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 2014  aprile 05 Sabato calendario

“DAI NUOVI SOCI MPS SEGNALE DI STABILITÀ”


«La difesa dell’italianità ha fatto morire molte imprese. Credo che dobbiamo avere aziende così ben gestite che siano molto care da comprare, ma non penso certo che gli assetti proprietari vadano difesi in quanto tali». Con un parterre di azionisti che nel giro di poche settimane si è aperto tra l’altro agli statunitensi di BlackRock, ai messicani di Fintech e ai brasiliani di Pactual il presidente del Monte dei Paschi di Siena Alessandro Profumo giudica in modo positivo la nuova ondata di investimenti stranieri in Italia. A Cernobbio, a margine del Workshop Ambrosetti, spiega che «è un bene che l’Italia sia sempre più attrattiva per gli investimenti esteri».
Senza timori per gli assetti del credito, presidente?
«Le banche sono oggetti non trasferibili fisicamente. Una volta accertato che i loro azionisti sono soggetti affidabili non vedo alcuno scandalo nel fatto che siano stranieri. Quel che é fondamentale non è il passaporto di chi acquista, ma avere azionisti di lungo termine che aiutino lo sviluppo dell’azienda. Del resto nella mia precedente esperienza in Unicredit sono stato un grande investitore all’estero: ho comprato banche di 23 Paesi diversi».
Ma si compra per fiducia nell’Italia o perché siamo in vendita a prezzi da saldo?
«Perché siamo a buon prezzo e perché siamo in un punto di svolta del ciclo economico, con valori ai minimi. Purtroppo le banche fanno un lavoro fortemente legato al Pil. E visto che il Pil è calato dell’8% dall’inizio della crisi questo si riflette anche sulla valutazione dei titoli del settore».
In poche settimane l’azionariato di Mps si è rivoluzionato. La Fondazione, socio di minoranza, e molti nomi nuovi a libro soci che ovviamente sottoscriveranno il prossimo aumento di capitale. Che giudizio dà di quanto è avvenuto?
«Che la banca è appetibile perché evidentemente se qualcuno compra ritiene che Mps valga la spesa e crede nel progetto che abbiamo presentato. Il fatto poi che la Fondazione abbia stretto un patto, con la clausola di mantenere le azioni per un periodo di tempo, con i soci latinoamericani, ci dà un segnale di stabilità. E avere azionisti stabili è un’altra condizione importante per poter realizzare il piano industriale che abbiamo presentato alla commissione europea. Credo che sia qualcosa di positivo».
Questo cambio di azionariato porterà anche a un cambio di vertici? Il nuovo patto parasociale prevede che sia Fondazione Mps a esprimersi sul presidente...
«Non mi sono per nulla interessato a questo aspetto. Non è un tema all’ordine del giorno visto che l’assemblea che dovrà eleggere il consiglio d’amministrazione si terrà nel 2015. Credo invece che sia essenziale per il bene della banca che ci siano dei meccanismi di stabilizzazione della squadra manageriale, ossia l’amministratore delegato Fabrizio Viola e i suoi collaboratori, perché sono una squadra molto forte e capace che ha presentato il piano e ha dimostrato di saper realizzarlo, visto che i dati a fine anno sono migliori di quelli del piano».
La decisione di rimandare l’aumento di capitale da 3 miliardi a maggio, come chiedeva la Fondazione Mps per liberarsi di parte della sua quota, pare adesso essere stata quella giusta. Lei chiedeva invece un aumento in tempi più rapidi. È stato un errore, il suo?
«Non metterei la cosa in questi termini. Se ritornassimo indietro rifarei le stesse cose. La decisione del consiglio d’amministrazione della banca, perché di quello si trattava e non di una decisione di Alessandro Profumo, è stata quella di minimizzare i rischi. Nessuno poteva prevedere a dicembre che i mercati sarebbero stati così positivi come poi sono stati. È troppo facile dare giudizi con il senno di poi».
Con la nuova compagine azionaria cambierà il modo di fare banca?
«Credo proprio di no. Chi ha investito lo ha fatto appunto sulla base del piano industriale che abbiamo presentato. Quando i nuovi investitori avranno ottenuto l’autorizzazione della Banca d’Italia potremo aprire un dialogo per capire quale è il loro punto di vista».
Nell’ultimo trimestre del 2013 avete fatto rettifiche sui crediti sostanziose. Questa stagione è finita?
«Le rettifiche le hanno fatte un po’ tutte le banche. Di certo dal momento in cui il Pil inverte segno, come è avvenuto, a quello in cui questo dato si riflette sulle partite problematiche, passano di norma tra sei e dodici mesi. Oggi vediamo il rallentamento nella formazione di partite problematiche ma anche qui dobbiamo arrivare a un’inversione di tendenza. Comunque, su questo aspetto, il mercato considera molto prudente il nostro piano».
Alla luce dell’arrivo di nuovi soci che sottoscriveranno l’aumento e della congiuntura favorevole non ci sono riflessioni sull’opportunità di accrescere la capienza del vostro aumento di capitale?
«Oggi abbiamo una delibera del consiglio per un’operazione al massimo da tre miliardi che può partire dal 12 maggio. Punto.».
Francesco Manacorda