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 2014  aprile 06 Domenica calendario

LA DEMOCRAZIA DEI FUORIONDA


NEL tempo della Comunicazione, e quindi anche delle apparenze, delle marchette e della manipolazione tecnologica, c’è una tale fame di verità che facilmente ci si affeziona ai fuorionda come a una risorsa perfino democratica.

NELL’ARCO ormai di un decennio i collezionisti di trasparenza hanno raccolto e classificato video brandelli di vario ordine e genere, ma quasi tutti dicono non solo che il potere è di norma vanitoso e fasullo, ma che lo spettacolo del suo smascheramento è forse uno dei pochi deterrenti su cui converrebbe riflettere e, al limite, investire.
Ora, salutari incidenti sono sempre accaduti e hanno il pregio di venire da sé, in genere con la complicità di microfoni incustoditi; in questo senso il primo archeo-fuorionda di epoca repubblicana può considerarsi quello occorso a un deputato liberale piemontese, Soleri, che prima di iniziare un comizio si sentì bisbigliare a un amico: “Non ti preoccupare, lasciami solo raccontare le solite quattro balle a questi imbecilli e poi ce la filiamo”.
Ma il genere televisivo si deve ad Antonio Ricciea Striscia la notizia, chepuredopouno scherzetto al ministro Frattini ne ebbe pure qualche grana, con alterni esiti giudiziari. Emilio Fede, tra le vittime preferite del programma, con tale intensità vi si prestò da dedicarci un libro intitolato appunto “ Fuori onda” (Mondadori, 2006). Dopo di che la pratica è dilagata on line, con effetti di preoccupante e spassosa rivelazione.
Sull’affidabilità per esempio degli istituti demoscopici, la notte delle elezioni del 2006 quando in una pausa della lunga diretta il sondaggista Masia, della Nexus, si accasciò confessando a se stesso: “Non ha più senso questo lavoro di merda, ti fai un culo come una scimmia e la gente non capisce una sega”.
Oppure sulla solidità del centrodestra e la solidarietà tra i leader del Pdl, e qui il pensiero va al colloquio a mezza bocca tra Fini e il giudice Trifuoggi in un convegno a Pescara, e il primo gli preannuncia gongolando “la bomba atomica” di un coinvolgimento di Berlusconi in un’inchiesta di mafia, e comunque si lamenta che il presidente del Consiglio più che da capo politico si comporta da sovrano assoluto, per questo gli ha detto che ai re si taglia la testa, “quindi statte quieto!”.
O anche sull’importanza che certi leader annettono ad alcuni ingegni e supporti di scena, diciamo, durante i talk-show; per cui ecco D’Alema che pochi istanti prima che inizi Porta a porta si rivolge con qualche nervosismo all’allora portavoce Velardi: “Hai scelto male il posto, questo cuscino è floscio...”.
Come pure suona inconfessabile il vantaggio che si concede l’onorevole Franceschini, poco prima di essere eletto segretario del Pd, rivendicando con festosa esultanza la condizione di presidente del Consiglio nazionale: “Che libidine poter togliere la parola!”.
Ora, tra battute, cuscini e scherzetti d’assemblea si dirà che tutto sommato sono cose innocenti. E può anche essere, ma come accade da qualche tempo per le paparazzate sui potenti e per i loro bigliettini letti a distanza con i teleobiettivi, come si verifica dinanzi ai frequenti scherzi tele-radiofonici, alle letture del labiale e alle continue intercettazioni che saturano la memoria e segnano l’immaginario, ecco, magari è sciocco sottovalutare il potere esercitato da questi frammenti di realtà per volta fuori controllo.
Anche e soprattutto perché dimostrano che una volta esposti in vetrina o messi davanti al microfono di qualche inchiesta televisiva, gli uomini e le donne del potere entrano in una condizione assai più vulnerabile di quella di cui loro stessi si fanno forti e spigliati. E quasi sempre per fare bella figura ne guadagnano invece una pessima, se non la peggiore.
Quindi, ai primi fischi di una platea di avvocati, il ministro della Giustizia Cancellieri, strasicura di sé, sospira, si alza e rivolgendosi al signore che le sta accanto dice: “Li vado a incontrare così ce li togliamo dai piedi”. Oppure, durante una conferenza stampa, non appena il ministro Brunetta prende la parola, il suo collega Tremonti chiaramente s’ingelosisce, comincia ad agitarsi, non si trattiene: “E’ un intervento suicida, ma è proprio un cretino!”, e non si dà pace, si rivolge a Sacconi, “ma è scemo?”, e quell’altro alza le spalle tra noia e rassegnazione: “Io nemmeno lo seguo” — risposta ancor più godibile sapendo che tra qualche giorno proprio Sacconi sarà il testimone alle nozze di Brunetta.
E comunque: vuoi mettere con lo streaming? Perciò, ridendo e scherzando, davanti a un telefonino che lo riprende Berlusconi recita una barzelletta blasfema, Renzi sostiene che Bersani è “spompo” e l’ignaro grillino Favia confida all’universo mondo che “Casaleggio prende per il culo tutti perché da noi la democrazia non esiste”. E invece forse ne rimane ancora un pezzetto, se in un mondo di finzioni ogni disfunzione diventa un dono prezioso.