Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport 8/4/2014, 8 aprile 2014
INCONTENIBILE FOGNINI
Una passione travolgente. E’ il destino degli eroi. Fognini parcheggia sotto il sole alle tre e mezza del pomeriggio e, come d’incanto, decine e decine di bambini e genitori si materializzano da ogni angolo del TC Match Ball, dove Fabio è ospite del Progetto Kinder +Sport. Ad accoglierlo c’è anche Gianni Ocleppo, che nel 1984 fu il protagonista di un altro trionfo sulla Gran Bretagna con rimonta italiana dal 2-1 sotto.
Fabio, quella con Murray è stata la vittoria più bella della carriera?
«Una delle migliori. E sicuramente la prima che mi ha fatto avere titoli in prima pagina più grandi di quelli del calcio».
Un successo in tre set contro il re di Wimbledon la avvicina, almeno come convinzione, alla top ten?
«Non voglio sbilanciarmi, ad inizio stagione non mi sono posto obiettivi di classifica, però il numero 13 non mi ha portato sfortuna (sorride, ndr). Ora bisogna arrivare al 12, poi mi piacerebbe bussare ai primi 10, magari proprio con il 10 di Maradona».
Nel suo grande momento, conta anche la serenità raggiunta grazie alla tenera amicizia con la Pennetta?
«E’ stato bello vederla in tribuna nella sfida contro Murray. Abbiamo deciso di non parlare della nostra vita privata, però stiamo bene insieme e ci diamo grande energia a vicenda. E poi finalmente smetterà di rinfacciarmi i risultati delle donne: anche noi maschietti ci siamo dati una mossa».
Erano per lei le lettere BN disegnate sul campo dopo il trionfo?
«Forse un giorno svelerò il mistero».
Come sta vivendo questa popolarità?
«Sono sensazioni belle e positive, forse però non ho ancora realizzato davvero cosa ho fatto. Fin qui, nella mia carriera, ho ricevuto soprattutto critiche e so che mi crocifiggeranno alle prime sconfitte impreviste. Perciò cerco di approfittare dei momenti dolci».
Qual è stato il complimento più particolare che ha ricevuto dopo Napoli?
«Mi ha telefonato il Dandi (Alessandro Roja, che interpreta il personaggio nella serie tv Romanzo Criminale, ndr) e mi ha detto che con questa faccia dovrei fare l’attore e non il tennista. Chissà, magari quando smetto...».
C’è stato un momento in cui la Coppa Davis, per alcuni giocatori, sembrava più un peso che una gioia. Adesso lei parla di un grande gruppo. Cosa è cambiato?
«Siamo maturati tutti, siamo più consapevoli del nostro valore, ci siamo convinti che l’unione fa la forza. E siamo amici anche fuori dal campo. Non dimentichiamoci che il punto decisivo l’ha fatto Seppi, non io».
Cosa dobbiamo aspettarci dalla semifinale contro la Svizzera?
«Una battaglia durissima. Siamo sfavoriti, ma non abbiamo paura».
Cosa faceva l’undicenne Fognini nel ‘98, quando l’Italia giocava l’ultima semifinale della sua storia?
«Facevo il tifo, anche se ero ancora indeciso tra calcio e tennis».
E perché ha scelto il tennis?
«Perché è un gioco individuale, mi piace assumermi le mie responsabilità, onori e oneri. Mi piace metterci la faccia».
Se domani mattina le dicessero di giocare subito una partita su 5 set contro Nadal o Djokovic con in palio uno Slam, sarebbe competitivo?
«Come gioco, direi di sì. Poi però contano molte altre cose, soprattutto la gestione delle emozioni. Io sto lavorando molto con la psicologa (che è la moglie del coach Perlas, ndr) su questi aspetti e credo di essere maturato molto».
Più facile uno Slam di Fognini o un altro scudetto alla sua Inter?
«Ci siamo abbastanza lontani tutti e due».
Sente che si sta realizzando quel percorso di successo che le avevano già pronosticato da ragazzino?
«Non l’ho mai vissuto come un peso, ho commesso sbagli e poi sono cresciuto. Ma sono contento perché pian piano mi sto scrollando di dosso l’etichetta di giocatore di talento però testa di cavolo».