Natalia Aspesi, la Repubblica 6/4/2014, 6 aprile 2014
CALLAS LETTERE ALLA MIA MAESTRA
«MIA CARA, prega che vada bene, prega che io stia in salute, perché dopo quella recita, se va come speriamo e sogniamo, sono la regina di canto in Italia, per non dire dappertutto, per la semplice ragione che aggiungo la perfezione del canto, e che non c’è altra Norma in tutto il mondo! ». Maria Callas ha venticinque anni, sta preparandosi finalmente a quel debutto fiorentino che imporrà al mondo la sua voce unica, ed è già certa della sua grandezza.. La lettera è datata 9 novembre 1948, lei è ancora grassa e già molto innamorata del suo Giambattista Meneghini, l’industriale veronese tanto più vecchio di lei che sposerà nell’aprile dell’anno dopo (e che le sopravvivrà di qualche anno). La scrive alla maestra di canto che ha avuto fiducia in lei in Grecia, quando era infelicissima e il Conservatorio di Atene l’aveva rifiutata. Elvira de Hidalgo non è un’insegnante qualunque, è stata un celebre soprano e una trionfale Rosina alla Scala nel 1916. È stata la prima a capire quale tesoro si celava dentro quella ragazzona torva e apparentemente troppo ambiziosa: e si è subito dedicata a lei, curandone la voce, migliorando il suo italiano, soprattutto dandole fiducia e prodigandole quell’affetto che Maria non riesce a trovare nella madre e nel padre lontano. Elvira è nata trent’anni prima di lei, eppure morirà a ottantott’anni, tre anni dopo la sua ormai finita e disperata pupilla.
Bolaffi metterà all’asta a Milano, in un solo lotto, sette lettere autografe di Maria Callas, tutte inviate alla de Hidalgo, scritte con una bella ampia calligrafia un po’ antica, in un italiano un po’ zoppicante nell’ortografia: sono assolutamente inedite, la prima, lunga quindici pagine, è datata 28 gennaio 1946, da New York, l’ultima 26 aprile 1969, su carta intestata con l’indirizzo parigino, 36 Avenue George Mandel. Già i tanti collezionisti privati “callasiani” di tutto il mondo sono in fermento perché di cimeli della signora non si è mai sazi. L’asta più celebre risale al 12 dicembre 2007, quando a Milano Sotheby’s offrì ben 317 lotti, praticamente l’intera vita della diva accanto al suo pigmalione Meneghini, messa in vendita, spogliata, dispersa, cancellata; dai meravigliosi abiti della Biki alle foto sullo yacht Christina quando magra, elegantissima, la donna più amata e odiata di quegli anni viveva la sua massima felicità amorosa e mondana. Queste lettere appena ritrovate sono pungenti verso il proprio lavoro e piene di affetto per la maestra cui dà sempre del lei.
Callas ha solo ventitré anni ed è una debuttante, quando nel gennaio del ‘46 scrive alla maestra da New York, attaccando la tedescomania del Metropolitan, che «non ha maestri come Toscanini, Serafin, De Sabata »; e che le propone una Butterfly: «Per l’amor di Dio, sarò ridicola, grande come sono. Meglio chiudere la bocca e non cantare mai più che cantare quella roba lì!». Anni dopo racconterà a Elvira uno dei suoi tanti trionfi, una Traviataal comunale di Firenze: «La gente piangeva… macchinisti, maestri, coro e gente che veniva a trovarmi dalla platea (sconosciuti). E comunque vedere la gente piangere e vedere tante cortesie da parte di tutti. Pensi che l’orchestra mi ha mandato un cesto di rose… Il Dio è buono con me. E lei è contenta di me?». Nella lettera che segnerà il suo destino, scritta nel settembre del ‘57 dall’Hotel Savoy di Londra, confida come, pur di non rinunciare a una sontuosa festa data in suo onore a Venezia, organizzata dalla prima nemica poi amica Elsa Maxwell, potente tiranna della café society, ha dovuto scandalosamente rinunciare a qualche recita: e pare certo che proprio in quella occasione la diva di immensa celebrità avrebbe incontrato per la prima volta il frivolo e bruttissimo armatore Onassis, che avrebbe poi velocemente distrutto la sua vita.
Nell’ultima delle sette lettere che saranno messe all’asta il 13 maggio con una stima di diecimila euro, Maria Callas sembra aver ritrovato la serenità e la consapevolezza di sé: la sua vita tumultuosa è lontana, anche il suo ineguagliato successo, ma pure gli attacchi feroci della stampa. Il suo matrimonio è finito da vent’anni, la crudele, umiliante relazione con Onassis si è interrotta dopo nove anni, bruscamente e villanamente, nell’agosto del 1968, quando l’armatore l’ha cacciata dallo yacht Christina per lasciare il posto a Jackie Kennedy, la fascinosa vedova del presidente John, che avrebbe poi sposato in ottobre. In quel 26 aprile del 1969, dalla sua pomposa casa parigina di Avenue Mandel, racconta all’amica dell’intervista alla televisione francese nella trasmissione L’invitée du dimanche: «È stato un successone. Ho avuto tanti elogi… Certo a me alla fine dopo due ore e mezzo hanno domandato perché avevo smesso di cantare, ed ho risposto in tutta onestà che non ero contenta di me ed ho ripreso a lavorare per mettere a posto. Dicevano che se mi portavano in trionfo perché avevo dubbi, ed ho risposto che io prima di tutti so se canto come devo».
È troppo giovane a quarantasei anni, per sentirsi finita professionalmente e sentimentalmente: «Io sto meglio. Sono più sicura. Sono un poco ingrassata e molto ottimista. Lavoro sempre e va bene. In maggio il film comincerà. Che Dio mi aiuti!». Il film è Medeadi Pier Paolo Pasolini, su cui punta per un rilancio professionale: ma la critica è appena benevola, e il pubblico scarso, la grande Callas è già il passato. Ormai la bella malinconica spaventata signora non sa evitare gli errori, e la sua fragilità sentimentale la spinge a non capire la natura di Pasolini, e a illudersi di poter vivere ancora una storia d’amore: la sconfitta è amara, carica di dolore e senso di fine, e non sarà l’ultima prima di morire a cinquantaquattro anni in solitudine e silenzio.