Salvatore Maria Righi, l’Unità 9/4/2014, 9 aprile 2014
I RIFUGIATI AUMENTANO MA L’ACCOGLIENZA È INSUFFICIENTE
Ci sono i numeri, che fanno spavento. E c’è l’«indifferenza globalizzata», come l’ha chiamata papa Francesco, se possibile anche peggio. Perché i migranti aumentano e tra loro crescono anche gli esuli e i rifugiati, ma questo Paese non vuole cambiare e continua a non vederli, o a far finta: «Ci commuoviamo quando li vediamo nelle immagini televisive, nei loro paesi, ma diventano trasparenti appena arrivano nelle nostre strade».
Erano tutti d’accordo alla presentazione del rapporto annuale del Centro Astalli, presenti i vertici dell’associazione gesuita con padre Giovanni La Manna, presidente, e Berardino Guarino, direttore dei progetti. Tra gli ospiti, oltre al sindaco di Roma Ignazio Marino, anche padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede. Il punto di partenza e la bussola per ogni ragionamento è che l’asticella continua a salire, sempre di più. Tragicamente sempre più alta. Proiettata, anche se ancora lontana, verso lo scenario evocato dal ministro dell’Interno Alfano. «Non possiamo e non dobbiamo spaventarci per 600mila arrivi», dice padre La Manna, una marea umana che sarebbe pronta ad arrampicarsi su per l’Europa, alla ricerca di una vita e di un futuro, con l’Italia che continua ad essere una porta stretta, molto stretta. Tanto che rispetto alla Ue sembra uno specchio rovesciato. Nel 2013, a cui si riferiscono i dati del rapporto che si conclude con le foto della visita alla Fondazione Astalli di papa Francesco lo scorso 10 settembre, in Europa le domande di asilo sono aumentate del 32%. Per la guerra in corso, sanguinosa e sempre più lontana dalle telecamere, la maggior parte dei richiedenti proviene dalla Siria, che in massima parte scelgono di puntare a nord verso Svezia (16.317) e Germania (11.851).
AFRICA E ASIA
In Italia, invece, i siriani non vogliono starci: 695 le richieste di asilo nel nostro paese, a fronte di 27.830 domande complessive. Più che aumentate (60%) rispetto all’anno precedente. I rifugiati che chiedono asilo nello Stivale provengono in gran parte da Mali, Costa d’Avorio, Afghanistan, Senegal, Pakistan, Eritrea, Nigeria e Guinea. Quello che padre La Manna ha sottolineato più volte, e con lui gli altri relatori, è che da noi continua a prevalere la logica dell’emergenza e del tirare a campare. «Il punto fondamentale, invece, è che finita l’epoca emergenziale. Queste persone, vittime di situazioni ingiuste, vanno accolte con dignità e rispetto per i loro diritti non solo per motivi umanitari, ma per ragioni di giustizia, perché ci sono convenzioni internazionali da applicare». Se è per quello, ci sono anche sentenze di tribunali europei che certificano l’inaffidabilità dell’Italia ad affrontare questi problemi, figuriamoci a risolverli. Manca del tutto, ribadiscono più volte, l’«accoglienza progettuale» che trasforma l’emergenza in una visione strutturata, con delle prospettive e non solo con l’acqua alla gola dei giorni che passano: «Che progetto c’è dietro alle 30 euro al giorno pagate per ciascuno, nelle strutture che li accolgono, per tre mesi? Siamo stanchi dell’assenza di un sistema unitario di accoglienza».
LACUNE DELLO STATO
L’impegno del Centro Astalli, in questa situazione in cui si mettono le dita nei buchi della diga, come il bambino della famosa parabola olandese, si traduce in numeri con molti zeri. 102.675 pasti somministrati, circa gli stessi del 2012, con una media giornaliera tra 350 e 400, vuol dire che il sistema-Italia non ha migliorato di una virgola la sua già cronica insufficienza. Salita leggermente l’età degli utenti, pur restando bassa: il 64% ha meno di 30 anni, mentre la percentuale delle persone tra 30 e 40 anni è cresciuta del 4 per cento. Fa anche molto riflettere il fatto che circa la metà delle persone vittime di tortura seguite dal Centro siano costrette a vivere per strada, in edifici occupati o presso le abitazioni di amici, «per lo scaricabarile tra gli enti che se ne dovrebbero occupare» e «per i tagli alla sanità» che in qualche modo hanno inciso anche sull’ecatombe di migranti che sono rimasti uccisi nel loro viaggio della speranza. Negli ultimi 20 anni, in fondo al Mediterraneo, sono stati stimati almeno 20mila morti: una Spoon River da non vederne la fine e che il 3 ottobre scorso a Lampedusa, col naufragio di un barcone libico e la morte di 366 profughi (più 20 dispersi), ha toccato forse il suo apice doloroso.
«Se tutti facessimo accoglienza non ci sarebbe più l’alibi dei numeri e si darebbe una lezione alla politica sul rispetto per la dignità e i diritti delle persone, invece di vedere molto tristemente che per motivi di consenso non parla di asilo politico e rifugiati» ribadisce padre La Manna nel ricordare, come il sindaco Marino, le parole di papa Francesco nella sua visita al Centro Astalli: i conventi vuoti non devono servire a fare soldi, come alberghi, ma sono destinati alla «carne di Cristo», cioè il popolo di migranti, rifugiati ed esuli che si sposta sempre di più e sempre più velocemente verso il mondo occidentale, scappando dall’orrore, dalla morte e dalla paura.
Twitter@SalvatoreMRrighi