Francesco Spini, La Stampa 10/4/2014, 10 aprile 2014
Stangata sulle banche gli istituti verso il ricorso Ma nonostante il prelievo doppio il “tesoretto” vale 5,6 miliardi Francesco Spini «Purtroppo il sistema fiscale italiano conferma la sua caratteristica scorrettezza
Stangata sulle banche gli istituti verso il ricorso Ma nonostante il prelievo doppio il “tesoretto” vale 5,6 miliardi Francesco Spini «Purtroppo il sistema fiscale italiano conferma la sua caratteristica scorrettezza...». In ambienti bancari - mentre l’Abi già studia ricorsi - si mastica amaro il giorno dopo l’approvazione del Def con cui il governo Renzi conta di raccogliere dagli istituti un miliardo di tasse in più dalla rivalutazione delle quote di Banca d’Italia. Gli strali sono in parte rivolti alla probabile retroattività della nuova aliquota del 26% anziché il 12%. Toccherà pagare ancora sui benefici già riportati a bilancio, senza attendere la vendita di quanto va oltre il 3% e che difficilmente darà grandi plusvalenze. Sotto accusa, non c’è solo la famosa certezza del diritto, questa volta in chiave fiscale. Il sistema bancario valuta già ricorsi e contenziosi sia alla Corte Costituzionale sia alla Corte di giustizia europea. La misura viene anzitutto considerata dalle banche «discriminatoria»: il 12% prima applicato era la stessa aliquota prevista nella Legge di Stabilità per la rivalutazione degli altri beni di impresa. La variazione dell’aliquota al 26%, invece, riguarda solo le quote di Bankitalia. Gli istituti inoltre ritengono che la mossa possa essere considerata come un sistema per finanziare in modo occulto il Tesoro, mentre il Trattato con la Bce vieta di porre a carico delle banche un finanziamento al Tesoro. Il caso, insomma, rischia di complicarsi. Tutto nasce con il precedente governo e la rivalutazione del capitale di Bankitalia che, dal 1936, era fissato in 156 mila euro. Attualizzando i valori, le banche «partecipanti» al capitale di Via Nazionale si sono ritrovate tutte insieme un «tesoretto» da 7,5 miliardi. A cui sulle prime è stata applicato il 12% per un gettito da 900 milioni; oggi si aggiunge un miliardo passando al 26%. La metà del surplus sarà a carico dei due principali «soci»: Intesa Sanpaolo e Mediobanca. Ma intanto le banche incassano, sia pure contabilmente. In un anno come il 2013, caratterizzato da grandi pulizie nei bilanci, l’impatto dell’operazione Bankitalia si è fatto sentire, pur controbilanciato dalle ingenti svalutazioni. Intesa Sanpaolo, per esempio, ha registrato 4,55 miliardi di rosso, ma il beneficio delle quote Bankitalia (42,4%) sul conto economico è stato di 2,56 miliardi. Con l’aliquota che passerà al 26%, ai 307 milioni già contabilizzati per il Fisco si aggiungeranno altri 360 milioni, con un impatto del 16% degli utili attesi per il 2014 dagli analisti di Mediobanca, tecnicamente dovuto a una «sopravvenienza passiva» per l’incremento dell’aliquota. Lo stesso accadrà per Unicredit, con un impatto sul 7% dei profitti per azione attesi per quest’anno. Nel 2013 ha perso 14 miliardi, ma la rivalutazione del 22,1% di Bankitalia ha giovato per 1,4 miliardi. Ha già contabilizzato circa 168 milioni di tasse, ne dovrà aggiungere altri 196. Tra gli altri Carige dovrà aggiungere circa 30 milioni, Generali (dopo l’Abi anche l’Ania tramite il dg Dario Focarelli ha espresso «sorpresa e anche sconcerto...» ) dovrà sborsare 50 milioni in più al Fisco, dopo una plusvalenza da 290 milioni. Per gli analisti di Equita l’operazione «non è un segnale rassicurante per le banche da parte di un governo che sembrava avviato a una stagione meno conflittuale con il settore». La Fabi teme ricadute sui lavoratori anche «alla luce del rinnovo del contratto nazionale».