Stoner andava fortissimo, ma si è ritirato a 27 anni. Marc è diverso, si diverte. Credo andrà avanti per molto».