Armando Torno, Corriere della Sera 7/4/2014, 7 aprile 2014
«IO CHE HO SERVITO I DUE PAPI SANTI VI RACCONTO CHI ERANO»
Incontriamo a Roma il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura e di quello per il Dialogo Inter-Religioso. Ha lavorato con Giovanni XXIII e con Giovanni Paolo II, i due Papi che saranno santificati il prossimo 27 aprile. Di entrambi ha un ricordo vivissimo. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Eminenza, quando entrò in contatto con papa Roncalli?
«Nel 1959 mi chiamarono a Roma, alla Segreteria di Stato. Ero un giovane sacerdote preparato per fare il cattedratico. Mi ero laureato all’Institut Catholique di Parigi e poi alla Sorbona. Poteva essere un’esperienza di qualche mese ma una sera il sostituto mi chiamò e pronunciò queste parole: “Il Papa ti vuole”. Giovanni XXIII mi ricevette in biblioteca e si fece raccontare la mia storia. Poi si alzò, mi prese le mani e disse: “Tu sei un giovane sacerdote e io un vecchio Papa. E se vuoi servire la Chiesa non puoi rifiutare il tuo aiuto”».
Lei quindi rimase...
«E come potevo disobbedire al Papa? Cominciai a lavorare alla Segreteria di Stato. Donai a Giovanni XXIII le mie tesi di laurea e lui trovò il tempo per leggerle. Mi disse: “Quando avevo la tua età ero anch’io appassionato alla storia della Chiesa”. Era molto alla mano. Né possiamo dimenticare che fu un vero genio della comunicazione. Durante la visita alla Santa Sede della figlia di Krusciov e del marito, li conquistò dicendo che avrebbe pregato per i loro bambini (se ne fece dare il nome); anzi con la signora usò un’espressione che partiva dalla Genesi, mettendola subito a suo agio: “Dio fece la luce e io vedo luce nei suoi occhi”. Insomma, colpiva l’immediatezza, la semplicità. Paolo VI parlò di “Santa ingenuità”. Un giorno si rivolse a me chiamandomi “Caro monsignore”, e io subito replicai: “Santità non sono monsignore”; e lui: “Abbia pazienza, qui tutti lo diventano”. I romani, allorché il Papa cominciò a uscire dal Vaticano, lo chiamarono “Giovanni fuori le mura”».
Si attendeva da tempo la sua santificazione...
«Non vorrei contraddirla, ma tutti lo considerarono subito santo. Era il 4 giugno del 1963, l’indomani della sua morte. Fui chiamato per dare la mia testimonianza alla tv francese e presi un taxi, di corsa, per recarmi alla Rai dove si sarebbe effettuato il collegamento. Il conducente mi disse, vedendomi uscire dalla Segreteria di Stato: “Papa Giovanni, papa buono, papa santo”. Era una delle infinite voci comuni. Anche i vescovi, durante la ripresa dei lavori del Concilio, desideravano proclamarlo santo per acclamazione. Fu Paolo VI a indicare la via abituale. Il cardinale Léon-Joseph Suenens, arcivescovo di Bruxelles, ebbe l’incarico di ricordarne la figura dinanzi ai padri conciliari e utilizzò parole evangeliche. Disse: fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni, e come Giovanni il Battista la sua missione fu breve, interrotta dalla morte; la sua santa memoria resterà come benedizione per i secoli futuri».
Il suo ricordo...
«... è ancora vivissimo. A Istanbul c’è una via a lui dedicata e quando ci fu la cerimonia, una decina d’anni fa, ero presente. Il capo della comunità ebraica disse: “Nel nostro calendario non sono previsti santi, ma se ci fossero metteremmo subito papa Roncalli”. Né dobbiamo dimenticare che alla sua morte in Vaticano giunsero migliaia di lettere di musulmani, di agnostici e di ebrei che offrivano le loro preghiere per lui. Alcune le lessi nell’intervista alla tv francese».
Giovanni Paolo II l’ha creata cardinale...
«...nel 1985. Lo conobbi molto tempo avanti, anzi lo incontrai la prima volta, arcivescovo di Cracovia, a cena a Roma. Mi disse: “Ma cosa fanno in questa misteriosa Segreteria di Stato?”. Poi lo rividi all’Università Cattolica di Lublino, al tempo in cui ero rettore dell’Institut Catholique di Parigi. Quella volta — eravamo a teatro — mi confidò che anch’egli da giovane “faceva teatro”».
Dovette essere un pontefice di polso...
«Sì, lo era, ma aveva anche un dono raro: non sopportava né i cortigiani (c’era sempre qualcuno pronto a lodare le sue poesie), né le insinuazioni; anzi quando ne udiva qualcuna aveva uno scatto fisico di fastidio. Credeva nella virtù di ascoltare con pazienza. E poi, mi sia consentita una battuta: Giovanni Paolo II provava una santa indifferenza dinanzi ai fumi dell’incenso! Concludo ricordando che non sistemava i discorsi a seconda della persona che aveva davanti, ma esprimeva quel che sentiva, senza precauzioni. E poteva proferire giudizi taglienti: per esempio, mi disse che le decisioni di Yalta furono una profonda ingiustizia. Parlando di Gorbaciov affermò che avrebbe dovuto cambiare il sistema senza cambiare di sistema».
Scusi eminenza, ma papa Wojtyla ha dato vita al Pontificio Consiglio della Cultura e ha scelto lei...
«Vorrei ricordare come sono andati i fatti. Ricevetti Sua Santità a Parigi il 1° giugno 1980 e lo accompagnai l’indomani all’Unesco dove, tra l’altro, dichiarò che la Polonia, radiata dalla carta geografica d’Europa dai suoi potenti vicini, poté sopravvivere nei secoli soltanto grazie alla sua cultura. E la cultura, sottolineò, è la realtà che unisce tutti gli uomini. Tre settimane dopo mi chiamò a Roma per sostituire il cardinale König all’allora segretariato per i non credenti. A pranzo mi chiese: “Come vedi la cosa?”. Risposi richiamandomi a Paolo VI: per dialogare bisogna avere un terreno comune: il primo dialogo, con i cristiani non cattolici, ha il Vangelo; il secondo, con i credenti non cristiani, la religione; il terzo, con i non credenti, la cultura. Da lì si mosse qualcosa. Ci pensò e poi nacque il Pontificio Consiglio per la Cultura, accanto al segretariato per i non credenti».
La sua santità invece è stata rapida...
«Per me Giovanni Paolo II resta un pozzo di preghiera, un uomo di Dio. Una volta, durante una colazione, gli dissi che suor Beatrice, che mi aiutava, avrebbe dovuto affrontare un’operazione grave. Il Papa smise subito di mangiare e si raccolse in preghiera. L’intervento riuscì pienamente».
La casa del cardinale è piena di libri. Sul tavolo, uno, in francese, ha come titolo Au coeur du Vatican (edizioni Perrin/Mame). Anche in tal caso si va da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II. Aggiunge sua eminenza: «Non l’ho scritto appositamente. È uscito nel 2003».