Chiara Affronte, l’Unità 6/4/2014, 6 aprile 2014
QUELL’OFFICINA DIETRO LE SBARRE
MENO MALE È LUNEDÌ... L’INIZIO DELLA SETTIMANA È FATICOSO PER LA MAGGIOR PARTE DELLE PERSONE CHE TORNANO a lavorare dopo il riposo del week-end. Ma non per tutti. Perché per qualcuno il lunedì inizia la libertà. Di certo è così per gli operai-detenuti della Fid (Fare impresa alla Dozza), la fabbrica metalmeccanica nata dentro il carcere bolognese due anni fa, grazie ad un’idea lodevole e unica in Italia delle aziende Gd, Ima e Marchesini group che hanno deciso di investire nel capitale umano del carcere costituendo una nuova società, la Fid, e assumendo a tempo indeterminato 13 detenuti.
Là dove c’era una palestra è nata un’officina di alta specializzazione dove si producono componenti meccaniche ad elevata tecnologia, destinati al packaging. E questa storia sta diventando un film – Meno male è lunedì, appunto – in uscita nelle sale nell’autunno prossimo, di cui firma la regia Filippo Vendemmiati, autore, tra gli altri di È stato morto un ragazzo, il film che racconta la vicenda di Federico Aldrovandi, e Non mi avete convinto – Pietro Ingrao, un eretico.
«Le prime riprese sono state molto emozionanti – racconta il regista – : sarà un film costruito soprattutto sui dialoghi, in cui una sceneggiatura di base esiste, ma di fatto è in progress perché si sviluppa soprattutto nello scambio che si svolge tra gli operai-detenuti e gli operai in pensione». «Non si muove foglia che il tutor non voglia», scherza un ragazzo detenuto nel trailer promozionale, in circolazione da una manciata di giorni. Sono 13 infatti gli operai in pensione, tra i più bravi e specializzati, che hanno risposto dalle aziende e hanno deciso di trasmettere il loro sapere a questi «colleghi»: sono dei tutor, appunto, ma tra gli uni e gli altri è nato un rapporto umano che va oltre quello lavorativo.
«Gli anziani lo dicono: “Di certo questi ragazzi se sono qui qualcosa hanno fatto; adesso a noi non interessa il passato, ma quello che devono imparare per il loro futuro”», racconta Vendemmiati.
E così, quando il lunedì mattina, le chiavi aprono la serratura dell’officina della Dozza, si dischiude anche l’unico spazio di libertà di questi detenuti che, da sei anni che non vedono un albero da vicino...
Gli operai infatti sono stati scelti tra quelli con più di 5 anni di pena, con l’obiettivo di dare una continuità al progetto. E siccome, anche dal punto di vista economico, l’officina sta andando bene, il progetto prosegue e la Fondazione Aldini Valeriani (ente legato alle omonime scuole professionali, ndr) si occuperanno della formazione di nuovi carcerati.
«Se devo andare al bar a giocare a briscola preferisco venire a passare il mio tempo qua», rivela un operaio «anziano».
«Le riprese dureranno quattro settimane – racconta Vendemmiati –, questo è l’accordo preso con la direzione del carcere che è stata da subito molto disponibile a ospitare la realizzazione del film». Di cui, le tre aziende leader mondiali dalle quali è nato tutto, sono sponsor: «Le abbiamo contattate quando alla casa di produzione (la Tomato doc) è venuta l’idea». Ed è evidente che girare un film in un carcere non è fatto comune: «Sono ovviamente sempre presenti le guardie penitenziarie che devono anche controllare che alla fine della giornata di lavoro i detenuti non portino attrezzi in cella...».
Loro hanno accettato l’idea di diventare i protagonisti di questo film, a parte i bolognesi che, inizialmente, temevano di essere riconosciuti: «Il più ritroso adesso si è trasformato nel personaggio forse più efficace del film», racconta Vendemmiati.
A fare da colonna sonora a questo racconto le musiche dei Têtes de Bois: «Solo brani senza parole, per adesso, davvero sorprendenti», rivela il regista. Che, insieme con la casa di produzione, sta anche cercando partnership che diano forza al film e permettano una presenza duratura nelle sale cinematografiche.