M. Antonietta Calabrò, Corriere della Sera 8/4/2014, 8 aprile 2014
IL PAPA SALVA LO IOR MA LO CAMBIA
La notizia, e anche la certezza, è che lo Ior non chiuderà. Dopo mesi di voci e illazioni — lo chiude? non lo chiude? — papa Bergoglio ha preso la sua decisione. Un bollettino della Santa Sede, diramato ieri mattina sine glossa , cioè senza commenti da parte della Sala stampa vaticana, ha reso noto che «il Santo Padre ha approvato una proposta sul futuro dell’Istituto per le opere religiose(Ior), riaffermando l’importanza della missione dello Ior per il bene della Chiesa Cattolica, della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano».
Quale proposta di riforma? Non è stata per il momento specificata. Né è stato comunicato se è stato messo a punto un nuovo Statuto o se alla base della riforma ci sono o ci saranno cambiamenti legislativi.
L’unico indizio è che «lo Ior continuerà a servire con attenzione e a fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa cattolica in tutto il mondo». Si tratta quindi di «fornire servizi» e non di gestire una parte del patrimonio del Papa e della Santa Sede, come fin qui è avvenuto in maniera mista. Il compito di gestire tutto il patrimonio (mobiliare e immobiliare) con ogni probabilità sarà assegnato all’Apsa. Ormai inoltre è chiaro che lo Ior nel sistema economico vaticano non sarà più un «solista», ma sarà incastonato dentro la più generale architettura delineata della nuova Segreteria per l’economia.
C’è un altro passaggio del bollettino che precisa l’ambito — ben definito e circoscritto — in cui dovranno essere resi i servizi finanziari: «I significativi servizi che possono essere offerti dall’Istituto assistono il Santo Padre nella sua missione di pastore universale e supportano inoltre istituzioni e individui che collaborano con lui nel suo ministero».
E questo ci fa capire le motivazioni profonde per cui Francesco ha «salvato» lo Ior. Il Papa sa bene qual è l’importanza dell’Istituto per molte conferenze episcopali e ordini religiosi che lavorano in aree geopolitiche turbolente. Il blog «San Pietro e dintorni» ha rivelato che una speciale consulenza è stata resa al pontefice dal presidente della Fabbrica del Duomo di Milano, Angelo Caloja, che per vent’anni — dal 1989 al 2009 — è stato presidente dello Ior, dopo lo scandalo del crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Il 3 aprile dell’anno scorso, incontrando Caloja in un’occasione pubblica, il Papa l’ha abbracciato, e gli ha detto: «Grazie, grazie per tutto quel che ha fatto per noi, durante il default dell’Argentina... Grazie». E in effetti lo Ior, all’epoca della grande crisi, ha salvato i fondi della diocesi di Buenos Aires. Il Papa ha detto a Caloja: «Venga a trovarmi». «Mi ha riconosciuto per quell’episodio lì, sono andato a vedere di salvare il salvabile», ha confidato Caloja agli amici.
Operativamente, sembra di intravedere due fasi. «Facendo seguito alla richiesta del cardinale-prefetto Pell»(il nuovo segretario per l’economia da pochi giorni in Vaticano), « il presidente del Consiglio di sovrintendenza, Ernst von Freyberg, e il management dello Ior porteranno a termine il loro piano al fine di assicurare che lo Ior possa compiere la sua missione come parte delle nuove strutture finanziarie della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano». Il portavoce dello Ior (che ha espresso una forte soddisfazione per la decisione) ha annunciato che ciò avverrà entro l’inizio dell’estate. Poi sarà il G8 dei cardinali a valutare.
Il rispetto degli standard internazionali antiriciclaggio rimarrà cruciale. Ma il bollettino al riguardo parla di «adeguamento sostenibile».