Giordano Tedoldi, Libero 5/4/2014, 5 aprile 2014
«PIÙ SOLDI IN BUSTA, BASTA COL NERO» LA LOTTA DEL SINDACATO SACRESTANI
Professione sacrestano, o sacrista che dir si voglia e noi opteremo per la prima dizione, più elegante. Molti non sanno nemmeno chi sia, quali i suoi compiti, lo confondono col sacerdote del quale invece è il factotum (e sono molto pochi i sacrestani che prendono la via del sacerdozio). In chiesa il sacerdote dice messa, il sacrestano spolvera e mette in ordine il calice, l’ampolla e impila i santini. Non parla mai, si muove a capo chino, ha il fascino defilato della spalla. Ma pur sempre la spalla del Signore.
Quasi nessuno sa che il sacrestano è inquadrato da un contratto collettivo nazionale: per il 2013 erano 1260 euro mensili per 44 ore settimanali distribuite su sei giorni, più tredicesima (nella Diocesi di Milano pure la quattordicesima), un mese di ferie e 10 giorni di congedo per esercizi spirituali e aggiornamento professionale. Proprio in questi giorni i sacrestani sono impegnati in una vertenza per il rinnovo del contratto, e il 12 marzo scorso Maurizio Buzzolan, presidente della Federazione italiana Unioni Diocesane Addetti al Culto Sacristi in breve (si fa per dire) Fiudac/s cioè il sindacato dei sacrestani, è stato a Roma per discuterne con la Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia, in breve Faci. Ma dopo aver «intavolato la piattaforma contrattuale» il sindacato in questione non «ha ricevuto soddisfazione» alle sue richieste, quindi se ne riparlerà al prossimo incontro.
NON È UN MISSIONARIO
In effetti potrà pure far accapponare la pelle sentire il gergo sindacalese imperversare anche in questioni inerenti il servizio religioso. Ma il sacrestano non è un missionario, è un impiegato con precisi compiti materiali, anche se deve attenersi a contegno e riservatezza e per dire, quelli che allungano l’orecchio durante le confessioni sanno che possono essere licenziati «per diffusione di notizie riservate, conosciute in ragione di servizio, riguardanti l’attività pastorale e il ministero sacro svolto nella chiesa». Peraltro, nella maggior parte dei casi come sostiene lo stesso Buzzolan i sacrestani sono pensionati o lavoratori in nero, che dunque possono essere allontanati a discrezione dal sacerdote. In questo senso, si parla complessivamente di circa 18mila volontari, e solo 2mila regolarmente assunti. Un esempio: secondo le cifre fornite dalla Fiudac/s, in Lombardia sono 240 i sacristi di professione (il 70% uomini, il 25% stranieri, età media 45 anni) in altrettante parrocchie, per lo più cittadine. Mentre le altre 2.830 utilizzano per l’appunto i volontari: pensionati, il 60% donne, età media sui 70 anni.
Inoltre come le campane autentiche, in bronzo, ormai sostituite da petulanti scampanate sintetizzate anche per i sacrestani c’è il rischio dell’estinzione, a causa della crisi di vocazioni. Se da tempo c’è penuria di vocazioni apostoliche, figurarsi tra coloro che il sacerdote lo devono assistere. Qualcuno lo considera addirittura un lavoro al capolinea: Maurizio Liani, presidente dell’Unione Diocesana Sacristi del Friuli, circa un mese fa era sul punto di sciogliere l’associazione per mancanza di iscrizioni e di partecipazione alle attività. «Non c’è ricambio», ha dichiarato al Gazzettino. Quanto ai giovani, «sarebbero interessati, ma vorrebbero uno stipendio. Qualche parrocchia dà qualcosa, ma altre non hanno le possibilità economiche. Un sacrestano da contratto viene a costare quasi 22mila euro all’anno e molte parrocchie non possono far fronte all’impegno. Si cercano volontari, ma nessuno si offre, per-
ché è un impegno e la domenica tutti vogliono essere liberi. Lo dico sempre: quando finiamo noi, quei vecchi che ci sono, si chiuderà».
TRE-SEI MESI DI PROVA
Ma chi sentisse la chiamata, come fa a diventare sacrestano? Passando un periodo di prova dai tre ai sei mesi per valutare l’intensità della vocazione, poi si seguono gli incontri di formazione organizzati dalla diocesi. Bisogna essere ovviamente disposti a rinunciare al riposo domenicale, che al contrario è il giorno in cui si lavora più duramente anzi, in genere i giorni clou son proprio quelli in cui tutti sono in festa ma in fondo «anche i medici e gli infermieri lo fanno», come ha riferito Bruno Silini, ex trasportatore divenuto sacrestano e poi anche segretario nazionale della federazione sacrestani, a un’inchiesta di Famiglia Cristiana. E dunque disporre i paramenti per la comunione, suonare le campane se per caso si fosse in una delle poche fortunate chiese che ne hanno ancora, altrimenti mettersi al computer e lanciare il programma che le fa suonare al momento opportuno, distribuire gli opuscoli con gli inni e il vangelo domenicale, sorvegliare gli arredi, anche se i sacrestani non ne sono responsabili in caso di furto, dato che tutte le parroc-
chie sono assicurate. E anche compiti più pedestri quali riscaldamento, illuminazioneeaerazione della chiesa, la pulizia degli oggetti sacri, il conteggio delle offerte. E comunque, anche se il compenso è esiguo e magari in nero, si ha spesso la casa assicurata. Ragion per cui, specie tra i giovani, alcuni si candidano senza predisposizione. Perché è così: la crisi degli alloggi è addirittura più urgente di quella delle vocazioni.