Tonia Mastrobuoni, La Stampa 7/4/2014, 7 aprile 2014
ACHTUNG ! SCRITTORI BAMBOCCIONI
Non è affatto pentito delle cose che ha scritto, anzi. Florian Kessler è «felice» di aver scatenato una discussione accesa sulle pagine culturali dei giornali e settimanali che nel frattempo, attraverso i social media, si è allargata a un dibattito pubblico sulla qualità della letteratura contemporanea tedesca. In parte, però, è anche degenerato, per colpa dell’intromissione di «provocatori di professione», sostiene il giornalista e scrittore di Heidelberg, in discussioni collaterali piuttosto oziose sulla legittimità o meno della letteratura dei migranti su temi tedeschi. Ma procediamo con ordine.
A fine gennaio Kessler pubblica sulla Zeit un divertentissimo articolo in cui accusa la letteratura tedesca di essere diventata «conformista» e di non avere più nulla da dire. Il primo problema, riassume al telefono da Monaco, è che molti scrittori come Juli Zeh, Thomas Pletzinger, Nora Bossong provengono da famiglie ricche e scrivono «romanzi ombelicali, borghesi, da “scrittori che ci provano”, ma lontani dalle cose davvero interessanti che avvengono nella società. Ovvio che ci sono anche esempi positivi, ma questo fenomeno di una scrittura tranquilla, rassicurante, vuota è davvero una corrente importante della letteratura contemporanea».
Il secondo problema è che Kessler non ha dovuto esattamente «buttare giù con l’accetta la porta per entrare nell’ambiente letterario», come ha scritto nell’articolo di un mese e mezzo fa. Un ambiente notoriamente iper sovvenzionato: «Mi sono praticamente fatto cadere in tutta la mia lunghezza nella stanza numero J305 dell’Università di Hildesheim e da lì sono approdato a una vita da possibile giovane autore», raccontava nell’articolo. Bisogna eliminare le sovvenzioni, tornare alle mansardine bohémienne dove si muore di fame e di freddo? «Certo che no, però il dibattito spero che serva a mettere a nudo certi meccanismi malati che dominano ormai l’ambiente».
Un problema sono ad esempio le scuole di scrittura come Hildesheim o Lipsia, dove «studi insieme con figli di professori, di medici e, ancora, di professori e medici», che creano romanzi mortalmente noiosi. Per Kessler «la storia del successo delle scuole di scrittura tedesche è la storia del dominio di un determinato milieu», fatto di medici, studiosi, manager, insomma delle élite borghesi. E crea una letteratura di «bamboccioni» sulla quale Kessler, ma anche molti altri che gli hanno replicato a distanza, sono effettivamente critici.
Inutile obiettare, ad esempio, che le scuole di scrittura americane abbiano prodotto capolavori e fatto emergere autentici geni: «Anche io ho fatto la scuola – scandisce al telefono – ed è ovvio che negli Usa ne sono emersi dei geni. Il problema, però, è quando cominci a ragionare “market-oriented” già a vent’anni. Una volta nelle scuole superiori avresti studiato soltanto letteratura, adesso gli studenti sono già in contatto con agenti, editori che li educano a soddisfare le ragioni del mercato. Inoltre c’è poca osservazione sociale. Molta letteratura contemporanea tratta di problemini della grande borghesia. Sono romanzi piccoli». E il cuore dell’accusa dello scrittore trentatreenne è che «il mercato letterario è cambiato molto, negli ultimi anni. È finito del tutto in mano agli agenti, agli editori e alle catene di librerie. Ed è sempre più complicato scrivere, se non appartieni a questi ambienti».
Tra i tanti che gli hanno replicato, il più rumoroso è stato un noto polemista convinto da vent’anni che la letteratura tedesca sia diventata inutile: Maxim Biller. «Oh sì – commenta Kessler – la reazione di Biller, che si è schierato dalla mia parte, mi ha reso infelice. Ha confermato la sua indole di provocatore di professione, ha scritto cose che non condivido affatto». La tesi centrale dello scrittore russo, nato a Praga e cresciuto in Germania, è che anche i migranti si sono adeguati al conformismo dominante, anche loro scrivono piccoli romanzi tedeschi, mentre dovrebbero concentrarsi sulle loro origini, raccontare le loro storie personali. Quando le menzionano, sostiene Biller, diventa spesso solo un dettaglio colorito e folkloristico, da «letteratura da Capanna dello zio Tom», ha tuonato sulla Zeit.
«Biller muove una critica assurda – replica Kessler – perché il contrario di una letteratura ombelicale non è questo. Non si può ridurre i migranti alla loro “migrantitudine”, è ridicolo». All’obiezione che molti scrittori tedeschi, ad esempio dell’Est, abbiano anche scritto dei capolavori – uno per tutti La torre di Uwe Tellkamp – Kessler risponde che «è vero, ci sono delle eccezioni e molta buona letteratura e poesia è venuta dalla Germania Est. Ma a me preme dibattere su come funziona la “fabbrica” dei libri. E sono felice che lo stiamo facendo».