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 2014  aprile 09 Mercoledì calendario

CALCIO IN FRANCHISING – [INVASIONE RED BULL: AMERICHE, EUROPA, AFRICA. LOGO, NOME, COLORI, TUTTO UGUALE]


VINCENTE SENZ’ANIMA. O, MEGLIO, CON UN ANIMA CHE È PROVERBIALMENTE QUELLA DEL COMMERCIO: LA PUBBLICITÀ, ANZI IL MARKETING, PERCHÉ LE PAROLE SONO IMPORTANTI. È la galassia sportiva del marchio Red Bull, un universo in espansione che sta invadendo il caldo con le sue peculiari caratteristiche, quelle classiche del franchising: tutto uguale, dappertutto. A Salisburgo come a New York, a Lipsia come a Campinas, a Sogakope in Ghana come nella prossima città da colonizzare. Stessi colori sociali, stessa divisa fornita dal medesimo sponsor tecnico, stesso nome, stesso logo in cui cambia solo il nome della città.
Tutto è, partito dall’Austria. La prima società calcistica entrata sotto l’egida di Red Bull GmbH, nel 2005, fu l’Austria Salisburgo che, sino ad allora, aveva una storia rispettabile: tre campionati austriaci e una finale Uefa persa, nel 1994, contro l’Inter di Bergkamp. Quello che era lo Sportverein Austria Salzburg, con l’avvento di Red Bull, divenne altro: un club ricchissimo e vincente. Cinque scudetti in nove stagioni (l’ultimo conquistato aritmeticamente alcune settimane fa, in un campionato che finirà fra un mese, con oltre 20 punti di vantaggio sulla seconda), uomini copertina come Trapattoni in panchina, il meglio del calcio nazionale in organico. Il tutto ad un prezzo folle, per un tifoso: dal cambio di denominazione in Red Bull Salisburgo a quello dei colori sociali, una maglia bianca con i tori rossi in bella evidenza al posto del viola storico, passando attraverso il conseguente abbandono del vecchio stemma per un logo corporate. Un ogm vero e proprio che ha prodotto l’addio di una parte consistente del tifo il quale, appena chiariti i piani dell’azienda padrona, ha scelto di rifondare da zero l’Austria Salzburg partendo dall’ultima divisione, riprendendosi il logo e l’amato «violett», ma non il palmares. Dopo quattro promozioni, il nuovo Austria gioca ancora in Regionalliga, ma in certe giornate vanta più pubblico rispetto al Red Bull. Una questione d’orgoglio.
Ma in Austria la colonizzazione Red Bull non si ferma a Salisburgo. Se qualche appassionato di calcio estero, un anno fa, ha applaudito il trionfo dei dilettanti del piccolo Pasching contro l’Austria Vienna, sappia che non si tratta di Davide che ha sconfitto Golia. Tutt’altro: pur mantenendo la propria denominazione, il Pasching è un club satellite del Salisburgo, foraggiato dal 2012 proprio da Red Bull e gestito da dirigenti scelti dal grande alleato.
Sorvolando l’Atlantico, il secondo franchising calcistico della Red Bull si trova a New York. La società è nota: oggi vi giocano fra gli altri Thierry Henry, Peguy Luyindula e Tim Cahill. È accaduto a New York, ma molto più in grande trattandosi della Mls, ciò che era accaduto a Salisburgo, con Red Bull a comprarsi i MetroStars, iniettare denaro nelle casse del club e rivestirlo con il proprio brand. Maglia bianca con tori rossi (i MetroStars, in cui giocarono Branco e Donadoni a fine carriera, vestivano di rossonero), nuovo logo e nuovi naming rights anche per lo stadio, la Red Bull Arena (come a Salisburgo). I Red Bull statunitensi sono, per questioni di mercato, il brand calcistico commerciale principe nell’universo sportivo aziendale. Là, dove il calcio onestamente non ha storia, dove tutto è marketing e dove il franchising è nato, i MestroStars non li rimpiange – e forse non li ricorda – nessuno e la strategia funziona.
Funziona però anche dove il calcio ha fatto storia, e cioè in Brasile, dove il colosso del patron Dietrich Mateschitz non s’è fatto sfuggire la possibilità, nel 2007, di creare ex novo una squadra a Campinas, nello Stato di San Paolo. All’anagrafe del calcio brasiliano il club si chiama Red Bull Futebol e in nulla si discosta dagli altri Red Bull sparsi in giro per il mondo. Anche in questo caso, con i soldi sono arrivati i successi: partendo dal basso la squadra ha appena ottenuto la promozione nella massima serie del campionato Paulista e così, la prossima stagione, giocherà contro club leggendari quali Santos, Corinthians, San Paolo e Palmeiras. Raggiunta la principale divisione del campionato statale, il prossimo obiettivo è arrivare nella A del Brasileirão. È solo una questione di tempo.
Così come, tornando in Europa, non è una questione di «se» ma di «quando» la presenza di un team Red Bull nella Bundesliga tedesca. Nel 2009 venne creato a Lipsia, sfruttando il titolo sportivo del Markrandstadt (quinta divisione), il RB Leipzig. In Germania, un club non può chiamarsi con il nome di un’azienda, ecco così trovato il sotterfugio, un compromesso che accontenta tutti, principalmente però i finanziatori: la nuova ragione sociale è RasenBallsport Leipzig, abbreviato nel logo in RB. Ovvero Red Bull. Anche qui il discorso su tutti i simboli è identico. Identica anche la vocazione al successo: il RB gioca oggi in terza divisione e, da neopromossa, si sta giocando la promozione nella B tedesca, la Zweite Bundesliga.
Non manca nemmeno l’Africa, dove nel 2008, a Sogakope, è stato fondato il Red Bull Ghana. Il quale, al momento, è una promettente academy, dal momento che il giocatore più anziano ha 22 anni. Ma già ora saccheggia i ragazzi più bravi dell’area. Prima o poi, di qualcuno di loro sentirete parlare in un campionato più importante, in un’altra città. Ma probabilmente con la stessa maglia.

longhi@email.it