Fiamma Satta, Vanity Fair 9/4/2014, 9 aprile 2014
La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha sbugiardato una volta per tutte il governo giapponese secondo il quale la caccia alle balene avrebbe «finalità scientifiche»
La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha sbugiardato una volta per tutte il governo giapponese secondo il quale la caccia alle balene avrebbe «finalità scientifiche». Nonostante il divieto fosse in vigore dal 1986, i furbacchioni del Sol Levante sentendosi «autorizzati» dalla loro frottola a continuare la caccia, l’hanno sempre fatta franca, uccidendo più di 14.000 balene. Né li aveva fermati la denuncia fatta nel 2010 da Australia e Nuova Zelanda che avevano rivelato gli esclusivi fini commerciali del loro sterminio. Così, fischiettando con aria vaga tra le preziose proteste di animalisti e ecologisti, i giapponesi hanno continuato imperterriti a lanciare arpioni. Finalmente, questa lunghissima diatriba tra loro e il mondo sembra terminata, ma io mi domando come sia stato possibile credere a una bugia così macroscopica che ha «camminato» a larghe falcate per quasi trent’anni. Poi dicono che le bugie hanno le gambe corte. Forse il mondo si è assuefatto a quelle dei governi? Forse la sopravvivenza della balena, ghiottoneria irrinunciabile per milioni e milioni di palati asiatici, non era così prioritaria? O forse, chissà, le balene son talmente ingombranti che nessuno avrebbe interesse a farle entrare nell’Arca del prossimo Noè.