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 2014  aprile 06 Domenica calendario

LA RIVOLUZIONE 3D


«Santo Steve Jobs disse una volta che il computer è una bicicletta per la mente... Anche noi volevamo inventare una bicicletta per la mente degli studenti, uno strumento che permettesse loro di creare strumenti interattivi imparando quello che serve dell’ingegneria elettronica». E ci sono riusciti, anche se dalle nostre parti non lo sono in molti a conoscere quella scheda elettronica su cui c’è stampato il nome Italia «tanto per spiegare che si può far tecnologia anche da noi e che a Ivrea c’è una filiera che ti permette certe cose...», sottolinea Massimo Banzi, genio lombardo già entrato nella leggenda, grazie ad Arduino. Sì, alzi la mano chi sa cosa o chi sia Arduino. I più secchioni ricorderanno Arduino d’Ivrea, re d’Italia all’alba del primo millennio in quel di Ivrea. Ma pochi, se non pochissimi degli esperti che invocano un giorno sì e l’altro pure la necessità di una politica industriale, citeranno la scheda elettronica che può stare stare nella mano di un neonato così battezzata in un bar di Ivrea giusto mille anni dopo dal team di Banzi e che oggi conta 200 distributori in 48 Paesi. «Arduino oggi è in 6.000 negozi negli Usa – annuncia Banzi – Ogni americano ha un negozio con Arduino a meno di un miglio da casa». Impossibile tradurre in fatturato questo tesoro perché il team di Banzi «progetta e basta, a produrre e al resto ci pensano gli altri in tutto il mondo».
INCALCOLABILE
Il risultato, però, è quasi incalcolabile. Un qualsiasi maker, cioè un artigiano (o un industriale) della produzione in 3D, vi dirà che tutto, una piattaforma per missile o un semplice elettrodomestico, sarebbe stato molto più difficile senza l’invenzione di Banzi, lombardo dal fisico extralarge: un piccolo computer, di bassissima potenza, molto semplice, dalle dimensioni di una carta di credito: lo stesso tipo di computer che si trova, ad esempio, in un forno a microonde, o in un telecomando, progettato per essere facile da conoscere e da programmare ovvero, come si legge sul Financial Times, «il mattoncino del Lego per chi si occupa di elettronica messo a punto da un gruppo dell’Interaction Design Institute di Ivrea per consentire alla gente di costruire gli oggetti elettronici che ha pensato». E l’Ft si è spinto a prevedere per Arduino risultati simili a Scratch, la piattaforma dell Mit per insegnare l’elettronica facile: 2 milioni di iscritti, più di 4 mila manufatti nel giro di un paio d’anni.
DIECI ANNI
Sembra impossibile che una scoperta del genere non sia nata in una delle università (vedi l’Mit, Cambridge, Stanford e così via) ove Arduino è applicato in mille modi. Ma ancor più impossibile che, una volta nata l’idea, sia stata possibile svilupparla nel Bel Paese, negli anni del grande declino industriale e della fuga dei cervelli. Eppure, racconta lui, quando nel 2004 (Arduino ha compiuto i dieci anni il 29 marzo scorso) Banzi ha cercato di dar vita ad una produzione di massa del suo circuito ha fatto una scoperta: «Ho cominciato a girare per Ivrea per cercare chi faceva i circuiti stampati e li montava, e mi sono accorto che lì c’è una specie di Silicon Valley che va da Strambino 510 chilometri più in là». Lì trova chi «fa i circuiti, chi li monta, chi fa le macchine per fare i circuiti». Insomma, l’industria, nonostante il grande deserto lasciato dall’Olivetti targata De Benedetti e poi Telco (che si poi è preoccupata di chiudere la scuola in cui è nato Arduino...) c’era ancora. E Banzi, dopo aver conosciuto in un’azienda del posto l’ingegner Gianluca Martino («una delle persone più brillanti che abbia mai visto») ha potuto dar vita in Italia ad una pazza impresa di quelle che fanno la leggenda di Silicon Valley. E che ha figliato, due anni fa, le Officine Arduino di Torino che, per il compleanno, hanno fatto festa a modo loro: la costruzione in giornata di una lavagna elettonica multimediale open source. Anche in questo caso un progetto tutto italiano.