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 2014  aprile 09 Mercoledì calendario

MANAGER, RETRIBUZIONI COL TETTO

Chissà se Mauro Moretti, ascoltando ieri Matteo Renzi illustrare il Docu­mento di economia e finanza, s’è convinto, dopo le proteste contro il taglio delle remunerazioni dei manager pubblici. Fatto sta che il premier è deciso ad andare avanti sul tetto agli stipendi, ma l’ammi­nistratore delegato delle Ferrovie può sta­re abbastanza sereno perché le Fs, come la Cassa Depositi e Prestiti, le Poste e le quotate Eni, Enel e Finmeccanica non rientreranno nei nuovi limiti, anche se per loro si prevede una diminuzione del 25% degli emolumenti.
La misura sui tetti di stipendio, contenuta nel Def varato ieri, sarà meglio precisata nel de­creto legge sugli sgravi Irpef che dovrebbe es­sere approvato nel Consiglio dei ministri di venerdì 18, alla vigilia di Pasqua. Nell’uovo, dunque, quest’anno i dirigenti della Pubbli­ca amministrazione e appunto i manager delle controllate (escluse le quotate e le so­cietà che emettono strumenti finanziari co­me i Bond) troveranno una sorpresa piutto­sto... amara. Il nuovo limite per gli stipendi sarà di 238.000 euro l’anno, quanto riceve attualmente il Presidente della Repubblica. «Una cifra più che sufficiente per chi lavora nel pubblico, pari a oltre il doppio di quan­to guadagni il presidente del Consiglio o il ministro dell’Economia – ha spiegato ieri se­ra Matteo Renzi –. Un elemento di limite che ci vuole, perché in questi anni si è totalmente sforato». E questo ovviamente varrà a mag­gior ragione per le nomine future. «Per la pri­ma volta c’è un limite davvero rilevante per tantissime realtà aziendali – ha detto anco­ra il presidente del Consiglio –. A Palazzo Chigi noi non potremo più fare nomine di persone che guadagnano di più. Facciamo una stretta molto significativa, tra i 350 e i 400 milioni ma al di là della cifra conta il valore simbolico». Per il premier, infatti, si tratta di una misura di «giustizia sociale». E le retri­buzioni saranno in parte collegate anche al­l’andamento generale del Paese. «Il 10 per cento della retribuzione la si prenderà solo se l’Italia va bene, come le stock options nel­le aziende – ha sottolineato Renzi –. Non è possibile che un manager prenda un pre­mio massimo se il Paese va a rotoli. Da a­desso inizia a pagare chi non ha mai paga­to, è un’operazione di giustizia sociale».
Ma, come dicevamo, il limite non riguarderà tutte le aziende pubbliche. Non, ad esempio, Eni, Enel, Terna e Finmeccanica, delle qua­li ieri si è discusso al Senato. La commissio­ne Industria di Palazzo Madama, infatti, ha approvato, con il parere favorevole del vice­ministro dell’economia Enrico Morando, la risoluzione presentata dal presidente di commissione Massimo Mucchetti che fissa una serie di impegni per il governo in fatto di nomine nelle aziende pubbliche. La riso­luzione prevede che l’eventuale rinnovo del­l’incarico ai capi azienda uscenti «deve es­sere subordinato alla valutazione dei ri­sultati della loro gestione e in ogni caso non ci potrà essere un quarto mandato». Tra le imprese maggiori, gli amministratori di E­ni Paolo Scaroni, di Enel Fulvio Conti e di Terna Flavio Cattaneo sono al termine del terzo mandato, mentre in Finmeccanica Alessandro Pansa è al primo incarico.