Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 5/4/2014, 5 aprile 2014
IL CONDANNATO AL COLLE GLI INDAGATI IN GALERA
Mi chiedo in quale altro Paese al mondo il capo dello Stato riceverebbe un pregiudicato, non una persona che qualche anno prima ha avuto una condanna e ha pagato i suoi debiti con la giustizia, ma un soggetto che è in fase di esecuzione della pena e che solo per ragioni d’età non è ancora a San Vittore. Se il capo dello Stato avesse ricevuto Totò Riina per parlare della questione mafiosa sarebbe stata la stessa cosa. E non lo dico per paradosso. Giorgio Napolitano per giustificare in qualche modo il suo “rendez-vous” con Berlusconi si è richiamato, implicitamente, a quanto disse la prima volta che incontrò il leader di Forza Italia già condannato in via definitiva: “Un’udienza che non poteva essere negata. Perché a chiederla era il capo di un partito che ha svolto un ruolo di primo piano per un periodo notevolmente lungo della vita politica e istituzionale del Paese”. E che vuol dire? Da quando in qua il consenso autorizza a compiere delitti? Se si seguisse questa logica-illogica, Berlusconi, che gode del seguito di nove milioni di voti, potrebbe uccidere sua moglie e salire lo stesso al Quirinale. Naturalmente una volta concessogli di salire al Colle Berlusconi non si è limitato a fare gli auguri di Pasqua al capo dello Stato: “O mi dai un salvacondotto, fai in modo che io non sconti la pena, o bloccherò quelle riforme cui tieni tanto”. Un ricatto al limite dell’estorsione. C’è una malattia che colpisce i vecchi, si chiama “marasma senile” e si manifesta quando un anziano non è colpito da una patologia precisa ma si dà ad atti del tutto scoordinati e non è più in grado di governare se stesso. Ecco, l’Italia è in preda a una sorta di “marasma senile”, istituzionale e morale.
NEL FRATTEMPO gli sciagurati “indipendentisti” veneti, sospettati di “terrorismo ed eversione del sistema democratico”, ma che allo stato, come avrebbe detto Di Pietro, non hanno commesso alcun atto di violenza, non solo vengono indagati, il che ci può anche stare, ma sbattuti senza tanti complimenti in galera. La gente percepisce la differenza: quelli, solo sospettati, in carcere, l’altro, già condannato, ricevuto al Quirinale. Mugugna, ma porta pazienza. Tra l’a l t ro Berlusconi è stato condannato per un reato (frode fiscale, che non è semplice evasione, ma vuol dire aver messo in piedi un’organizzazione per frodare il fisco) che dovrebbe risultare particolarmente odioso alla cosiddetta “ge n te comune” in un periodo in cui è tartassata dalle imposte e se non riga più che dritta, si trova puntato alla gola il coltello di Equitalia. Uno pensa che il cittadino dovrebbe essere incazzato a morte col superfrodatore impunito, la cui colossale evasione ricade, pro quota, sulla sua testa. Invece no. Mugugna, pazienta. Anzi in molti continuano a votarlo. È proprio vero quello che dice Etienne de La Boétie, che siamo sudditi perché vogliamo esserlo: “Com’è possibile che tanti uomini sopportino un tiranno (ma al posto del “Tiranno” si può mettere qualsiasi altro regime, perché per de La Boétie, come per Stuart Mill, ogni potere è di per sé illegittimo, ndr) che non ha forza alcuna se non quella che essi gli danno?”.
Il popolo, si sa, è bue. Paziente come un bue. Ma bisogna stare attenti a non abusare troppo della sua pazienza. Il silenzioso contadino piemontese che per quarant’anni ha zappato pazientemente la terra, subendo nel frattempo ogni sorta di angherie, un giorno, di colpo, senza alcuna apparente ragione, dà una tremenda roncolata al primo che gli capita a tiro. Perché, come dice la Bibbia, “terribile è l’ira del mansueto”.
di Massimo Fini