Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 9/4/2014, 9 aprile 2014
«E TU COSA TAGLIERESTI?» È UNA CAMPAGNA ONLINE LA PROSSIMA TAPPA DI RENZI
«I gufi sono serviti. Ai professionisti della sfiga è andata male anche stavolta. Non hanno capito una cosa fondamentale di me: io non sto fermo. Appena raggiungo un obbiettivo, rilancio subito. È così che faremo la nostra rivoluzione. Avevano scritto e detto che avrei tagliato la sanità; invece no, la sanità non si tocca; però taglio gli stipendi dei dirigenti pubblici e faccio pagare un miliardo alle banche. E sa quale sarà la prossima tappa?».
Sono le dieci di sera, Matteo Renzi prima di cena fa il punto della situazione mentre segue la performance del ministro Guidi a Ballarò. È decisamente di buon umore. «La prossima tappa sarà una campagna on line: «E tu cosa taglieresti?». Partiamo subito, già nei prossimi giorni. Chiediamo ai cittadini di segnalare al governo gli sprechi, gli enti inutili, le complessità burocratiche, i privilegi odiosi, i pasticci amministrativi. Non sarà una consultazione propagandistica: daremo risposte, prenderemo provvedimenti concreti. Basta con i consigli d’amministrazione pletorici, con i nominati che si scambiano cariche e si aumentano lo stipendio gli uni con gli altri. Cominciamo dando il buon esempio noi politici: erano anni che si discuteva di superare il Senato e le Province; adesso ci siamo. I tagli continueranno: nessun consigliere regionale potrà guadagnare più del sindaco del Comune capoluogo; Rimborsopoli è finita, tutto il sistema sarà rivisto radicalmente. E proseguiremo con le burocrazie, i dirigenti della pubblica amministrazione, i mandarini dei ministeri. Non mi pare una misura punitiva stabilire che nessuno tra coloro che lavorano per lo Stato potrà guadagnare più del presidente della Repubblica. Del resto io come presidente del Consiglio guadagno centomila euro l’anno, e non mi lamento. Perché un burocrate deve guadagnare, che so, dieci volte più del presidente del Consiglio?».
Matteo Renzi rievoca l’incontro della mattinata con Antonio Patuelli, già politico di lungo corso e ora presidente dell’Abi, associazione bancaria italiana. «Avreste dovuto vedere la sua faccia quando gli ho detto del miliardo. Non se l’aspettava. Nessuno se l’aspettava. E le cose andranno avanti sempre di più. Sarà un’accelerazione continua. Raggiungo una meta e rilancio, ne raggiungo un’altra e rilancio ancora. Vale anche per le riforme: superamento del Senato e legge elettorale non sono in contraddizione, sono due facce della stessa medaglia, andranno avanti in modo spedito entrambe».
Ieri Renzi ha evitato lo show della conferenza stampa con le slide. Si è limitato a qualche battuta ironica. Per il resto ha mandato avanti «il compagno Padoan», come lo chiama scherzosamente, anche per smentire le voci su uno scontro sulle nomine Eni, Enel, Poste, Terna, Finmeccanica: «Non è assolutamente così. È una falsità clamorosa. Con il ministro dell’Economia stiamo lavorando insieme. Decideremo presto». La linea è quella di un rinnovamento radicale; comune del resto all’intera politica del governo.
«Sono curioso di vedere cosa succede nei prossimi giorni — sorride il presidente del Consiglio —. Mi pregusto le reazioni degli uccelli del malaugurio, quelli che dicevano: non ce la fa, non ce la fa; non ci sono le coperture, sono annunci e basta. Le coperture ci sono. E non tagliamo i soldi alla povera gente, facciamo tirare la cinghia a chi non l’ha mai tirata; a cominciare da politici, banchieri, manager pubblici. Non è populismo; è un dovere morale. Non ci saranno tagli alla sanità. Certo, interverremo per ridurre gli sprechi, per uniformare i costi: non esiste che una siringa costi il triplo in una Regione piuttosto che in un’altra. Ma sulla salute noi vogliamo investire, non tagliare».
Con Berlusconi era in programma un incontro, proprio ieri mattina. La telefonata di lunedì l’ha reso superfluo. Renzi aveva chiesto una sconfessione di Brunetta, che minacciava la rottura degli accordi sulle riforme, e l’ha avuta. «Berlusconi mi è parso sereno. Sta tenendo fede al patto del Nazareno, senza chiedere contropartite. Non ho motivo di pensare che cambierà idea». In ogni caso, è il sottinteso, la maggioranza ha i numeri per andare avanti da sola. «Sulle riforme il Pd mi segue. Il partito ha deciso e si ricompatterà, anche in Senato. Chiti cerca visibilità, e pazienza; ma alla fine ci ritroveremo uniti. Non a caso ho voluto mandare un messaggio di apertura ai professori: basta polemiche, siamo pronti alla discussione, anche sulla composizione del prossimo Senato; ma dev’essere chiaro che i senatori non saranno eletti, non avranno stipendio, non voteranno la fiducia al governo né le leggi di bilancio. Questo potrebbe essere l’ultimo Def votato anche da Palazzo Madama. Mi dispiace per i “benaltristi”, quelli per cui il problema è sempre un altro: i problemi sono questi, e li attaccheremo uno per uno. Mi spiace per quelli che remano contro: anche stavolta sono rimasti delusi».