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 2014  aprile 06 Domenica calendario

LE SFIDE DELLE ELEZIONI PIÙ GRANDI DELLA STORIA


L’unica nazione che dà nome a un oceano, l’India, va a elezioni dal 7 aprile al 16 maggio. Un terrestre su sei è indiano. Saranno le più grandi elezioni mai tenutesi nella storia: 814 milioni di elettori e quasi un milione di seggi allestiti nei 28 stati della Confederazione; circa mille i partiti (39 attualmente in Parlamento). La platea di elettori che va per la prima volta al voto è pari alla somma della popolazione di Francia e Italia. Per puntare alle elezioni più partecipate della storia, cercando di limitare al 30% il non voto, le istituzioni hanno introdotto, per la prima volta, la possibilità di esprimere con il non voto (elettronico) una contrarietà all’offerta dei partiti.
Le elezioni sono una tappa importante per quella parte del mondo che può esprimere democraticamente il voto e per la stessa democrazia rappresentativa. La finanziarizzazione della politica dovuta a costose campagne elettorali e l’emergere di leader mediatici e persuasori sono tratti ricorrenti anche nella politica indiana, oggi rivolta alla dimensione delle città boomers, più che all’India dei villaggi. Le previsioni sull’esito elettorale di questo ampio spaccato planetario sono altamente inaffidabili. Il rallentamento negli ultimi anni della crescita economica, l’inflazione galoppante (7%), la svalutazione della rupia, gli scandali di corruzione potrebbero portare al successo il partito d’opposizione, il Bharatiya Janata Party. Il partito del Congresso di Sonia Gandhi negli ultimi vent’anni ha perso la metà degli elettori e il suo candidato Rahul Gandhi è sceso in campo senza convinzione. La vittoria del Bjp potrebbe però essere messa in forse dal suo leader, Narendra Modi, governatore del Gujarat. Nazionalista radicale e gran comunicatore, dieci anni fa si è macchiato di accondiscendenza a favore dei nazionalisti hindu che avevano provocato mille vittime tra i musulmani. I liberali e le minoranze religiose sono preoccupati del nazionalismo hindu di Modi. Comunque, nessun partito dal 1989 è stato in grado di raccogliere da solo la maggioranza e saranno importanti i partiti minori per formare il governo. Molto dipenderà, a esempio, dal partito dell’Uomo qualunque di Arvind Kejriwal, un leader popolare per le battaglie contro la corruzione.
Gigantesca e policentrica l’India dei contrasti - del sopravvissuto e della crescita - a sei decenni dall’indipendenza, ha vinto la sfida più importante: rimanere una democrazia unita nonostante le diversità (oltre 15 le lingue). È anzi diventata uno dei paesi del mondo con crescita più rapida, soprattutto dopo la scelta, oltre vent’anni fa, di liberalizzare l’economia, anche a rischio d’aumento delle differenze territoriali e sociali. L’India di oggi può vantare il primato della conoscenza: un terzo degli ingegneri di software al mondo è nato in questo paese. Alle elezioni però non vanno solo i pezzi di società che assomigliano al primo e al secondo mondo, ma anche quelli che appartengono al "mondo degli ultimi". Dagli anni 70, quando Pasolini scrisse L’odore dell’India, la povertà è stata dimezzata, ma in Orissa e in Bihar interessa ancora metà della popolazione. La società indiana è sempre più polarizzata, non solo in quanto a caste e classi sociali, ma anche in termini territoriali, con differenze di cinque volte tra i pil pro-capite dei vari stati. Tra i dalits, gli intoccabili, tre su quattro sono poveri. Il 38% di chi sopravvive nel mondo con meno di un dollaro è indiano. Il 43% dei bambini malnutriti al mondo è indiano. E il 68% di lebbrosi. L’istruzione e la sanità si sono diffuse, ma non in modo uniforme. La condizione della donna è minacciata un po’ ovunque sul territorio nazionale e il feticidio femminile resta diffuso. La corruzione appesantisce una cattiva gestione delle risorse e le lungaggini burocratiche sono proverbiali, anche nella giustizia, come dimostra la vicenda dei nostri due marò. Ma il cammino pacifico di questo gigante, per quanto confuso e contrastato, è un successo per il mondo democratico.