Valerio Rosa, l’Unità 7/4/2014, 7 aprile 2014
DAL GOL MONDIALE A STRASBURGO L’URLO DI TARDELLI SI FA EUROPEO
«Non soltanto la letteratura, ma l’arte figurativa, la musica, la scienza avvertono che tutto è diventato più instabile, esige nuovi strumenti rappresentativi e conoscitivi» – ammoniva martedì scorso Claudio Magris, intervistato da Lorenzo Mondo su La Stampa – «C’è una frattura che non è stata risanata, non si è ricomposta in una nuova classicità. Il confronto con “L’urlo” di Munch non può essere evitato». Un’osservazione condivisibile, che vale per i romanzieri, gli artisti, i filosofi, gli scienziati: ogni espressione del loro pensiero, ogni prodotto del loro sforzo di comprensione delle cose deve fare i conti da un secolo con l’immagine universale dello sgomento e dell’angoscia. Ma è un problema per gli intellettuali.
Quanto a noi, italiani medi, bipedi metà uomini e metà divani in costante e compiaciuto abbruttimento davanti ai teleschermi, ricordiamo con più soddisfazione un altro urlo, quello di Marco Tardelli. E ricordiamo a memoria, meglio del Pianto antico e delle preghierine che ci propinavano a scuola, la telecronaca di Nando Martellini: «Rummenigge su Breitner, Paolo Rossi in difesa, contrattacco di Scirea! Conti, subentra Rossi, Rossi, Scirea, Bergomi, Scirea, Tardelli, gooool!», dove il tono della voce comunicava ed emozionava più dell’ansiogena e narcisistica propensione all’entomologia in voga al giorno d’oggi. E ancora: «Esultiamo con Pertini!», mentre Tardelli, impazzito di gioia, posseduto dal dio Odino, correva travolgendo qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. E urlava, come un ossesso. E con lui urlava l’Italia, l’Italia con gli occhi aperti nella notte scura, che voleva a tutti i costi uscire dalla cupezza degli anni di piombo, delle stragi, della crisi, dell’inflazione alle stelle. E urlavano i nostri padri e i nostri nonni, partigiani e prigionieri di guerra, con le lacrime agli occhi perché ancora una volta avevamo preso i tedeschi a legnate, con tanti saluti alle loro signore, penalizzate negli anni lungo chilometri di coste romagnole. Ebbene, la notizia è che l’immagine felice e spudorata della nostra infanzia (o giù di lì), Tardelli Marco da Capanne di Caréggine, Lucca, anni sessanta il prossimo settembre, si candiderà per il Partito Democratico alle Europee, aggiungendosi alla lunga lista di glorie sportive che, con alterne fortune, hanno tentato l’avventura politica (tra gli altri, Rivera, Mennea, Simeoni, Dossena, Idem, Rossi, Vezzali). Una decisione inattesa, ma non dimentichiamo che il nostro eroe ha vissuto più vite e ha già cambiato pelle più volte: quando giocava, passò da terzino a centrocampista d’assalto con licenza di andare a rete, ma soprattutto andò dalla Juventus all’Inter, come dire da un universo all’altro; quando allenava, portò la nazionale Under 21 al trionfo europeo, prima di rimediare epiche sconfitte alla guida dell’Inter (0-6 col Milan, 1-6 col Parma in Coppa Italia) ed esoneri in serie (dopo i nerazzurri, il Bari, l’Egitto e l’Arezzo). Dopo l’esperienza come vice del suo maestro Trapattoni sulla panchina della nazionale irlandese, arriva ora l’occasione del rilancio in politica. In attesa di conoscere e di valutare il suo programma, e magari di ammirarlo in qualche tribuna televisiva, impegnato a aggredire e sfiancare un candidato leghista con la stessa ferocia con cui logorava gli avversari in campo, siamo curiosi di scoprire le scaramanzie che escogiterà per sciogliere la tensione della campagna elettorale. Da atleta si infilava monetine (o immagini sacre, secondo altre versioni) nei parastinchi. Ed oggi? Una foto di Zoff, l’acqua sacra del Trap o una piantina di Strasburgo?