Giuliana Ferraino, Corriere della Sera 8/4/2014, 8 aprile 2014
LA VERSIONE DI BINI SMAGHI
Sulla famosa lettera della Bce, inviata ai governi italiano e spagnolo il 5 agosto del 2011, missiva che segna un momento centrale nella crisi del debito sovrano che in quei mesi tiene sotto scacco l’Italia, adesso arriva la versione di un insider . Lorenzo Bini Smaghi, 57 anni, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea dal giugno 2005 al dicembre 2011, racconta ora per ora i fatti visti da Francoforte nel Post Scriptum del suo ultimo libro, «33 false verità sull’Europa», pubblicato da Il Mulino e in libreria da domani.
Già nella cena alla vigilia della riunione del Comitato direttivo della Bce, «emerge una forte opposizione all’intervento della Bce sui mercati di titoli di Stato italiano e spagnolo, in assenza di un programma di risanamento concordato con le istituzioni europe e il Fondo monetario internazionale», scrive l’ex banchiere centrale, oggi presidente della Snam e visiting scholar all’Università di Harvard e all’Istituto Affari internazionali di Roma. «Senza Trichet non ci sarebbe stata aiuto all’Italia, erano in molti ad essere contrari», afferma Bini Smaghi rivelando poi che durante la riunione in teleconferenza, domenica 7 agosto, la decisione è molto sofferta, perché alcuni membri del Comitato direttivo ritengono che le risposte da Roma non siano sufficientemente specifiche, e che siano necessarie ulteriori condizioni. Alla fine la maggioranza del Comitato si convince che la decisone di non intervenire avrebbe prodotto effetti molto più negativi che l’intervento stesso. Così il lunedì 8 agosto la Bce comincia ad acquisire titoli di Stato italiani e spagnoli sul mercato.
«La lettera avrebbe dovuto restare confidenziale, renderla nota ha incrinato la credibilità, soprattutto dell’Italia», sostiene ora Bini Smaghi. Non solo. La missiva è stata «considerata da alcuni un vulnus tra istituzioni europee e nazionali», valuta l’ex banchiere. E nel libro smonta, una per una, le false verità (ne sceglie 33, come le tesi di Lutero) che attribuiscono i problemi dell’Italia all’euro e all’Europa. Inclusa quella che Bruxelles ci imporrebbe un taglio di 50 miliardi all’anno per rientrare nel fiscal compact. «È un errore. Molti non hanno letto il fiscal compact e non sanno che invece permette alcune flessibilità ai Paesi», spiega. E superare il tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil non sarebbe un tabù, «lo stanno facendo Spagna e Francia. Tutti hanno capito che la crescita non si fa a debito, ma con le riforme. Il problema, però, è fare le riforme, non solo annunciarle. Guardiamo alla Germania nel 2003: chiese più tempo per rientrare in cambio di riforme serie. Per essere credibili, prima bisogna riformare, poi chiedere».
Ancora: per sbloccare il Paese serve anche «una manovra fiscale choc». Propone Bini Smaghi: «Aboliamo d’un colpo tutta l’Irap, per far capire che l’Italia vuole essere un Paese diverso. Una tassa come l’Irap è contro il lavoro». Vale il 2% del prodotto interno lordo italiano, e nel libro spiega come trovare le coperture.