Cecilia Seppia, Il mio Papa 9/4/2014, 9 aprile 2014
COSÌ ORGANIZZIAMO I VIAGGI DEL PAPA
Capi di Stato, primi ministri e personalità di spicco viaggiano continuamente, partecipando a vertici di rilevanza mondiale. Quando si muove il Papa, però, la differenza è fatta da due variabili: la fede e le folle oceaniche che lo attendono. Preparare un viaggio del Papa, dunque, richiede mesi di lavoro, grandissima attenzione ai dettagli e una speciale cura pastorale. I pezzi di questo puzzle molto complesso sono messi insieme da un’équipe che oggi è guidata da Alberto Gasbarri, direttore amministrativo della Radio Vaticana. Una «squadra» abituata a lavorare con largo anticipo sulle date ufficiali.
Ma come nasce un viaggio del Papa? «Di solito il Pontefice» ci spiega il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, «viene invitato da vescovi e personalità ecclesiastiche e statali di vari Paesi, in vista di un grande avvenimento oppure di una forte occasione pastorale. Altre volte è lo stesso Santo Padre che le individua, ritenendole importanti per la Chiesa nella sua prospettiva. In ogni caso c’è bisogno di un invito ufficiale perché, se il Pontefice deve andare in un altro Stato, è bene che sia un ospite gradito.
In situazioni più complesse, di carattere ecumenico, bisogna inoltre tener conto di altre autorità religiose, di altre confessioni, perché serve un contesto di piena serenità».
Formalizzato l’invito, comincia a mettersi in moto la macchina organizzativa per abbozzare il programma. In genere si tratta di viaggi non molto lunghi, nei quali le giornate del Papa sono dense di incontri, visite e celebrazioni. Un vero e proprio tour de force che muove da un impegno imprescindibile: quello di riuscire a raggiungere tutti o quasi spingendosi fino alle “periferie esistenziali” che Francesco ci ricorda continuamente.
Dunque sono importanti le situazioni pastorali ma anche la successione delle visite, che deve tener conto dei viaggi precedenti: già sul volo di ritorno dal Brasile, nel luglio dell’anno scorso, Francesco ha detto che le sue priorità per il futuro immediato avrebbero potuto essere l’Asia e l’Africa, per dare anche a queste zone del mondo l’opportunità di incontrarlo.
«Una volta decisa la bozza del programma» prosegue padre Lombardi «iniziano i sopralluoghi dell’équipe incaricata, che prima di tutto deve prendere contatti, con l’aiuto del Nunzio (ovvero il rappresentante del Papa nei diversi Paesi), con le autorità ecclesiali e quelle statali per decidere i dettagli e studiare le tappe con i diversi interlocutori. Chi organizza in genere fa due sopralluoghi, seguendo l’itinerario previsto. Poi sottopone il programma all’approvazione del Santo Padre, perché si tratta di un suo viaggio e quindi è necessario avere il suo gradimento».
Oltre ai sopralluoghi per prendere contatti istituzionali, ci sono quelli tecnici e altri ancora più specifici: per esempio il maestro delle cerimonie liturgiche raggiunge con i suoi collaboratori tutti i luoghi dove è prevista una cerimonia (una Messa o un’altra celebrazione) per capire come preparare concretamente l’altare e come coinvolgere le persone che prenderanno parte alle funzioni. C’è poi il sopralluogo del comandante della Gendarmeria Vaticana per quello che riguarda la sicurezza e l’incolumità del Santo Padre durante i tragitti, e nelle visite pastorali e non. Da questo momento in poi si procede per stabilire modi, mezzi e tempi adeguati affinché tutto possa svolgersi senza ostacoli per il Santo Padre e per tutti coloro che vi partecipano.
«In ogni viaggio del Papa» spiega ancora il direttore della Sala Stampa Vaticana «ci sono delle dimensioni caratteristiche del servizio spirituale che egli svolge e incarna e quindi nell’individuare le tappe, grande spazio e attenzione vengono riservati alle diverse componenti del popolo di Dio: giovani, famiglie, poveri, malati...». In Brasile per esempio Francesco ha voluto visitare le favelas e qui abbiamo visto alcune tra le immagini più commoventi di quel viaggio.
Altra sua richiesta specifica, inserita nel programma dagli organizzatori, è stato l’incontro con alcuni ragazzi di quattro diversi carceri minorili nella zona di Rio de Janeiro. Fuori programma, invece, sempre nel viaggio in Brasile, aggiunto all’ultimo per volontà di Francesco, fu l’incontro con i giovani argentini nella cattedrale di Rio. «Il Papa» racconta padre Lombardi «aveva saputo che un folto gruppo di ragazzi arrivati dall’Argentina aveva espresso la volontà di vederlo, e anche lui condivideva questo desiderio. Dunque Gasbarri si diede subito da fare per organizzare il tutto». Lo stesso vale per persone singole che il Papa ha piacere di incontrare: cambi di programma ci possono essere in qualunque momento. «Il programma di un viaggio, però, non può essere troppo stravolto» aggiunge Lombardi «perché ciò darebbe luogo a qualche inconveniente».
Dove alloggia il Papa durante i suoi viaggi? «Di solito», prosegue Lombardi, «nei luoghi in cui c’è una Nunziatura apostolica, cioè la casa dove abita il rappresentante del Pontefice e che di norma si trova in quasi tutte le capitali dei Paesi con cui si hanno rapporti diplomatici. Però ci possono essere altre situazioni: a Rio per esempio, il Papa ha alloggiato in un centro di spiritualità della diocesi. A Gerusalemme invece c’è la Delegazione apostolica, dove sta il rappresentante della Santa Sede: il Papa dormirà lì durante la sua permanenza in Terra Santa».
Quanto si sente l’impronta della personalità del Papa nei suoi viaggi? «È presto per fare un bilancio» dice padre Lombardi. «Di certo però la sua impronta l’abbiamo vista in molte cose, per esempio la scelta dell’auto. Francesco in Brasile non ha voluto la Papamobile blindata, ma una jeep scoperta. Anche il rapporto con la stampa è cambiato: il Santo Padre mi ha detto che sul volo di andata voleva salutare tutti i giornalisti e avere un incontro personale con loro, non una conferenza stampa. Bisognava però verificare che questa formula non fosse troppo stancante per il Papa e i giornalisti. Papa Francesco ha sorpreso tutti ancora una volta: non solo ha tenuto fede al progetto iniziale, ma durante il volo di ritorno ha dedicato un’ora e 20 minuti a una conversazione a tutto campo con i giornalisti, senza domande preparate. E lo ha fatto con una spontaneità e una schiettezza che hanno lasciato stupefatti tutti! Un dialogo così ampio e aperto con un Papa noi non ce la ricordavamo, è stata un’esperienza eccezionale».