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 2014  aprile 07 Lunedì calendario

IL DIVIDENDO SOCIALE CHE ARRIVA DALLA FINANZA


Ci risiamo: tornata ai tempi dell’“esuberanza irrazionale dei mercati”, stigmatizzata (ma non corretta) da Alan Greenspan, Wall Street viene sfiorata dalle solite inquietudini. Di fronte all’indice S&P 500, che la settimana scorsa ha stabilito un nuovo record storico; di fronte a Google che ha varato uno stock split (frazionamento azionario) a dir poco “creativo”, perché permetterà ai due fondatori Larry Page e Sergey Brin di mantenere il controllo del colosso da 380 miliardi di dollari nonostante il raddoppio del numero delle azioni; e di fronte al libro-denuncia di Michael Lewis sugli scambi ad alta frequenza (Flash Boys), analisti e investitori si pongono l’eterna domanda: quanto durerà il Toro? Alcuni esperti suonano già l’allarme. “Dobbiamo prepararci a una flessione del 10-20 per cento”, avverte Ron Insana, uno dei commentatori più ascoltati della rete finanziaria Cnbc, mentre alcuni suoi colleghi agitano il fantasma di una “bolla stile-2007”.
Intanto la galoppata della Borsa americana degli ultimi 15 mesi ha accentuato i divari socioeconomici. A dispetto degli impegni di Barack Obama e della mobilitazione delle piazze durante “Occupy Wall Street”, l’1 per cento più ricco della popolazione ha visto gonfiarsi il valore dei portafogli. Eppure, a differenza della fase che ha preceduto il crollo della Lehman Brothers e la tempesta finanziaria, sembra anche farsi strada una maggiore consapevolezza sui doveri etici del capitalismo. C’è chi ne attribuisce i meriti a Papa Francesco, chi pensa sia legato al ricambio generazionale: a prescindere dalle ragione, si parla molto di più di “finanza sociale”: come documenta la Federal Reserve di San Francisco pubblicando una collezione di saggi sull’argomento. Si tratta di un approccio alla gestione finanziaria che punta al tempo stesso a un guadagno economico e a un dividendo sociale.
Alcuni strumenti sono già noti, come la microfinanza o l’appoggio ai business “sostenibili”. Ma un metodo che comincia a farsi strada è quello di premiare l’investimento dei filantropi con un dividendo o una cedola solo se il progetto ottiene gli obiettivi sociali prefissati, in modo da imporre una disciplina di mercato. Un esempio di questo approccio viene dallo stato di New York: ha varato un’iniziativa con la Bank of America Merrill Lynch, la Fondazione Rockefeller e altre società, emettendo obbligazioni che serviranno a finanziare il reinserimento di 2mila excarcerati e impegnandosi a remunerare l’investimento solo al raggiungimento di certi parametri.
a.zampaglione@repubblica.it