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 2014  aprile 08 Martedì calendario

RENZI INIZIA DA PALAZZO CHIGI

Una sforbiciata agli stipendi e alle collaborazioni, una vera retribuzione di risultato, un ampio giro di poltrone. «Per cambiare il Paese dobbiamo partire da qui», è la parola d’ordine di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. E ci mancherebbe che non fosse così, visti gli stipendi che vengono riconosciuti da quelle parti ai burocrati, molti pari o superiori all’immunità del Presidente della Repubblica. A Palazzo Chigi ci sono 86 dirigenti, 23 dei quali capi dipartimento, con stipendi fra i 180 e i 210mila euro. Oggi scadono i 45 giorni che la legge sullo spoil system concede per decidere che fare dei dirigenti nominati dal governo precedente. A differenza di quanto avvenuto negli ultimi anni, gran parte di loro dovrà cambiare casacca. Sulla poltrona più importante, quella del Coordinamento giuridico e legislativo, Renzi ha voluto Antonella Manzione, numero uno dei vigili urbani di Firenze e sorella dell’ex sottosegretario Domenico. Diana Agosti - moglie dell’ex sottosegretario Catricalà - passa dal Coordinamento amministrativo alle Politiche comunitarie. Sarà sostituita da Elisa Grande, in arrivo dal Bilancio. Di Bilancio si occuperà Paola Paduano, in arrivo dal dipartimento Politiche giovanili. Ferruccio Sepe lascia l’Editoria per il Cipe, Antonio Naddeo la Funzione pubblica per gli Affari regionali. Pia Marconi - vicina al nuovo segretario generale Mauro Bonaretti - viene promossa capo dipartimento alla Funzione pubblica.
La vera novità è però sugli stipendi. Finora i dirigenti di Palazzo Chigi hanno potuto contare su una retribuzione divisa grossomodo così: 40 per cento di salario fisso, un altro 40 per cento variabile, un restante 20 per cento legato al risultato. A dispetto della complicata alchimia, lo stipendio era garantito per intero: basti dire che nel 2011 e nel 2012 i premi di risultato sono stati concessi al 99% dei dirigenti per essersi convertiti all’uso dell’e-mail. Ora Renzi promette di cambiare verso. «Le nuove norme prevedono che la concessione del premio sia agganciata al risultato personale, ma anche a quello del governo nel suo complesso», spiega una fonte di Palazzo Chigi. Ci sarà un taglio della parte variabile dello stipendio di 15mila euro medi e la riduzione del 30% di tutte le collaborazioni dirette della presidenza del Consiglio.
Non è la prima volta che un premier tenta di mettere mano alla giungla delle retribuzione dei manager statali. Basti citare il caso del tentativo del governo Monti, fiaccato dalla mancata pubblicazione sul sito di Palazzo Chigi degli stipendi dei capi dipartimento. O l’aumento per quasi quarantamila euro in tre anni degli stipendi dei dirigenti con la retribuzione ancorata a quella del primo presidente della Corte di Cassazione. A Palazzo Chigi ci tengono a sottolineare che «tutto è studiato al millimetro per evitare i rischi di ricorsi». Nella giungla del diritto italiano il diavolo si nasconde sempre nel dettaglio. E cambiare verso non è facile.