Massimo Gaggi, Corriere della Sera 8/4/2014, 8 aprile 2014
SARÀ GOLDSTEIN A GESTIRE 4.300 MILIARDI
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Coccolato già da anni in azienda e presentato da Larry Fink e dal direttore generale di BlackRock Charlie Hallac come uno che un giorno potrebbe guidare il gruppo, Rob Goldstein è un gran lavoratore sempre attento a mantenere un basso profilo, ma anche un perfezionista: scrive a penna con caratteri identici a quelli di una macchina da scrivere e lui stesso racconta che quando entra in un caffè Starbucks mentalmente annota dieci operazioni che il barista di turno potrebbe fare meglio, in modo più efficiente. Ad appena 40 anni di età questo manager designato ieri a succedere proprio ad Hallac, impegnato in una battaglia contro il cancro, diventa l’uomo del futuro del più grande fondo d’investimenti del mondo: un gruppo finanziario che gestisce un patrimonio di 4.300 miliardi di dollari, una cifra grosso modo pari alla somma di un anno di Pil di Italia e Gran Bretagna. Un gigante finanziario con una forte presenza nel nostro Paese e, addirittura, il principale protagonista a Piazza Affari, visto che BlackRock è primo o secondo azionista di varie grandi banche — da Unicredit a Intesa, da Monte dei Paschi a Ubi Banca — ma ha posizioni importanti anche in aziende industriali e assicurazioni, da Telecom Italia alle Generali passando per Fiat Industrial e Mediaset.
Larry Fink, l’uomo che ha fondato la società nel 1988 e che l’ha trasformata in un impero, non ha alcuna intenzione di mollare. Ma, arrivato a 61 anni di età, comincia a costruire le condizioni per una ordinata successione. Quando, domenica sera, la società ha ufficializzato un rimescolamento di carte ai vertici del gruppo, Fink ha spiegato a chi si mostrava sorpreso che i mercati lo giudicheranno non tanto per i rendimenti finanziari offerti da BlackRock quanto per la sua capacità di gestire senza scosse la transizione tra gruppi dirigenti di generazioni diverse.
Larry Fink, insomma, prepara il terreno ma resterà ancora per qualche anno il presidente e amministratore delegato del gruppo. E, se dovesse decidere per un disimpegno improvviso, con ogni probabilità lascerebbe lo scettro a Rob Kapito, il 55enne presidente di BlackRock che ha cofondato con lui la società 26 anni fa insieme ad Hallac. Ma gli anni passano e il triumvirato che governa il gruppo non può più funzionare a pieno regime: l’altra sera, nel comunicare nomine a raffica, Fink e Kapito hanno reso omaggio al loro compagno di strada Hallac «che ha continuato a lavorare con loro ogni giorno con creatività e il proverbiale buon umore», nonostante la malattia.
Ora, però, Hallac ha bisogno di più tempo per curarsi. Lascia, quindi, gli incarichi operativi. Per Fink è l’occasione per una serie di cambi al vertice: al fianco suo e di Kapito salgono, oltre a Goldstein, un’intera pattuglia di quarantenni: Mark McCombe, l’attuale capo dell’area Asia-Pacifico che subentra a Goldstein, ora promosso chief operating officer, nell’incarico di capo dell’asset management globale. Con lui crescono Mark Weidman (capo di iShares), il direttore finanziario Gary Shedlin e Quentin Price (Alpha Strategies).
Goldstein è in «pole position», ma non c’è nulla di deciso. Lo stesso Fink avverte che, prima di designare un successore il consiglio d’amministrazione vorrà vedere i risultati che questi giovani manager saranno in grado di conseguire. Un processo che, comunque, va nella direzione della stabilità nel governo del gruppo in una stagione segnata da vari, sorprendenti, corto circuiti della governance di grandi protagonisti della finanza Usa: da Pimco (la rottura tra il fondatore Bill Gross e l’amministratore delegato El Erian) a JP Morgan Chase (l’uscita di Mike Cavanagh, considerato il probabile successore di Jamie Dimon).