Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 1/4/2014, 1 aprile 2014
STATO SPRECONE SUI DERIVATI
Il dato sembra di routine ma non lo è. L’Istat ha rilasciato ieri le stime dell’ultimo quarto dell’anno per il conto trimestrale della Pa. Sommando i 4 trimestri si ottiene il dato annuo che dovrebbe coincidere con il dato rilasciato il 1° marzo per la Notifica prescritta dalle procedure di Maastricht. Dovrebbe coincidere, ma non coincide, per una ragione che l’Istat annota come sempre: il dato annuo di Maastricht include, nella voce "Interessi passivi" l’effetto, positivo o negativo, delle operazioni di swap (gli swap sono strumenti finanziari derivati che servono a proteggersi, scommettendo su diversi esiti, dai vagabondaggi di tassi e valute). Questa inclusione è permessa, in violazione delle norme di contabilità nazionale, dalla definizione di deficit secondo Maastricht. I dati trimestrali invece, in ossequio a quelle norme, non includono gli effetti degli swap. La differenza fra i due dati – dalla contabilità trimestrale e da quella annuale – rappresenta quindi l’impatto sul deficit pubblico degli swap. E qui sta la brutta sorpresa. Nel 2013 questo impatto è stato negativo, per ben 3,2 miliardi di euro. E il "rosso" continua da sei anni (vedi grafico): dal 2008 a oggi le operazioni di swap hanno infilzato perdite per oltre 11 miliardi di euro. Beninteso, non bisogna demonizzare gli swap, come non bisogna demonizzare la dinamite. Quest’ultima serve nelle miniere per schiudere le ricchezze della terra, e i primi sono un utile strumento di gestione del rischio. Ma quando le scommesse si rivelano sistematicamente perdenti, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Per i privati, banche o imprese, le conseguenze di una scommessa perduta ricadono sui loro bilanci. Ma per i tesorieri degli enti pubblici c’è un forte "azzardo morale": il ricorso agli swap può all’inizio abbellire i bilanci, ma gli effetti di eventuali perdite si fanno sentire anni dopo, a carico della prossima amministrazione. In un momento in cui ogni milione di euro conta per rientrare nei limiti del deficit e per limare la spesa pubblica, è devastante constatare che l’anno scorso 3.233 milioni di euro si sono volatilizzati in operazioni finanziare arrischiate.
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di Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 1/4/2014