Mattia Feltri, La Stampa 8/4/2014, 8 aprile 2014
I DESTINI INCROCIATI DI MARIA ELENA E RENATO PARTIVANO DA “PUPA E SECCHIONE”, MA I RUOLI SI RIBALTANO
La pupa e il secchione, si sarebbe detto. E invece è secchiona anche la pupa, e il duello prende risvolti imprevisti: lei, Maria Elena Boschi, si è presa il centro della scena con stupefacente naturalezza, arriva in conferenza stampa a fianco di Matteo Renzi e illustra le riforme istituzionali mandate a memoria; non consulta appunti né slide e già si lancia nel nostalgico con la visita al liceo classico Francesco Petrarca frequentato ad Arezzo: «Non pensavo sarei tornata da ministro», dice con l’aria di chi ne ha vista passare di acqua sotto i ponti (ma ha pur sempre la cera della ragazzina). Lui, Renato Brunetta, nella sfida alla dirimpettaia conserva la lucidità del cavaliere, nel senso dell’etichetta: «Ma di che cosa sta parlando, dolce ministro Boschi?». Chissà se regge, perché il Brunetta investito del ruolo di irriducibile si è preso particolarmente sul serio, il che significa molto in un uomo solido in tutto ma specie nella considerazione di sé. Usa il Mattinale (il quotidiano on line compilato con maestria) per esibirsi in vignetta nel ruolo di sorpresa che esce ringhiante dall’uovo di Pasqua. Propone il parallelo fra il 18 aprile 1948 e il 10 aprile 2014, il giorno in cui «il popolo si espresse sconfiggendo il comunismo» e il giorno in cui, via procura e tribunale, i rossi si prenderanno la golpistica rivincita. Il grande ritorno dei comunisti – piuttosto diradati anche nell’orizzonte di Silvio Berlusconi – è stato celebrato la scorsa settimana quando il capogruppo alla Camera di Forza Italia ha detto che «nel nuovo Senato, su 148 componenti, 130-135 sarebbero comunisti».
Il terrore del bolscevismo renziano («Questo governo Renzi non ci piace, come non ci piaceva il governo Letta, come non ci piaceva il governo Monti. Come non ci piace questa mancanza di democrazia nel nostro Paese») ha spinto Brunetta all’uso di argomenti polemici non particolarmente dissuasivi, nemmeno quando venivano usati contro di lui. Per esempio, si è appellato a Giorgio Napolitano affinché «non promulghi» la «legge porcata», cioè la riforma del Senato: un’istanza dai fumosi appigli costituzionali che grillini o dipietristi hanno ripetuto per anni un paio di volte a settimana, appena dal centrodestra usciva una mezza legge. Bisognerà riflettere, soprattutto dentro Forza Italia, su questo ribaltamento di fronti e di gusti, con Brunetta impegnato nella esaltazione dei professoroni, gli stessi professoroni una volta terrorizzati dall’autoritarismo di Berlusconi e oggi da quello di Renzi; e intanto la Boschi, che abbia ragione o meno, si prende tutto il tifo ultras spiegando: «Io so una cosa sola e cioè che, in questi trent’anni, le continue prese di posizione dei professori hanno bloccato un processo di riforma oggi non più rinviabile». Dentro il Pd, sulla tendenza Brunetta, si sono schierati Stefano Fassina e la prodiana Sandra Zampa: «Le parole della ministra Boschi contro i professori colpevoli di avere bloccato le riforme istituzionali in questi trent’anni mi producono sofferenza e disagio».
Insomma, il mischiarsi degli schieramenti fa un po’ impressione. E fa impressione Brunetta programmaticamente nervoso, incurante della riuscita della recita, che fissa la telecamera ripetendo come un rosario «signor conduttore... signor conduttore... io pensavo che lei mi intervistasse, signor conduttore... me ne vado, signor conduttore... arrivederci, signor conduttore...» (ce l’aveva con Gerardo Greco di Agorà e con la sua idea del dibattito). E intanto la Boschi, un po’ troppo variopinta ma sempre in tailleur o camicia di seta come le signore al Rotary, si dà anche un contegno, un tono, una patente di autorevolezza. «Se Forza Italia dovesse sfilarsi dall’accordo, i numeri per andare avanti ci sarebbero comunque», dice a Sky in totale economia di aggettivi, al modo dei bravi studenti che non hanno da allungare il brodo. Infatti dice queste cose cantilenando, come fosse a un esame di diritto commerciale. Ottiene risposte misurate, prossime alla leziosaggine, in un mondo di bucanieri. «Abbassi le penne», dice Maurizio Gasparri in formato pasquale. «Ma la Boschi vive su un altro pianeta?», si chiede Renata Polverini, una che quando le gira litiga in piazza (maggio 2011, «no’ me’ faccio mette’ paura da ’na zecca come te... ma annatevene a casa, fateme ’n cazzo de favore...»). Sgradevolezze sospese: la ragazza gode di una moratoria che forse è il riflesso del suo cinico e sorridente distacco, e gode di un avversario che le si accosta a corto di idee e di argomenti.
Mattia Feltri, La Stampa 8/4/2014