Francesco Riccardi, Avvenire 9/4/2014, 9 aprile 2014
MANAGER, RETRIBUZIONI COL TETTO
Chissà se Mauro Moretti, ascoltando ieri Matteo Renzi illustrare il Documento di economia e finanza, s’è convinto, dopo le proteste contro il taglio delle remunerazioni dei manager pubblici. Fatto sta che il premier è deciso ad andare avanti sul tetto agli stipendi, ma l’amministratore delegato delle Ferrovie può stare abbastanza sereno perché le Fs, come la Cassa Depositi e Prestiti, le Poste e le quotate Eni, Enel e Finmeccanica non rientreranno nei nuovi limiti, anche se per loro si prevede una diminuzione del 25% degli emolumenti.
La misura sui tetti di stipendio, contenuta nel Def varato ieri, sarà meglio precisata nel decreto legge sugli sgravi Irpef che dovrebbe essere approvato nel Consiglio dei ministri di venerdì 18, alla vigilia di Pasqua. Nell’uovo, dunque, quest’anno i dirigenti della Pubblica amministrazione e appunto i manager delle controllate (escluse le quotate e le società che emettono strumenti finanziari come i Bond) troveranno una sorpresa piuttosto... amara. Il nuovo limite per gli stipendi sarà di 238.000 euro l’anno, quanto riceve attualmente il Presidente della Repubblica. «Una cifra più che sufficiente per chi lavora nel pubblico, pari a oltre il doppio di quanto guadagni il presidente del Consiglio o il ministro dell’Economia – ha spiegato ieri sera Matteo Renzi –. Un elemento di limite che ci vuole, perché in questi anni si è totalmente sforato». E questo ovviamente varrà a maggior ragione per le nomine future. «Per la prima volta c’è un limite davvero rilevante per tantissime realtà aziendali – ha detto ancora il presidente del Consiglio –. A Palazzo Chigi noi non potremo più fare nomine di persone che guadagnano di più. Facciamo una stretta molto significativa, tra i 350 e i 400 milioni ma al di là della cifra conta il valore simbolico». Per il premier, infatti, si tratta di una misura di «giustizia sociale». E le retribuzioni saranno in parte collegate anche all’andamento generale del Paese. «Il 10 per cento della retribuzione la si prenderà solo se l’Italia va bene, come le stock options nelle aziende – ha sottolineato Renzi –. Non è possibile che un manager prenda un premio massimo se il Paese va a rotoli. Da adesso inizia a pagare chi non ha mai pagato, è un’operazione di giustizia sociale».
Ma, come dicevamo, il limite non riguarderà tutte le aziende pubbliche. Non, ad esempio, Eni, Enel, Terna e Finmeccanica, delle quali ieri si è discusso al Senato. La commissione Industria di Palazzo Madama, infatti, ha approvato, con il parere favorevole del viceministro dell’economia Enrico Morando, la risoluzione presentata dal presidente di commissione Massimo Mucchetti che fissa una serie di impegni per il governo in fatto di nomine nelle aziende pubbliche. La risoluzione prevede che l’eventuale rinnovo dell’incarico ai capi azienda uscenti «deve essere subordinato alla valutazione dei risultati della loro gestione e in ogni caso non ci potrà essere un quarto mandato». Tra le imprese maggiori, gli amministratori di Eni Paolo Scaroni, di Enel Fulvio Conti e di Terna Flavio Cattaneo sono al termine del terzo mandato, mentre in Finmeccanica Alessandro Pansa è al primo incarico.