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 2014  aprile 08 Martedì calendario

«LA VOSTRA CRISI NON È FINITA»

Schietta con il proprio governo, preoccupata per l’euro, interessata dalla Cina ed in attesa di un invito dal G20: Karnit Flug parla con voce tenue ma i messaggi descrivono la grinta che distingue la prima donna alla guida della Banca d’Israele. Nominata in novembre al posto di Stanley Fischer, di cui era il vice, Flug è nata in Polonia, si è formata negli Stati Uniti e si trova a gestire un’economia che cresce ad un ritmo del 3,3 per cento, con il 6,3 per cento di disoccupazione, l’inflazione all’1,2 ed un rapporto debito-pil del 67,4 per cento. Confrontare tali dati con quelli di Ocse e Ue porta a dedurre che si tratta di una sorta di miracolo sulle rive del Mediterraneo.
Ma lei è tutt’altro che appagata. Anzi, durante un incontro al «Jerusalem Press Club», mette subito le mani avanti: «Guardando l’economia di Israele da 10 mila metri di altezza tutto sembra andare bene». Invece lei non cela timori, indirizzati in primo luogo al premier Benjmin Netanyahu che l’ha voluta governatrice. Per tre motivi. Primo: «La proposta di azzerate l’Iva per le coppie che acquistano la prima casa farà decollare i prezzi degli immobili» creando al contempo «un buco da 700 milioni di dollari». Secondo: il governo ha in animo spese ingenti nel pubblico, dai Trasporti alla Sanità, «destinate ad ingigantire la spesa» già assai alta. Terzo: bisogna accelerare il coinvolgimento nel sistema produttivo di ebrei ortodossi ed arabo-israeliani perché «sono i gruppi che crescono più velocemente e non possono restare ai margini dell’economia». In concreto ciò significa far sapere al governo che i progressi economici per essere mantenuti comportano contenere la spesa e allargare le fasce produttive. Tenendo presente che si è insediata da neanche sei mesi, tanto basta per far comprendere di che pasta è fatta.
Ma lei va anche oltre. Quando i reporter stranieri le domandando se il quasi collasso dei negoziati di pace con i palestinesi può avere conseguenze negative sul pil, ribatte: «L’economia d’Israele è abituata a crescere fra choc consistenti». E nell’analisi dello scenario internazionale si mostra altrettanto schietta. «Fra Stati Uniti e Unione Europa a noi interessa più la seconda - spiega - perché è il nostro partner commerciale più importante». Di conseguenza l’«attenzione» con cui Israele segue l’uscita della Federal Reserve dal «quatitative easing» è inferiore alla «perdurante preoccupazione per la situazione dell’Eurozona». «Qualsiasi cosa che avviene in Europa per noi ha un impatto diretto e di sostanza, vi sono stati sicuramente dei progressi negli ultimi mesi - sottolinea Flug - ma non tutte le nuvole si sono allontanate e dunque restiamo in apprensione».
Come dire, la nazione del boom degli start up e del mercato immobiliare in crescita dal 2008 - in coincidenza con la crisi finanziaria globale - teme le incertezze dell’Eurozona. L’ottimismo invece è indirizzato verso la Cina: «Gli scambi con Pechino e l’Estremo Oriente segnano progressi continui». L’ultima battuta è per il G20: numeri alla mano Israele dovrebbe esserci ma Flug si guarda bene dal rivendicarlo, limitandosi a sottolineare che “l’invito a partecipare non ci è ancora arrivato».