Arnaldo D’Amico, la Repubblica 6/4/2014, 6 aprile 2014
SUPER MEMORIA – [RICORDEREMO TUTTO (ANCHE SE PIOVEVA UN LUNEDÌ QUALSIASI DI VENT’ANNI FA) E SENZA COMPUTER]
L’UOMO FISSERÀ I RICORDI spontaneamente, senza fare più alcuna fatica. E la sua memoria sarà infinita, non avrà più limiti, potrà contenere tutte le informazioni che desidera. Attenzione: è il crollo di un dogma. Perché queste non sono le previsioni fantascientifiche accese da ricerche su un gene o un circuito nervoso: sono le caratteristiche di cinquantacinque esseri umani che vivono negli Stati Uniti. Uomini, donne e bambini scoperti da uno che di memoria se ne intende, finito sui giornali un decennio fa per aver messo a punto la pillola cancella-traumi. «Supermemoria autobiografica, così ho definito la loro capacità straordinaria — spiega James McGaugh, direttore del dipartimento di Neurobiologia dell’apprendimento e della memoria, università della California, Irvine — Scherzando invece li chiamo “google people” perché, dopo neanche un secondo dalla domanda, iniziano a sciorinare una lunga e complessa risposta. Non hanno limiti: ricordano qualunque cosa gli sia successa o abbiano letto o visto in tutta la loro vita, è una capacità mai osservata prima. Che è naturale e quindi riproducibile. Bisogna solo capire perché si manifesta questo fenomeno solo in alcuni e il meccanismo che si attiva nel loro cervello. Poi potremo metterlo in moto anche nei nostri». È così, quasi casualmente, che dalla capacità di qualche ricercatore di cogliere un fenomeno naturale, a volte sotto gli occhi di tutti, sono arrivati i grandi progressi della medicina. Fu la scoperta di contadini mungitori di vacche invulnerabili al vaiolo che fece nascere i vaccini. Dai misteriosi cerchi senza batteri intorno alle colonie di muffe arrivò la penicillina e poi gli antibiotici. Mentre altri farmaci che hanno cambiato il destino dell’umanità, come il cortisone, sono nati dall’incontro con malati i cui stranissimi sintomi portarono all’identificazione di nuove sostanze salvavita.
McGaugh ripercorre la sua ricerca nello studio della professoressa Patrizia Campolongo, dipartimento Fisiologia e Farmacologia, Università Sapienza di Roma, che lo ha invitato a tenere una lettura magistrale affollatissima. I due collaborano da anni per studiare come certe molecole del sistema nervoso simili a quelle della marijuana, e per questo dette endocannabinoidi, influenzano la funzione della memoria. «Jill Price è stato il primo caso — racconta McGaugh che porta i suoi ottantatré anni come un bel sessantenne — mi scrisse nel 2006 per sapere se potevo fare qualcosa per il suo “fastidio”. Spesso si perdeva nei ricordi della sua vita, tutti lucidi e precisi e questo le creava qualche intralcio nel concentrarsi sulle incombenze quotidiane. Con la relativa documentazione sotto mano, come raccolte di quotidiani, registri meteorologici, calendari eccetera cominciai con domande tipo: che tempo faceva il 9 gennaio 1981? e nella prima settimana di marzo del 1993? in che ufficio si è recata il 6 febbraio 1984? cosa è successo una settimana dopo? e così via. E Jill, allora cinquantottenne, ricordava tutto perfettamente ». McGaugh continuò a studiare Jill per essere sicuro che non fosse solo un’abile illusionista. «Partecipammo a una puntata di 60 minutes, la trasmissione tv più popolare negli Stati Uniti. Novanta milioni di americani videro il primo caso di persona con supermemoria. In pochi giorni arrivarono centinaia e centinaia di email da tutti gli Stati Uniti. Ma dopo i colloqui e i test, durati tre anni, i casi veri di supermemoria si ridussero a cinquantaquattro. La prima conseguenza dell’avere tanti soggetti come Jill è stato l’abbandono del termine di “ipertimesia” con cui avevo chiamato il fenomeno. Significa “ipermemoria” in greco, lingua usata per indicare una condizione patologica. Pochi di loro invece si lamentano della loro condizione, la maggior parte si rende conto di avere una facoltà che gli altri non hanno. Qualcuno l’ha tenuta nascosta quando se n’è accorto, per paura di essere considerato come un diverso ed emarginato».
Dal confronto dei casi cominciano a emergere i primi tratti in comune. I ricordi si fissano spontaneamente e solo spontaneamente. Questi soggetti infatti faticano come tutti quando devono memorizzare, come nello studio e poi nel lavoro. Le emozioni hanno un ruolo meno importante. «Tutti ricordiamo dove eravamo e cosa stavamo facendo l’11 settembre 2001, mentre assistevamo al crollo delle Torri Gemelle — spiega Mc-Gaugh — quelli con la supermemoria invece ricordano ogni giorno della propria vita anche se non è stato emozionante. E però se mostriamo loro una storia filmata fatta apposta per non suscitare la benché minima emozione e due giorni dopo chiediamo loro dei particolari, ricordano male e sbagliano come tutti gli altri».
Altri caratteri in comune che guidano le ricerche sono l’assenza di una componente ereditaria. Il supermemore compare all’improvviso in una famiglia normodotata e può essere uno solo di una coppia di gemelli. Infine nei dodici sottoposti a risonanza magnetica funzionale, le strutture del cervello che formano il circuito della memoria rivelano un volume di poco superiore alla media. Da questo dipende la supermemoria? O è la gran quantità di ricordi che ne ha aumentato il volume? «Al momento stiamo indagando in tutte le direzioni — conclude McGaugh — indicate dalle quattro fasi della memoria. La supermemoria si realizza nella prima fase, quella in cui l’esperienza che si sta vivendo si codifica in un ricordo. Oppure nella seconda, del consolidamento, quella in cui l’emozione è determinante. O nell’immagazzinamento del ricordo o nella quarta, in cui si recupera il ricordo. Infine, potrebbe dipendere anche, in parte, da ognuna di queste fasi. Non lo sappiamo ancora. Abbiamo però una certezza, la supermemoria esiste. Non so dire quanto tempo ci vorrà ma riusciremo a riprodurla».