Roberto Perrone, Corriere della Sera 8/4/2014, 8 aprile 2014
LA RIVOLUZIONE DI BINAGHI CHE FA SORRIDERE LA DAVIS
L’uomo che ha pacificato le racchette italiane è sardo, ingegnere e tennista per tradizione familiare. Sposato, un figlio, 53 anni, Angelo Binaghi quando viene eletto, il 21 dicembre 2000, eredita la Davis in serie B e una delle federazioni più turbolente tra quelle affiliate al Coni. A proposito, per capire il carattere dell’uomo bisogna dire che, deciso sostenitore di Lello Pagnozzi, non lesina critiche a Giovanni Malagò, ma, nei tre giorni di trionfo partenopeo, è un ospite squisito. «Siamo una delle federazioni che danno più soddisfazioni al presidente».
Un mese dopo l’insediamento, all’inizio del 2001, licenzia Paolo Bertolucci, il capitano della finale 1998 persa con la Svezia a Milano. Grande momento di sport, pessimo momento per tutto il resto. I giocatori, capitanati da Andrea Gaudenzi, arrivano a chiedere di organizzare loro l’evento, e ovviamente, di intascare i proventi. Quando Binaghi sostituisce Bertolucci con Barazzutti, tutti i tennisti, uomini e donne, tranne Santopadre e le sorelle Zanetti, firmano un grottesco diktat in 7 punti, in cui, tra l’altro, sostengono di dovere essere loro a decidere il capitano. Altrimenti non risponderanno alla convocazione. Binaghi non fa una piega, li fa deferire, mentre Barazzutti porta in una palestra finlandese il pentito Mosè Navarra, il giovane Federico Luzzi (scomparso nel 2008 per una leucemia) e l’anziano Vincenzo Santopadre. Vinciamo. Navarra ha un ritorno di follia nel playoff con la Croazia. Mentre sta vincendo il doppio, si volta verso la tribuna e fa il segno dei soldi. «Mi devi pagare». Ovviamente perde. Ora è un allenatore federale. «Come un buon padre devo essere comprensivo con i figli, specialmente con il figlio prodigo».
Comprensivo (ma dopo espiazione scritta), Binaghi stronca nel sangue tutte le rivolte. La sua forza è l’archivio. Chiunque voglia qualcosa deve mettere nero su bianco. Tra sportivi, pochi ricordano che cosa hanno firmato. Il presidente sì. Le rivolte si affievoliscono fino a scomparire, tre anni fa, e, sarà un caso, torniamo in serie A. Anche l’eroe di Napoli, Fabio Fognini, cade in tentazione, nel 2010, ma dopo il pignoramento del debito d’onore (50 mila euro) e un franco dibattito, si allinea. «Alla fine hanno capito».
Patti chiari: ai giocatori va il prize money di Davis (per le semifinali 112 mila dollari), mentre, a fine anno la Federtennis (a suo insindacabile parere) dà una serie di premi a chi si è ben portato, tenendo alto il buon nome del tennis italiano, ma anche andando almeno un giorno nei centri federali, con i ragazzi. Francesca Schiavone ha ricevuto 400 mila euro per il Roland Garros nel 2010, ma, in seguito, non è andata dai ragazzini e ha perso i 30 mila euro del Club Italia. In cambio di fedeltà, eroismo sotto la bandiera e comportamenti appropriati, i giocatori hanno, oltre ai soldi, anche un sostegno per i viaggi dei tecnici prima delle prove di Davis e tutto lo staff federale a disposizione. Non è un caso, quindi, se siamo tornati grandi all’ombra dell’Insalatiera. Stare al proprio posto è sempre l’inizio del successo.