Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 9/4/2014, 9 aprile 2014
HOMBRES HORIZONTALES
Siccome in Italia – come diceva Flaiano – “i fascisti sono una trascurabile maggioranza”, nessun intellettuale (o quasi) riesce a comprendere l’allarme di Zagrebelsky, di Rodotà e degli altri firmatari dell’appello di Libertà e Giustizia contro la “svolta autoritaria”. Infatti, dopo una settimana di ostracismo su tutti i tg e i giornali (tranne il nostro), l’appello e i suoi firmatari sono diventati il bersaglio di attacchi concentrici, insulti plenari e scomuniche trasversali che vanno dalla destra al centro alla sinistra. “Professoroni”, “tromboni”, “parrucconi”, “conservatori” (che – almeno a proposito della Costituzione del 1948 – è un meraviglioso complimento). Nessuno – a parte Michele Ainis sul Corriere – ha risposto nel merito alle loro obiezioni. Quasi tutti le hanno falsificate e caricaturate per poterle meglio ignorare e demolire. Qualcuno ha detto che è ridicolo definire “autoritaria” la riforma del Senato: infatti non è solo a quella che si riferisce l’appello, ma a un insieme di riforme scritte o annunciate che vanno tutte nella direzione di una democrazia verticale, sempre meno partecipata, dunque non più democratica. Proviamo a immaginare come sarebbe l’Italia fra qualche anno se tutto ciò che Renzi e i suoi alleati sparsi qua e là (Berlusconi, Casini, Alfano, qualche ex-M5S) hanno in mente diventasse legge. Il presidente della Repubblica sarà eletto (ancora) da un Parlamento di nominati. La Camera sarà (ancora) formata da deputati scelti da 3-4 segretari, padroni assoluti dei propri partiti con leadership sempre più personali e carismatiche, tagliando fuori qualunque minoranza che non voglia coalizzarsi e non superi l’8% o qualunque coalizione che non salti l’ostacolo del 12%. Il Senato, privo di poteri, sarà formato da governatori, consiglieri regionali, sindaci e amici del capo dello Stato, eletti per fare tutt’altro o non eletti tout court. Il premier sarà il boss dell’unico ramo del Parlamento che ancora può impensierirlo grazie a un premio di maggioranza mostruoso, che regala il 53% dei deputati anche se il partito-guida della coalizione vincente ha solo il 20% dei voti validi (cioè il 12-13% degli elettori), e incasserà entro 60 giorni il via libera obbligatorio a qualunque suo disegno di legge. Le province cambieranno soltanto nome e, a loro volta, non saranno più elettive, ma nominate dai soliti noti.
Poi, se tutto va bene, si provvederà a rafforzare vieppiù i poteri del premier, consentendogli di sfiduciare i ministri quando pare a lui. Uno comanderà e gli altri eseguiranno, in un sistema mostruoso dove il potere sarà concentrato in pochissime mani (perlopiù due) e diventerà difficilmente scalabile e contendibile. Cosa resterà dei checks and balances, cioè dei pesi e dei contrappesi previsti dai testi sacri della democrazia liberale, dove i poteri sono separati e si controllano e si bilanciano l’uno con l’altro? Poco o nulla. Chi cita i sistemi presidenzialisti francese o americano non sa quel che dice: lì può addirittura capitare che il primo ministro o il presidente si ritrovino un Parlamento di colore opposto al loro. Cosa che in Italia sarebbe impensabile. Ma l’allarme sulla “svolta autoritaria” insita in questo accrocco di controriforme cade nel vuoto proprio perché l’Italia è già dominata da culture autoritarie: l’intellighenzia è cortigiana dal Rinascimento (anche se al posto di Lorenzo il Magnifico ci sono Renzi, la Boschi e Verdini). La democrazia verticale, per affermarsi, necessita di intellettuali orizzontali. L’anno scorso stuoli di giuristi di corte accorsero festosi alla chiamata di Napolitano&Letta per arruolarsi in comitati di “saggi” incaricati di devastare la Costituzione: e a nessuno venne in mente che quello scapicollarsi a Palazzo era la negazione del ruolo dell’intellettuale. Infatti Zagrebelsky, Rodotà & C. vengono scomunicati dai “colleghi” proprio perché non s’intruppano al servizio del potere: non sono abbastanza governativi. “Un giorno – per dirla ancora con Flaiano – il fascismo sarà curato con la psicoanalisi”.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 9/4/2014