Luigi Irdi, il Venerdì 4/4/2014, 4 aprile 2014
CONTI IN ROSSO (E NERO): ADESSO L’OSPEDALE PIÙ BELLO D’ITALIA È IN PROGNOSI RISERVATA
ROMA. Provateci voi a impedire di fumare in corsia a un paziente in attesa di un trattamento sanitario obbligatorio. Quello se ne accende una dopo l’altra e così è successo che nel febbraio 2013 il reparto di psichiatria ha preso fuoco segnando l’inizio della storia. Non che i danni siano poi stati questo gran che. Qualche parete affumicata, qualche letto e comodino bruciacchiati, ma tanto è bastato perchè I Frati piazzassero il primo siluro contro la Regione Lazio di Nicola Zingaretti.
A Roma, anzi in Trastevere, anzi sull’Isola Tiberina, I Frati, così chiamati da almeno sei secoli, sono una sorta di entità metafisica, un mistero trascendente che occasionalmente assume volti e nomi, ma che in città tutti conoscono perché da sempre gestiscono l’ospedale più bello del mondo, il Fatebenefratelli, una struggente cartolina di una Roma dorata, abbracciata dalle lievi rapide del Tevere, a dirla proprio tutta un luogo di fascinazione soprannaturale dove qualunque emiro del Qatar sbarcherebbe volentieri con un albergo a innumerevoli stelle e tanti saluti all’ospedale.
Chiaro che l’emiro del Quatar è solo uno spauracchio, perché per sostituire l’ospedale con qualcos’altro sarebbe prima necessario passare con un bulldozer sul cadavere dell’intera cittadinanza, ma è comunque uno spettro fastidioso che pesa sul tignoso braccio di ferro avviato tra I Frati, appunto, e la Regione Lazio che ha in carico le spese della sanità romana. In fondo l’ospedale, anticamente un monastero, è pur sempre si proprietà dell’ordine dei frati di San Giovanni di Dio. Insomma, non si sa mai.
Fatto sta che dopo il famoso incendio di Psichiatria è cominciato lo scambio di cortesie. Atto primo: la Regione sollecita la riapertura del servizio. Atto secondo: I Frati (rappresentati in partita da padre Giampietro Luzzato) fanno i vaghi. La chiusura della psichiatria del Fatebenefratelli fa sì che circa 400 mila cittadini siano privi di assistenza e ciò innervosisce l’amministrazione regionale. I Frati battono cassa chiedendo un’ottantina di milioni di euro di rimborsi arretrati. Atto terzo: il braccio di ferro si incarognisce e la Regione manda i suoi ispettori a fare le pulci ai conti dell’ospedale.
Qui gatta ci cova, e anche se nessuno arriva a sostenere che il caso Fatebenefratelli potrebbe essere un altro caso di rapina a man bassa come nella storia dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata con relativo arresto di padre Franco Decaminada (14 milioni di euro evaporati), emerge un quadro gestionale e finanziario seccante. Atto quarto: I Frati fanno sapere urbi et orbi che la gestione va male, che la Regione non vuol pagare gli arretrati, che se si continua così bisognerà chiudere altri reparti che costano e non tendono (la dialisi? l’emoteca?), che è tempo di sacrifici per il personale, che, insomma suona l’allarme e si deve chiedere aiuto alle temibili società di consulenza (PriceWaterhouse & Coopers, Kpmg), quelle che spezzettano e vendono o razionalizzano/ chiudono, insomma una di quelle situazioni in cui i numeri vengono letti e stiracchiati a seconda delle convenienze e le responsabilità rimpallate tra chi (la Regione) ha tagliato fin dal 2008 i fondi per la sanità e chi ( I Frati) ha continuato a spendere come se niente fosse sperando di poter coprire ogni disavanzo con contributi straordinari (visto che al momento le partite aperte, tra fornitori, Inps e debiti verso le banche toccano i 270 milioni). A complicare le circostanze c’è anche una certa nebulosità dei conti. I Frati gestiscono un ente religioso no profit e quindi, al di là dei rendiconti annuali, non ci sono bilanci depositati né tantomeno certificati e se si chiede quanti soldi se ne sono andati in siringhe e cerotti e quanti in bende e medicinali la risposta è che le società di consulenza stanno appunto lavorando a queste analisi. Cioè, boh?
Ovvio che i più innervositi siano medici e infermieri del Fatebenefratelli (mille dipendenti) che forse per la prima volta nella storia plurisecolare dell’ospedale si sono ritrovati in piazza con cartelli e fischietti per protestare contro le minacce di licenziamenti. «In questo ospedale abbiamo 320 letti e registriamo 25 mila ricoveri l’anno. Per fare un paragone, si pensi che l’ospedale Careggi di Firenze ne fa 50 mila, ma con 1500 letti a disposizione. La nostra produttività è straordinaria e il personale scarso. Ci sono colleghi che lavorano qui da oltre 20 anni ancora con contratti provvisori», spiega un medico che segue passo passo lo scontro tra la Regione e il Fatebenefratelli, «la verità è che qui si era ancora abituati come con la vecchia Dc. Spendi e spandi che poi tanto qualcuno aggiusterà i conti».
Per scongiurare la chiusura dei reparti e una crisi totale dell’ospedale i medici hanno anche formalizzato proposte operative per tirar su soldi, come l’idea di vendere a 100 euro una sorta di abbonamento sanitario per visite ambulatoriali. Utile stimato, un milione di euro l’anno. Ogni proposta è rimasta tuttavia a dormire nei cassetti di un’amministrazione se non altro pigra, incapace perfino di permettere ai pazienti di pagare visite e analisi con la carta di credito. Al Fatebenefratelli si accettano solo contanti, il che crea senz’altro un bel flusso di cassa (si fanno almeno 800 mila visite l’anno), ma autorizza anche qualche domanda sulla mancata tracciabilità dei percorsi del denaro.
Anche questa scelta, come l’intera gestione dal 2006 a oggi, viene addebitata all’ex direttore generale Carlo Maria Cellucci rapidamente rimosso dall’incarico non appena ha avuto inizio il contenzioso con la Regione. Come se I Frati in tutti questi anni si fossero temporaneamente trasferiti in Svizzera lasciando a un direttore generale laico ogni responsabilità, salvo riprendere il timone ora che la barca fa acqua.
Quanta acqua davvero? Al di là dei conti dichiarati non è facile capirlo. E quali sono state veramente le falle aperte negli ultimi anni? Anche qui una cascata di luce nuova non farebbe male alla salute. Ci vorrebbe una visita specialistica, di quelle a pagamento.