Pierangelo Maurizio, Libero 9/4/2014, 9 aprile 2014
IL CONCORSO UNIVERSITARIO CHE INDIGNA IL MONDO
Potremmo riassumere così: la beffa del merito. Ovvero come far uscire dalla porta le baronie, il potere accademico basato sulle preferenze ad personam, e farli rientrare dalla finestra degli atenei.
La riforma dell’ex ministro Maria Stella Gelmini per restituire valore alle competenze aveva posto due pilastri. L’Anvur, l’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca, avrebbe dovuto classificare su criteri scientifici gli atenei suddividendoli poi, anche nell’assegnazione delle risorse, tra quelli virtuosi e quelli meno virtuosi. All’Anvur spetta anche il compito di selezionare i membri delle commissioni nazionali che, nelle varie discipline, devono scegliere con l’abilitazione scientifica nazionale, valida per quattro anni, i nuovi docenti «di prima fascia» i professori ordinari e «di seconda fascia» (gli associati).
Un modo per far entrare aria nuova nelle aule universitarie e far arrivare alle cattedre (anche) insegnanti fuori dai giochi, magari provenienti dalle professioni o cervelli di ritorno.
Tutti e due i pilastri sono stati abilmente aggirati.
Dai risultati del primo bando del 2012 che stanno uscendo e dalle reazioni si capisce che nelle commissioni è successo di tutto. Con conseguente diluvio di ricorsi al Tar. E certamente bisogna riconoscere agli esaminatori una considerevole dose di creatività. Uno dei mezzi più usati per aggirare il merito è stato la valutazione delle opere pubblicate dai candidati. L’Anvur valuta le pubblicazioni con il metodo «alla cieca»: il giudizio viene espresso senza conoscere il nome dell’autore.
Le commissioni invece in molti casi hanno cambiato il voto per la stessa pubblicazione, abbinata al nome. Delegittimando così l’Agenzia nazionale.
Le proteste e l’impressione generale suggeriscono che al merito si sia sostituito non sempre, ma troppe volte l’arbitrio.
Pescando tra le centinaia di ricorsi al Tar, ad esempio, ecco quello presentato da Greta Tellarini, ovviamente accolto, per Diritto commerciale della navigazione. Si è vista dichiarare inidonea e preferire altri perché la valutazione di «accettabile» quindi un 6, diciamo di un suo lavoro è stata interpretata in modo «negativo» cioè insufficiente da un commissario. Esame da rifare.
Tra i più discussi sono i risultati per il settore Diritto del lavoro. Qui una trentina di bocciati ha stilato un lungo documento sui parametri definiti «oscuri» usati dalla commissione. Come il criterio effettivamente dal sapore un po’ esoterico della «continuità, pluralità ed impatto delle pubblicazioni» che è valso 25 punti su 100.
In alcuni casi semplici «note a sentenza di poche pagine e di carattere oggettivamente soltanto informativo-ricognitivo» hanno avuto fino a 34 punti per i fortunati (naturalmente non per i «non abilitati»).
Un presidente di commissione ha giudicato se stesso, visto che la pubblicazione di una sua discepola, ovviamente «abilitata», era stata scritta a quattro mani... con lui. E così via.
Fantasia e capacità italiche a dribblare le regole. La figuraccia comunque è mondiale.
Non ci credete?
Ecco qui allora la lettera scritta da 12 economisti di fama mondiale, specialisti di storia economica, tra cui il professor Douglass North, premio Nobel dell’Economia nel 1993. In Italiano sono soltanto i destinatari: «Gentilissimo Dott. Matteo Renzi» (premier) e «On. Senatrice Stefania Giannini» (ministro per l’Istruzione, Università e Ricerca). Il resto è in inglese, tra lo sconcertato, l’indignato e l’ironico. Tradotto letteralmente, i dodici si dicono assolutamente «disorientati» puzzled per il fatto che dall’abilitazione a professore di prima fascia Full Professor e di seconda nomina Associate Professor siano rimasti fuori nomi italiani molto conosciuti e apprezzati nel mondo per i loro lavori, le loro conferenze e seminari, la loro partecipazione ad importanti progetti internazionali di ricerca.
E fanno l’esempio di Mark Dincecco, che da anni insegna alla University of Michigan, Alessandro Nuvolari (Sant’Anna School of advanced studies) e Giovanni Vecchi (Università di Tor Vergata): nessuno di loro ha, infatti, ottenuto l’abilitazione.
«Sarebbe una vergogna se la loro bocciatura bloccasse i programmi di ricerca; la storia economica ne sarebbe impoverita». Tanto più scrivono che persone con tracce risibili di loro lavori sui principali bollettini e giornali scientifici internazionali sono risultati abilitati. La conclusione è lapidaria: «Non è certo questa la direzione in cui dovrebbe andare la scuola economica italiana se vuole avere il giusto posto sulla frontiera della ricerca nel nostro campo».
Nessuna risposta. Ma forse Renzi il Rottamatore ritiene che possa essere anche rottamato (definitivamente) il merito nelle università italiane.