Ilaria Maria Sala, La Stampa 8/4/2014, 8 aprile 2014
NAVI, MILITARI E SOLDI. LA CACCIA ALL’AEREO APPESA A UN SEGNALE
È passato un mese esatto da quando, lo scorso 8 marzo, il volo di linea Malaysia Airlines Mh370, con a bordo 239 persone è scomparso nel nulla. Decollato da Kuala Lumpur poco dopo mezzanotte, doveva raggiungere Pechino alle 6 di mattina, ma è sparito dai radar poco prima di entrare nello spazio aereo del Vietnam. Da allora le ricerche non si sono mai fermate e le ipotesi su quello che potrebbe essere successo si rincorrono senza risultati.
Captati nuovi impulsi
Una nave australiana ha captato per oltre due ore consecutive segnali che potrebbero corrispondere a quelli emessi dalle scatole nere di un aereo. Gli impulsi acustici sono stati rilevati dalla Ocean Shield in un tratto di Oceano Indiano a 500 chilometri di distanza dal punto in cui, sabato scorso, una nave cinese aveva captato altri segnali. Gli impulsi sembrano quelli di un trasmettitore di localizzazione di emergenza. «È una pista importante e incoraggiante», ha detto Angus Houston, comandante dell’aeronautica australiana e responsabile della maxi-ricerca del Boeing. Bisogna però fare in fretta: le batterie dei registratori di volo hanno una durata di circa un mese e potrebbero quindi spegnersi da un momento all’altro, anche se alcuni esperti non escludono altre due settimane di funzionamento. Un’enorme complicazione è data poi dal fatto che nel punto dei rilevamenti cinesi il fondale è profondo 4.500 metri.
La localizzazione
La nave australiana continua a setacciare il tratto di Oceano dalle cui profondità sono arrivati i segnali con un sofisticatissimo microfono attaccato ad una lunga sonda, per localizzare il punto approssimativo della presunta scatola nera.
Il localizzatore è trascinato dalla nave a una profondità di 3 chilometri ed è progettato per rilevare segnali in un raggio di 1,8 chilometri. Questo significa che dovrebbe passare esattamente sopra le scatole nere per localizzarle, visto che probabilmente si trovano sul fondale marino, che è profondo circa 4,5 chilometri.
Operazione milionaria
Le colossali operazioni di ricerca coinvolgono 26 Paesi e milioni di dollari di investimenti. Solo l’Australia per «muovere» una delle sue navi spende mezzo milione di dollari al giorno. Il Dipartimento della Difesa Usa ha stanziato 4 milioni di dollari per aiutare le ricerche e il Pentagono ha deciso di spendere 3.6 milioni per coprire i costi di un localizzatore sottomarino. Il ministero della Difesa giapponese ha destinato 8,8 milioni di dollari all’emergenza, e come tutti i Paesi che partecipano alle ricerche un numero altissimo di soldati, navi, elicotteri e aerei da ricognizione. Solo ieri, nella zona dell’Oceano Indiano dove la Marina australiana ha «sentito» i nuovi segnali, sono arrivati 9 aerei militari, 3 aerei civili e 14 navi.
Ilaria Maria Sala, La Stampa 8/4/2014