Antonio Gnoli, la Repubblica 9/4/2014, 9 aprile 2014
IL POEMA DANTESCO CHE MANDA ALL’INFERNO TUTTA LA FILOSOFIA
[Intervista ad Achille Varzi] –
In quale girone sarà finito Gianni Vattimo e in quale palude ritroveremo il ciarliero Slavoj Zizek? A scrutare nomi, e soprattutto scuole di pensiero, si fa presto a dire “inferno”. Eppure, è lì in quel luogo di bolge e cerchi immaginari che ritroviamo l’ultima seduzione dantesca messa all’opera da due seri burloni della filosofia: Achille Varzi, docente di Logica e di Metafisica alla Columbia University e Claudio Calosi, filosofo della scienza all’università di Urbino. Insieme hanno scritto il loro Inferno: ventotto canti, in terzine spesso dotte, a volte divertenti, sul viaggio del Poeta nel buio profondo dell’intelletto.
«Abbiamo immaginato», dice Varzi, «di essere venuti in possesso di un originale autografo, anonimo e senza indicazioni e di averlo trascritto, limitandoci a integrarlo con delle annotazioni che spiegassero il contenuto di quegli endecasillabi. Il risultato è un libro insolito: Le tribolazioni del fi-losofare( edito da Laterza), dove si discute molto di errori e di pene conseguenti.
Una commedia filosofica sotto il segno di Dante?
«Ci siamo immaginati un poema strutturato lungo le stesse coordinate simboliche e didascaliche, benché improntato su temi filosofici. Abbiamo sostituito Virgilio con Socrate; dove c’erano i peccati abbiamo messo gli errori e al posto dei golosi, degli iracondi, degli eretici, abbiamo collocato i dualisti, i realisti ingenui, gli scettici e gli avversi al possibile».
Ma Socrate come guida non è un po’ troppo scontata e filosoficamente perbenista?
«Al contrario. Socrate rappresenta l’espressione più alta della convergenza tra amore per la sapienza e condotta di vita, il simbolo di chi non si sottrae alla morte per difendere la propria integrità intellettuale».
E questo vi ha portati a giudicare 2.500 anni di pensiero?
«Si dice che la matematica non sia un’opinione. Non lo è nemmeno la filosofia. In filosofia chi sbaglia paga, con buona pace di chi pensa che vada bene qualunque sciocchezza».
Non crede che tutta la filosofia sia una storia di sbagli e che l’errore possa essere una risorsa?
«È vero, come del resto insegna lo stesso Socrate. Ed è il motivo per cui il nostro Inferno ha una porta di uscita, contrariamente a quello dantesco. Abbiamo scritto una storia della filosofia attraverso gli errori. Ma con un lieto fine».
Sarà. Ma intanto punite chi sbaglia.
«È un principio di equità. Gli scettici sprofondano nel melmoso stagno del dubbio, i dualisti si
trasformano in zombie inebetiti e così via».
A me colpivano i pusillanimi. Chi sono?
«Come già diceva Aristotele, i pusillanimi sono quei filosofi che non prendono mai posizione chiara, come gli ignavi di Dante. La punizione è per contrappasso: E poi che ‘ n vita furono in disparte / A non dicider nulla veramente, / quel che non può dicider nessun’arte / si provano qui a provar etternamente ».
Noto anche la presenza degli sprovveduti.
«Sono coloro che si lasciano attrarre dalle soluzioni facili: che si fidano della testimonianza dei
sensi, che si appoggiano all’analisi del linguaggio nella convinzione che da lì si possa risalire alla realtà, coloro che cedono alla seduzione dei miti consolatori».
Ci metterebbe un filosofo come Derrida o magari un pensatore come Zizek?
«Certamente Derrida è tra coloro che hanno fatto confusione con il linguaggio. Ma ha commesso tanti errori e probabilmente avrebbe il lusso di trovarsi punito in più di un cerchio. Zizek invece non saprei: ho paura che il nostro Poeta lo punirebbe nel pozzo dei nani».
Che non è il pozzo dei desideri di Biancaneve?
«No, è un luogo nelle cui profondità penzola una moltitudine di omuncoli appesi per i polsi: i superbi e i falsi sapienti, che in vita si credettero grandi e che qui sarebbero ridotti a mezzi uomini per la legge del contrappasso».
Si nota anche una presenza massiccia di irresponsabili.
«Dalla negazione del libero arbitrio derivano l’impossibilità di attribuire ogni responsabilità alla nostra condotta. Errore gravissimo».
È un po’ come andare a scuola di nichilisti ed esistenzialisti.
«I nichilisti sono l’esito estremo dell’irrealismo: la ripa discoscesa lungo la quale essi franano inesorabilmente rappresenta la brutta china argomentativa che conduce dal diniego locale e motivato al rifiuto globale e indiscriminato di qualunque ontologia. E come l’antirealismo può condurre al nichilismo, così questo può condurre all’annullamento del soggetto, trasformando il rifiuto dell’essere in paura di essere».
Sulla graticola anche Nietzsche?
«Il Poeta concorderebbe con molte sue disquisizioni. Ma nella misura in cui il filosofo tedesco pensava davvero che non ci sono fatti ma solo interpretazioni un posto tra gli irrealisti non glielo leva nessuno».
Un suo lontano interprete, Gianni Vattimo, fece di quella tesi il suo vessillo filosofico.
«Il Poeta condivide l’antirealismo del buon Vattimo, ma non il suo irrealismo: gli darebbe un cantuccio nel cerchio dedicato a quell’errore».
E la coppia Heidegger e Sartre, maestri del linguaggio oscuro e dell’impegno, dove verrebbe collocata dal Poeta?
«Tra gli sprovveduti fedeli al linguaggio il Poeta sente una voce fioca vaneggiare S’annulla ‘ l nulla e niente il nient’ alline. Si tratta del diacono carolingio Fridugiso di Tours, convinto che la parola “nulla” debba corrispondere a qualcosa. Ma per noi contemporanei potrebbe anche trattarsi di Heidegger che farnetica sul nulla che nulleggia. Quanto a Sartre, il canto dedicato al girone degli esistenzialisti è ricco di versi che riecheggiano ne La nausea».
Mi chiedo dove il Poeta avrebbe messo il nostro massimo filosofo vivente: Emanuele Severino.
«Immagino che il suo posto sia tra i timorosi del cambiamento, con i marinai della nave di Teseo,sul rivo di Eraclito: quel fiume che etternamente scorre / e cangia l’acqua e cangia sempre schiume ».
Vedo infine che vi siete divertiti con i fraudolenti nella quale si racchiudono gli adulatori, i plagia tori e i cialtroni.
«Categoria sempre più rappresentata. Ma lasciamo che siano i lettori a compilarla a loro piacimento».
Antonio Gnoli, la Repubblica 9/4/2014