VARIE 8/4/2014, 8 aprile 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - IL DEF
Il governo è alla prima prova economica. Oggi 8 aprile, il Consiglio dei ministri ha varato il Documento di economia e finanza (Def) che delineerà il Piano nazionale delle riforme. Un documento con «numeri prudenti», chiarisce il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che spera che «siano smentiti dalla realtà». «Confermiamo tutti gli impegni che ci siamo presi nel momento in cui abbiamo ricevuto l’incarico», ha detto Renzi presentando il documento durante la conferenza stampa a palazzo Chigi alla fine del Cdm. «Dopo il dl lavoro, ad aprile affrontiamo la Pubblica amministrazione, a maggio il fisco, a giugno la giustizia. E il prossimo passo sarà la sforbiciata sugli enti inutili».
L’asso nella manica
Confermato il taglio di 10 miliardi del cuneo fiscale su base annua. Per quest’anno, partendo il provvedimento da maggio, serviranno 6,7 miliardi: 4,5 miliardi verranno dalla spending review, spiega Renzi, mentre altri 2,2 miliardi verranno dall’aumento del gettito Iva e dall’aumento della tassazione sulla rivalutazione di Bankitalia. La copertura sarà varata con un decreto che verrà approvato venerdì 17 aprile. Raddoppia infatti al 24- 26% (dal 12% attuale) l’imposta sulle plusvalenze delle quote Bankitalia. Una misura, che se confermata, viene considerata del tutto «inaspettata, illogica e ingiusta», dal direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini. L’effetto espansivo delle riforme si manifesterà «debolmente» nel 2014 per poi risultare «via via più pronunciato» negli anni successivi. Lo si legge nella bozza del Piano nazionale delle riforme (Pnr) allegato al Def. In particolare il Pil risulterebbe maggiore di 0,8 punti percentuali nel 2014, dell’1,3% nel 2015, dell’1,6% nel 2016, dell’1,8% nel 2017. La morsa della disoccupazione dovrebbe, dopo un’ulteriore stretta, gradualmente allentarsi: a fronte di un 12,2%, registrato nel 2013, le previsioni parlano di un tasso che dovrebbe schizzare al 12,8% nel 2014, per poi scendere al 12,5% nel 2015, al 12,2% nel 2016. Per scendere sotto il 12% bisognerà aspettare il 2017 (stima 11,6%). Anche la pressione fiscale in una prima fase dovrebbe crescere, al 44% dal 43,8% del 2013, per poi scendere al 43,7% nel 2016 e al 43,5% nel 2017. Migliora lentamente anche il rapporto deficit-pil, che secondo le stime si attesterà quest’anno al 2,6% (era al 3% nel 2013), scendendo ulteriormente al 2% nel 2015. Nel 2016 il deficit previsto è dell’1,5%.
«Faremo in tempo per i tg»
Il premier Renzi, impegnato in questi giorni anche nel braccio di ferro a distanza con Forza Italia sul piano delle riforme, ha più volte ripetuto che questo Def «sarà una terapia d’urto, con tagli per sei miliardi». E nella mattina di martedì ha ribadito: «Le coperture ci sono dal primo giorno, siete voi che non ci credete. È da venti giorni - ha poi aggiunto - che sono pronte». Sui tempi del Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio, Renzi ha assicurato: «Non faremo mezzanotte, faremo in tempo per i Tg».
Confermato il taglio degli 80 euro
Il Def all’esame del Consiglio dei ministri conterrà indicazioni per un taglio della spesa pubblica di 6,6 miliardi di euro, per finanziare gli 80 euro in busta paga per i lavoratori che guadagnano fino a 1.500 euro: si tratta di circa dieci milioni di persone. I tagli proseguiranno nel 2017, per arrivare a 17 miliardi complessivi nel 2015, e 32 miliardi nel 2016. Come anticipato più volte, il governo punta a ridurre anche l’Irap per le aziende di almeno il 10% attraverso il contemporaneo aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Più soldi nelle casse dello Stato arriveranno anche con le privatizzazioni: i proventi aumenteranno, secondo le stime, a circa 12 miliardi nel 2014. Gli introiti saranno utilizzati per ridurre il debito pubblico. Anche nel 2015, 2016 e 2017 i ricavi saranno di circa 10-12 miliardi annui, pari a circa 0,7 del Pil. Il governo, ricorda il Piano nazionale per le riforme, vuole vendere quote di Eni , STM, Enav. Sono comprese nell’elenco anche le società in cui lo Stato detiene partecipazioni indirettamente tramite Cassa Depositi e Prestiti come Sace, Fincantieri, Cdp reti, Tag (Trans Austria Gastleitung GmbH) e, tramite Ferrovie dello Stato, Grandi Stazioni - Cento Stazioni.
REPUBBLICA.IT
MILANO - Il governo taglia le stime di crescita del Paese e riveda al rialzo il deficit che, tuttavia, resterà abbondantemente sotto il tetto del 3% del Pil imposto dall’Unione europea: "Il Consiglio ha approvato il Def, siamo stati seri e rigorosi" ha detto il premier Matteo Renzi. Il Pil, quindi, crescerà dello 0,8% quest’anno per arrivare al +1,3% l’anno prossimo, "ma spero di essere smentito" ha aggiunto Renzi. Nel 2016, poi, l’economica crescerà dell’1,6% e nel 2017 dell’1,8% (le stime precedenti). Calerà, invece, più lentamente il deficit: il disavanzo sarà al 2,6% quest’anno per arrivare al 2% l’anno prossimo e all’1,5% nel 2016.Ancora limitato, almento per quest’anno, l’impatto delle riforme che dovrebbe far aumentare il Pil di 0,3 punti percentuali per poi raggiungere gradualmente nel 2018 un livello di 2,2 punti percentuali più elevati rispetto allo scenario di base. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha però voluto sottolineare come "la semplificazione della Pubblica amministrazione sia una precondizione per la crescita".
Disoccupazione. Sono quindi confermate le indiscrezioni della vigilia che parlavano di una revisione al ribasso della crescita del Paese, stimata in precendenza all’1%. D’altra parte per la Commissione europea l’Italia non crescerà più dello
0,6% a fine anno. L’attesa, però, si sposta sui provvedimenti che verranno licenziati dal consiglio dei ministri, nella speranza che da Palazzo Chigi arrivino nuovi stimoli alla crescita anche perché sul fronte della disoccupazione non arrivano segnali incoraggianti: il tasso a fine anno dovrebbe scendere al 12,8% dal 13% di febbraio, ma le regressione sarà lenta. Palazzo Chigi la stima al 12,2% nel 2016, mentre solo pochi giorni fa Renzi aveva fissato l’obiettivo al 10% entro la fine del 2018.
Tasse e fisco. Il governo promette il taglio del cuneo fiscale con una riduzione dell’Irpef per circa 10
miliardi a regime che andranno in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi lordi inferiori ai 25mila euro, mentre l’Irap dovrebbe scendere del 10% attravero l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Tuttavia, la pressione fiscale aumenterà dal 43,8% dello scorso anno. Secondo il Det il peso del Fisco salirà al 44% nel 2014 e 2015, per poi scendere al 43,7% nel 2016 e al 43,5% nel 2017.
Tagli e privatizzazioni. Uno dei documenti più attesi è quello sui tagli alla spesa pubblica dal quale si aspettano almeno 4,5 miliardi per finanziare il taglio del cuneo fiscale e rilanciare i consumi nel Paese, mentre dalla banche arriverà un miliardo in più grazie alla plusvalenze sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia; un altro miliardo deriverà dall’aumento del gettito dell’Iva con il pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione. L’esecutivo, poi, conta di recuperare nuove risorse grazie alle privatizzazioni che secondo il Pnr, piano nazionale per le riforme, porteranno nelle casso dello Stato 40-48 miliardi di euro fino al 2017: i proventi saranno destinati all’abbattimento del debito.
COLPIRE LE BANCHE - REPUBBLICA.IT
ROMA - Un miliardo in più dalle banche per la rivalutazione delle quote Bankitalia. E’ questa la mossa dell’ultima ora del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per recuperare risorse e per dare un segno di maggiore equità al decreto, approvato nel gennaio scorso tra contestazioni e polemiche. "Chi ha avuto di più deve restituire", ha detto stamattina il premier ed il riferimento è appunto alla questione Bankitalia: le banche pagheranno di più e le risorse andranno alla copertura degli sconti Irpef.
La legge, approntata dal governo Letta e dall’allora ministro dell’Economia Saccomanni, prevede la rivalutazione delle quote che quasi tutto il sistema bancario italiano detiene, a cominciare dai maggiori azionisti Intesa e Unicredit, che possiedono la maggioranza assoluta del capitale Bankitalia (la prima con il 42 e il secondo con il 22 per cento circa). La normativa prevede la rivalutazione e quindi la vendita delle quote (fino a scendere alla soglia del 3 per cento) e di conseguenza la realizzazione di una plusvalenza, tassata secondo il decreto Saccomanni al 12 per cento. La tassazione passerà invece al 26 per cento e l’incasso per l’Erario salirà da 1 a 2 miliardi. "Se confermata sarebbe una scelta ingiusta e illogica", oltre che "assolutamente inaspettata" commenta a caldo il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini.
Nella ricerca dei 6,6 miliardi necessari agli sgarvi Irpef, novità anche per le rendite finanziarie
(esclusi i Bot): nella seconda metà dell’anno la tassazione passerà dal 20 al 26 per cento. Mentre dagli stipendi dei dirigenti verrà un gettito di 300-400 milioni.
La serie di provedimenti si affianca alla definizione del Def, il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri. Il primo, vero, test di politica economica per il tandem Renzi-Padoan che procederà di pari passo, hanno garantito molti esponenti dell’esecutivo, con l’attesa sforbiciata alla spesa pubblica - secondo le indicazioni del Commissario, Carlo Cottarelli -, così come con gli 80 euro in più in busta paga per i lavoratori che guadagnano fino a 1.500 euro.
Il premier, chiamato a dettagliare tutti i punti caldi su Irpef e spending review, ha mostrato sicurezza sui tempi del Cdm - iniziato poco dopo le 18 e durato un’ora e mezza circa - e sul nodo delle coperture: "Non faremo mezzanotte" ma finiremo "giusto in tempo per i Tg", ha scherzato entrando agli Stati generali della salute. Dal palco degli Stati generali - dopo una battuta sul fatto di aver preparato "82 slide sui tagli alla sanità; no, non è vero" - il premier ha aggiunto serio che "la revisione della spesa va fatta, è una priorità", e che "il criterio chiave è che chi ha preso troppo in questi anni, senza fare sacrifici, si deve preoccupare di restituire alle famiglie che hanno meno di 1.500 euro al mese".
Prima, la conferma degli interventi era arrivata dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Il Documento svelerà le stime del governo sull’Italia, il Programma nazionale di riforma e offrirà l’occasione a Renzi per dettagliare gli interventi sull’Irpef e di taglio alla spesa pubblica. "I tagli sono assolutamente confermati - aveva già detto di prima mattina intervenendo alla "telefonata di Belpietro" -. Credo che gli elementi di fondo siano chiari: si lavora per ridurre la spesa e per fare in modo che gli 80 euro ci siano. Questo mi pare fuori discussione". Che le misure di sgravio fiscale trovino copertura finanziaria è dato per scontato dal premier: "Le coperture ci sono dal primo giorno. Sono 20 giorni" che sono sul tavolo dell’esecutivo, ha assicurato.
SPENDING REVIEW - REPUBBLICA.IT
MILANO - La spending review concorrerà con 4,5 miliardi al taglio dell’Irpef, che porterà i famosi 80 euro in più in busta paga ai lavoratori che ne guadagnano meno di 1.500. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nella conferenza stampa che ha seguito il Cdm di approvazione del Def, il Documento di economia e finanza. Il premier ha spiegato che il piano del Commissario straordinario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, è arrivato a individuare ben 6 miliardi di euro di economie possibili. Da questo disegno, però, nel decreto in via di scrittura - che sarà presentato venerdì 18 aprile e conterrà anche la rimodulazione dell’Irpef - si attingeranno appunto 4,5 miliardi di risorse. Serviranno a coprire buona parte dei 6,7 miliardi necessari allo sgravio del Fisco nelle buste paga, in vigore da maggio. Alla parte restante (2,2 miliardi) concorreranno il maggior gettito Iva legato ai rimborsi dei debiti della Pubblica amministrazione e il miliardo di gettito aggiuntivo ottenuto dall’aumento della tassazione per le plusvalenze generate dalla rivalutazione delle quote Bankitalia (dal 12 al 26%).
Nelle bozze che sono entrate nel Cdm era effettivamente riportata la cifra di 6 miliardi di tagli possibili, che poi salgono
fino a 17 e 32 miliardi di euro rispettivamente per il 2015 e 2016 in termini cumulati.
Bisogna ricordare che il Commissario straordinario per la revisione della spesa, Carlo Cottarelli, nelle relazione al Senato che hanno accompagnato la sua attività, aveva spiegato in un primo momento che per il 2014 sarebbe stato giusto, in via prudenziale, stimare possibili risparmi per 3 miliardi, salvo poi indicare - in un’audizione successiva - la somma di 5 miliardi come risultato massimo. Un approdo raggiungibile solo a patto di partire con azioni immediate e decise.
Il giro di vite sugli stipendi della Pubblica amministrazione dovrebbe portare risparmi immediati per massimi 400 milioni, che passano anche dall’allineamento del tetto massimo di retribuzione a quella del Capo dello Stato. Lo stesso Renzi ha confermato che il tetto agli assegni verrà posto al livello del trattamento riservato al Presidente della Repubblica, cioè circa 238mila euro. Il premier ha aggiunto che sugli interventi mirati "lavoreremo con Padoan (il ministro dell’Economia, ndr) tra lunedì e venerdì prossimo, quando tornerà da Washington per gli incontri internazionali del Fmi", non dettagliando le voci precise. Tra le altre, le indicazioni emerse finora indicano che gli acquisti di beni e servizi dovrebbero contribuire con altri 800 milioni di risparmi, mentre è rimasto il dubbio sulla possibile sforbiciata da 1 miliardo alle spese sanitarie.
CRESCITA - REPUBBLICA.IT
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ROMA - Crescita allo 0,8% sul 2014 anziché 1,1 per cento. Rivoluzione dimagrante per una classe dirigente della pubblica amministrazione che ora dovrà "stringere la cinghia". Coperture per il taglio dell’Irpef da spending review, Iva e tasse sulla rivalutazione delle quote Bankitalia. Tetto agli stipendi dei manager pubblici a 238mila euro. Rispetto dei parametri di Maastricht con il deficit 2014 fermo al 2,6 per cento. Non da ultimo, rispetto per gli impegni assunti sulle riforme, con tanto di strigliata a chi, dentro al Pd, in queste ore "è in cerca di visibilità".
Il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento economico e finanziario. L’annuncio viene dato dal premier Matteo Renzi, affiancato dal ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan e dal sottosegretario di Stato Graziano Delrio, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. "Questo - dice - è un documento molto serio e molto rigoroso. Credo che dobbiamo alla storia anche personale di Padoan il rispetto che si deve a previsioni che io ho definito ’rigorose’, lui mi ha corretto con ’serie’, ma noi la crescita la stimiamo allo 0,8%, che è diverso dall’1,1... spero sarò smentito in positivo. Chi tra voi immaginava di poter utilizzare questa occasione per dire ’ma guarda i numeri sono ballerini’, si scontra con un dato di fatto. E cioè che diamo numeri seri".
Una data su tutte per la spending review: venerdì 18 aprile il Cdm sarà varato il decreto legge che prevede le coperture per il taglio dell’Irpef da 6,7 a 4,5 miliardi (gli 80 euro in più in busta paga per chi ha fino a 1.500 euro in busta paga). Quanto alle coperture, saranno "formate per 4,5 miliardi dalla spending review, per 2,2 miliardi dall’aumento del gettito Iva e dall’aumento della tassazione sulla rivalutazione dell’operazione Banca d’Italia: saranno le banche a concorrere a questo sforzo".
Sulle riforme il presidente del Consiglio sottolinea: "Sono la precondizione della ripresa economica, senza non c’è credibilità con i nostri concittadini, e sono un assoluto impegno morale da parte nostra". Poi, con chiaro riferimento alle divisioni interne al Pd, partito di cui è segretario, afferma: "So che su questo tema ce n’è una nuova tutti i giorni, ansia di visibilità, c’è bisogno di dimostrare che si esiste anche lanciando ipotesi che non tengono. Noi rispettiamo tutti, la settimana prossima noi discuteremo ancora nel dettaglio, ma le riforme sono fondamentali. Confermo qui in questa sede tutti gli impegni che ci siamo presi: pubblica amministrazione ad aprile, fisco a maggio, giustizia a giugno. Noi andiamo avanti mantenendo gli impegni".
E ancora: "Confermo la volontà di ridurre il numero degli enti e membri nominati nelle varie strutture. Dopo la politica, anche nel mondo della pubblica amministrazione è arrivato il momento di stringere la cinghia. E’ in corso una rivoluzione sistematica, non solo di riforma degli enti, ma un percorso scandito da un metronomo. Il senso è - spiega - che siccome la classe politica inizia a stringere la cinghia, ora tocca anche alla classe dirigente. Tutto questo è sforbicia-Italia".
FONDO MONETARIO
MILANO - Un Paese, la Grecia, viene da una recessione di proporzioni bibliche ed ha un’economia tutto sommato piccola. L’altro, l’Italia, è reduce da un periodo di andamento economico fortemente negativo, come non si vedeva dalla Guerra, ma non delle stesse proporzioni dei vicini Mediterranei. Per di più è la terza economia d’Europa. I confronti tra i due sistemi economici sono quindi da prendere con le molle, perché è come se da una parte si rimettesse in moto una motocicletta e dall’altra un tir: è evidente che i tempi di reazione sono diversi. Ma fa una certa impressione vedere che quest’anno la performance dell’economia italiana sarà equivalente a quella della Grecia (+0,6%) con solo Finlandia, Slovenia (+0,3% in entrambi i casi) e - con un grande distacco - Cipro (-4,8%) a fare peggio all’interno dell’area euro.
L’anno prossimo però si verificherà il riscatto di Atene (+2,9%), con Roma che crescerà tanto quanto Helsinki (+1,1%) ma continuerà solo a fare meglio di Lubiana (+0,9%) e Nicosia (+0,9%). E’ quanto emerge mettendo a confronto i dati contenuti nelle tabelle elaborate dal Fondo monetario internazionale nel suo World Economic Outlook (Weo). Stando al rapporto sulle prospettive dell’economia globale elaborate in occasione degli incontri di primavera del Fondo in corso a Washington, in Grecia - che nel 2013 ha registrato un pil in calo del 3,9% - il tasso di disoccupazione resta decisamente peggiore rispetto all’Italia nonostante sia visto in calo dal 27,3% del 2013
al 26,3% del 2014 e al 24,4% del 2015. Un mercato del lavoro così difficile resta anche in Spagna, dove il tasso restarà decisamente alto seppur in miglioramento: dal 26,4% del 2013 al 25,5% del 2014 e al 24,9% del 2015. A Cipro il rapporto tra le persone in cerca di occupazione e la forza lavoro è visto invece crescere dal 16% del 2013 al 19,2% del 2014 e al 18,4% del 2015. Per il Belpaese, la disoccupazione si attesterà al 12,4% quest’anno (dal 12,2% dello scorso) e all’11,9% il prossimo.
La ricetta individuata per l’Italia è far ripartire il credito. Per il Fmi, l’indice dei prezzi al consumo in Italia crollerà quest’anno allo 0,7% dall’1,3% del 2013 per risalire all’1% nel 2015, secondo le stime del Fondo che considera la bassa inflazione una seria minaccia per la ripresa. "Ulteriori misure per far ripartire l’offerta di credito" in Italia, oltre che in Francia, Irlanda e Spagna, consentirebbero "un aumento del Pil del 2% o anche di più".
Guardando al complesso dell’Eurozona, il Fmi dice che la sua economia - dopo essersi contratta l’anno scorso di mezzo punto percentuale - crescerà quest’anno dell’1,2% e dell’1,5% il prossimo. Il Fondo torna a chiedere alla Bce di intervenire, cosa che aveva fatto indispettire il governatore Mario Draghi: per gli economisti di Christine Lagarde più allentamento monetario è necessario per sostenere la domanda e permettere alla Banca centrale europea di centrare il suo mandato sulla stabilità dei prezzi con un’inflazione sotto ma vicina al 2%. Le alternative che il governatore Draghi ha a disposizione comprendono un "ulteriore taglio dei tassi di interesse, inclusi tassi sui depositi lievemente negativi". Il Fondo cita anche "misure non convenzionali, comprese operazioni di rifinanziamento di lungo termine (possibilmente mirate alle piccole e medie imprese)".
La crescita a livello globale, infine, è stimata in rafforzamento dal 3% del 2013 al 3,6% nel 2014 e al 3,9% nel 2015, "sostanzialmente invariata rispetto all’outlook dell’ottobre del 2013", sottolineano gli economisti di Washington, precisando che l’impulso principale arriva dalle economie avanzate per le quali si stima una crescita del 2,2% quest’anno e del 2,3% nel 2015. La Cina è vista in espansione del 7,5% nel corso del 2014. Su tutto resta l’incognita aleggiante della tensione in Ucraina, uno dei "nuovi timori geopolitici" che mette a repentaglio la crescita.