Marco Zatterin, La Stampa 6/4/2014, 6 aprile 2014
COHN-BENDIT DICE ADDIO ALLA POLITICA CON UNA FESTA
«Dany il Rosso» lascia la politica attiva con una festa. Europea, ovviamente. Aperta a deputati, amici, intellettuali, militanti, simpatizzanti verdi e no, a chiunque fosse alla ricerca d’una emozione in qualche modo politica. Venerdì Daniel Cohn-Bendit, giovane stella del ’68 europeo e poi del movimento verde, ha compiuto 69 anni, come la pace nel vecchio continente. Sul palco del Flagey, ieri, se l’è presa con la staticità della passione a dodici stelle e con la «stupida scelta» tutta simbolica che ha impedito all’Inno alla Gioia d’entrare nei Trattati Ue. Lo ha fatto eseguire. Si è alzato e tutti, lentamente, uno dopo l’altro, si sono alzati con lui. Qualcuno cantava. Era l’emozione che inseguiva.
Fuori suonava una rumorosa e allegra brigata di percussioni e fiati, in serata ha chiuso Goran Bregovic con la Wedding & Funeral Band. «Con Dany fuori dal Parlamento ci sarà meno emozione», ha detto Emma Bonino, radicale, «europea determinata» fra l’altro, prima che la parola contagiasse molti. «Preoccupa più la mancanza di determinazione della politica “mainstream” che l’onda euroscettica», ha aggiunto.
Mentre l’ex ministro verde tedesco, Joschka Fischer, si chiedeva «come mai gli europeisti non attacchino frontalmente gli scettici», definiti «forti» perché «cavalcano le emozioni». Rieccole. «Si deve dare emozione all’Europa», era l’appello per la svolta. Senza Dany sarà più difficile, «ma il sogno continua», assicura la co-presidente dei Verdi europei, Monica Frassoni.
Cohn-Bendit ha deciso di non ricandidarsi alle elezioni di maggio, dopo vent’anni di Parlamento europeo ha detto basta. È almeno un anno che è determinato a farlo. Nato in Francia da una famiglia tedesca scappata durante il nazismo, fu anima della protesta di fine Anni Sessanta a cavallo fra Francia e Germania, prima di unirsi ai verdi a metà Anni Ottanta. Ora lascia per dedicarsi alla scrittura, alla radio e a un film sul Brasile.
Europeista convinto, s’è conquistato i consensi con discorsi appassionati e ricchi di polemica. Ieri non è stato da meno. Ha invocato un bilancio comunitario arricchito tassando le transazioni finanziari e gli utili sulla telefonia anche smart, così da avere abbastanza soldi per aiutare i deboli e sostenere il progresso. Quello dell’Inno alla gioia è stato un colpo di teatro degno della sua fama. Messo in scena con lo spirito di chi lascia e si prepara al tempo stesso a un addio lungo. Sempre che tenga veramente fede al suo proposito.