Enrico Franceschini, la Repubblica 9/4/2014, 9 aprile 2014
BASTA CON PREGIUDIZI E TABÙ “PERCHÉ IL PORNO È UNA SCIENZA”
[Intervista a Feona Attwood] –
LONDRA
Si comincia con un saggio sui “problemi” (tra virgolette — nel senso che non sono necessariamente un problema) delle fantasie sessuali. Poi un’inchiesta su “sesso bizzarro, trans e adolescenti”. Quindi un’intervista sulla “pornografia come educazione sessuale”. È l’indice del numero d’esordio di Porn Studies, prima rivista scientifica al mondo interamente dedicata allo studio del porno. L’hanno fondata in Inghilterra due giovani sociologhe, Feona Attwood, docente della School of Media and Performing Arts della Middlesex University, e Clarissa Smith, ricercatrice della Faculty of Arts, Design and Media della Sunderland University.
«In genere, nessuno fa caso all’annuncio della pubblicazione di un nuovo giornale accademico », scrivono nell’introduzione, «ma nel nostro caso siamo state subissate di attenzioni, richieste di interviste e articoli ancora prima che la rivista uscisse». Ora che è uscita, le reazioni sono «largamente positive».
Professoressa Attwood, perché c’era bisogno di una rivista accademica sul porno?
«Innanzi tutto perché non ne ce n’era una: sulla pornografia sono stati fatti libri e articoli scientifici in ordine sparso, senza una “casa” che li accogliesse tutti insieme. Come ogni altra attività umana, invece, noi riteniamo che il porno meritasse un’analisi approfondita dal punto di vista storico, estetico e del suo ruolo e significato sociale nella cultura contemporanea. Ma la seconda ragione è ancora più importante: Internet ha cambiato il porno, lo ha fatto uscire dai porno- shop e dai cinema a luci rosse portandolo a tutti su un computer in completo anonimato. Le statistiche indicano che è l’argomento più cliccato sul web. Non era possibile che l’accademia continuasse a ignorare un tale fenomeno di massa».
Tuttavia il dibattito sulla questione è antico e Internet lo ha solo reso più acceso: il porno, specie sul web dove può essere facilmente raggiunto da chiunque, inclusi minorenni e bambini, fa male? È discriminante e umiliante nei confronti delle donne? Incoraggia la violenza sessuale? Che linea ha la vostra rivista?
«Non abbiamo una linea. Non vogliamo essere né antagonistici né celebrativi nei confronti della pornografia. Ci limitiamo a notare che non esiste “un porno”, ce ne sono tanti: quello professionale girato a Hollywood, quello amatoriale prodotto da dilettanti in camera da letto, il porno femminista, il porno gay, il porno etnico, il porno artistico e così via. Proprio per questo diciamo che è un fenomeno complesso e va studiato senza preconcetti».
Ma come studiose cosa rispondereste a genitori preoccupati che i figli troppo giovani siano esposti alla pornografia online e confondano quella visione del sesso con la realtà dei rapporti sessuali?
«Non nego una preoccupazione di questo tipo. Ma il porno non è l’unica forma di comunicazione o intrattenimento di massa che fornisce una visione esagerata, fuorviante della realtà o comunque diversa dalla vita di tutti i giorni. Se uno guarda le telenovelas in tivù e pensa che siano lo specchio dei rapporti reali nel mondo fa ugualmente un errore. Lo stesso si potrebbe dire per i telequiz, i reality show e perfino per le commedie romantiche al cinema. O per le fiabe a lieto fine. Eppure nessuno si sogna di vietare ai minori, tantomeno agli adulti, fiabe e telenovele. Il punto è educare e capire la differenza fra finzione e realtà. Non credo che censurare un fenomeno, bollarlo a priori come nocivo, permetta di esorcizzarlo».
Un’altra accusa spesso rivolta alla pornografia è che ha contagiato la videomusica e la pubblicità, legittimando per così dire l’immagine della donna- oggetto e del machismo.
«È sbagliato definire “porno” un video musicale sessista. Sono o almeno possono essere due cose diverse. Nel linguaggio comune ormai l’etichetta “porno” sostituisce qualsiasi connotazione negativa, ma non è il modo giusto per esaminare quanto sta succedendo al marketing, alla musica e alla comunicazione di massa. Un film porno può alimentare una fantasia sessuale che non è per forza sessista. Mentre uno spot pubblicitario o una videoclip musicale possono essere sessisti senza essere pornografici».
E Cinquanta sfumature di gri-gioche cos’è? Porno, erotismo o sadomasochismo soft per casalinghe, come l’ha definito qualcuno?
«A me sembra che sia soprattutto un libro nella tradizione del romanzo romantico, anche se indubbiamente ha contribuito al dibattito sulla legittimità delle fantasie sessuali. Ma la nostra rivista serve appunto a meglio delineare i confini tra queste frontiere, tra porno ed erotismo, tra fantasia sessuale e sessismo reale».
Enrico Franceschini, la Repubblica 9/4/2014