Franco Bechis, Libero 8/4/2014, 8 aprile 2014
GAFFE DEL PREMIER: «ENI FA PARTE DEI SERVIZI SEGRETI»
Una frase buttata lì, con nonchalance, come una banalità fra le altre. «Che cosa è Eni oggi? Non soltanto è la più importante azienda italiana nel mondo. Eni è un pezzo fondamentale della nostra politica energetica, della nostra politica estera, della nostra politica di intelligence. Cosa vuole dire intelligence? I servizi. I servizi segreti». Cioè: l’Eni è un pezzo fondamentale dei servizi segreti italiani. Frase choc in sé. Un mezzo terremoto perché a pronunciarla non è stato un analista qualsiasi, ma il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi. Che il colosso dell’energia italiano potesse avere una rete di contatti ad alto livello anche in paesi di grande interesse per la sicurezza mondiale, era immaginabile. Che la rete estera dell’Eni o parte di essa fosse «un pezzo fondamentale dei servizi segreti italiani», è invece affermazione ufficiale di ben altro peso. Che dalle parti dell’azienda al momento guidata da Paolo Scaroni avrebbero preferito non sentire mai. Ma quella frase il premier italiano l’ha pronunciata in diretta tv il 3 aprile scorso quando è stato ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo. E da quel momento è sceso il gelo in molti paesi dove da anni è radicata la presenza del cane a sei zampe. Dalla Libia alla Nigeria, dal Camerun al Ghana, dalla Liberia al Mali, dalla Cina al Myanmar, dal Pakistan, all’Indonesia o al Vietnam. Dire in modo così ufficiale che dentro quelle strutture Eni potrebbe nascondersi una rete parallela dei servizi segreti italiani, nella migliore delle ipotesi mette a rischio i rapporti commerciali in quelle aree, servendo un assist formidabile alla concorrenza internazionale, nella peggiore ipotesi mette a rischio la vita degli stessi dipendenti dell’Eni. Se l’informazione data in tv dal presidente del Consiglio italiano arrivasse in certe aree dell’Africa o dell’Asia, si può immaginare come verrebbe visto il lavoro di un semplice capo cantiere dell’Eni. Non solo, ma il colosso petrolifero italiano è controllato direttamente dal ministero dell’Economia e delle Finanze con il 4,34% e indirettamente attraverso la Cassa depositi e prestiti che ne ha il 25,76%. Insieme fanno meno di un terzo dell’azionariato, che per la stragrande maggioranza è diviso fra investitori istituzionali e piccoli azionisti italiani e stranieri.
Anche importanti investitori, come la People’s bank of China che il 21 marzo scorso ha dichiarato di avere il 2,102% dell’Eni. È evidente come non sia fra i loro interessi (anzi) che il colosso energetico sia «un pezzo della politica di intelligence italiana». E per quanto per la «vox populi» la vicinanza e la collaborazione fra la rete intelligence italiana all’estero e quella dell’Eni sia cosa assodata, ben diversa è l’ufficializzazione di questo stato di cose da parte della massima autorità di governo italiana. Un po’ come se domattina nel bel mezzo delle crisi politiche di quell’area Vladimir Putin si alzasse e raccontasse la nascita di Gazprom da una costola del Kgb.
Per alcuni una semplice gaffe del premier italiano, che manca ancora di tanta esperienza. Per altri un caso politico che purtroppo già sta provocando danni all’Italia e alla sua principale azienda. Secondo Guido Crosetto «la superficialità dell’affermazione non ne diminuisce la gravità. Anche perché potrebbe essere usata da qualunque concorrente, all’estero, per bloccare contratti o gare». Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, è andato oltre, presentando una interpellanza urgente allo stesso presidente del Consiglio a cui si chiede di chiarire e possibilmente di rettificare quelle dichiarazioni dal sen fuggite davanti alla Gruber. Brunetta cita le parole testuali utilizzate dal premier durante l’intervista a La7, e nota nell’interpellanza: «L’affermazione di Renzi è inqualificabile e pericolosa, perché potrebbe lasciare intendere che il gruppo Eni ha stretti legami con gli uomini dei servizi segreti». Secondo Brunetta «si tratta di una frase sconcertante a livello nazionale e internazionale, in particolare perché rivolta ad una grande multinazionale dell’energia quotata in borsa. Le parole del presidente del Consiglio potrebbero infatti essere utilizzate da qualunque concorrente, soprattutto all’estero, per bloccare contratti o gare. Per non parlare del fatto che potrebbe addirittura configurarsi l’ipotesi di rivelazione di segreto di Stato». Il capogruppo di Forza Italia bolla quelle frasi in libertà come «una gaffe incredibile, imperdonabile anche per un dilettante». E visto che all’Eni siamo in piena partita nomine (forse oggi a palazzo Chigi ci sarà la decisione politica su tutti i cda in scadenza), per Brunetta Renzi avrebbe in quel modo quasi prefigurato «che l’attuale capo politico dei servizi, direttore del Dis, l’ottimo Ambasciatore Massolo, sia il suo candidato per la guida dell’Eni».