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 2014  aprile 05 Sabato calendario

VERRATTI PATRIMONIO NAZIONALE

Nel prestigioso ateneo della Champions League c’è un ragazzo di 21 anni che con la maglia del milionario e ambizioso Paris Saint Germain sta superando ogni esame con lodi e complimenti. E i professori, colleghi o avversari che siano, sono tenori come José Mourinho o Zlatan Ibrahimovic. Marco Verratti, l’intuizione di Leonardo valorizzata da Ancelotti, rischia però di non poter affrontare la prova più ambita, quella del Mondiale in Brasile, nonostante il ruolo di portabandiera italiano ai vertici europei.
La netta vittoria sul Chelsea di mercoledì dimostra che il Psg in generale e Verratti in particolare sono all’altezza dei migliori.
«Sappiamo ormai di essere una grande squadra. Tre gol al Chelsea di Mourinho non sono niente. Ci hanno messo in difficoltà nel primo tempo, ho subìto molto il pressing e perso qualche pallone di troppo, ma nella ripresa il nostro tecnico Blanc ci ha spiegato che l’unico modo per vincere era giocare come sappiamo. Aveva ragione. Ma restano 90’ e in fin dei conti a questi livelli anche un 3-1 può essere considerato soltanto un piccolo vantaggio. Sarà una guerra».
Meglio il Real Madrid di Ancelotti subito o in finale?
«Sto a Parigi, ma sono italiano e scaramantico. Pensiamo al Chelsea».
A fine gara Mou ha confessato di aver studiato una gabbia per neutralizzare lei e Thiago Motta.
«Se lo dice Mourinho vuol dire che sto forse lavorando bene. Ma il pericolo vero è quello della squadra».
Ibrahimovic le ha attribuito «classe mondiale», anche se manca d’esperienza in Europa.
«Ibrahimovic è un vero amico. Con lui c’è un rapporto speciale, mi sta vicino fin dai primi mesi. Gli devo molto».
Che cosa le insegna?
«Tra le mille cose, direi la rabbia di vincere. Se perde solo una partitella in allenamento si incazza. Questo ti spinge a dare il massimo, anche per non farlo incazzare».
Dal capitano Thiago Silva cosa impara?
«La capacità di gestire con lucidità ogni pallone, per cominciare l’azione dalla difesa, con calma e intelligenza».
Al suo fianco c’è poi Thiago Motta.
«Con lui c’è intesa naturale e imparo a crescere. È la mia banca: posso dargli qualsiasi pallone e lo mette al sicuro».
C’è chi le rimprovera di prendere troppi rischi, con giocate o dribbling inutili.
«Lo so, è la critica che mi viene mossa da sempre. Il problema è che questo difetto è anche il mio pregio. Gioco così. L’ha capito anche Blanc che non mi censura, ma mi chiede di valutare meglio il rischio. Devo migliorare nell’analisi del rischio, ma ci sto lavorando».
Blanc dice pure che prende troppi gialli.
«Vero, ma non sono cattivo. Faccio tre falli a gara, ma posso migliorarmi anche su questo».
E non ha mai segnato con il Psg.
«Preferisco mandare in gol i miei compagni. Al Psg c’è gente che sa segnare più e meglio di me».
In 2 anni al Psg, com’è cambiato Verratti?
«In campo ci vado sempre con lo spirito di quando giocavo con gli amici. Per me il calcio resta un divertimento. È stupido mettersi pressione. Anzi, la pressione deve essere uno stimolo. Poi, qui è come all’università. Mi sto perfezionando, tocco meno palloni, ma meglio. Cerco di essere più essenziale, prendendo spunto da tutti i miei colleghi».
Verratti nuovo Pirlo. Etichetta scomoda?
«Assolutamente no. Pirlo è il mio idolo, voglio diventare come lui e ci lavoro ogni giorno. Quando sento questo paragone sono orgoglioso perché è forse la prova che sto facendo bene».
Però in Nazionale può diventare un problema, perché un Pirlo c’è già e Prandelli dice che è meglio se lei cambia modo di giocare.
«Sono cose che vanno chieste al c.t.... Prandelli mi è venuto a cercare quando non mi conosceva nessuno e gliene sono grato. Quando vado in Nazionale, so che mi chiede di giocare più velocemente in fase offensiva e di evitare le scivolate in difesa. Lui sa più di chiunque cosa posso dare. E posso soltanto adeguarmi alle sue richieste».
Nel centrocampo azzurro rischia di fare il doppione?
«Oltre a Pirlo, a centrocampo abbiamo tutti caratteristiche diverse. Non sono né Marchisio né Montolivo o De Rossi, giocatori che hanno vinto tanto e sono fonte di ispirazione per me».
Prandelli teme che la Nazionale arrivi stanca ai Mondiali. Anche soltanto per far rifiatare Pirlo non è un paradosso che possa rinunciare a un ragazzo come lei?
«Io mi sento veramente in forma, e quando giochi ogni tre giorni puoi soltanto stare meglio. Lo dimostra anche il fatto che l’altra sera contro il Chelsea abbiamo segnato al 93’. Pirlo però è un campione, sa gestire al meglio le sue forze e non deve spettare a lui correre dietro il pallone. Va detto che Prandelli poi sta chiamando anche altri giovani come Destro, Insigne e Immobile».
Ma come si spiega il clima di perplessità che aleggia intorno a lei?
«Un po’ è normale in Italia, perché con i giovani non si è mai contenti. Però lo considero uno stimolo in più, per fare ancora meglio».
Forse lei paga il fatto di non aver mai giocato in Serie A?
«Sono contento di non averci giocato. Sono passato dalla Serie B a una squadra che mi permette di fare grandi partite di Champions League. Non mi pento della scelta fatta. E oggi come in futuro sarà sempre più difficile comporre una Nazionale di soli “italiani”. Il calcio sta offrendo possibilità anche fuori dai nostri confini. Il Psg è una squadra piena di nazionali».
Magari in qualche ritiro azzurro ha fatto o detto cose che hanno urtato la sensibilità di qualcuno?
«Non penso. Sono un ragazzo trasparente, il calcio lo vivo come una passione. In Nazionale mi sento tra amici, oltre che tra grandi campioni».
Che sono suoi concorrenti diretti.
«Vorrei essere chiaro: per me la concorrenza è normale. Al Psg magari sono titolare, ma so che chi sta in panchina è comunque all’altezza. È arrivato Cabaye che se la gioca alla pari. Pastore, che magari gioca meno, è quello che ha segnato un gol fantastico al Chelsea al 93’, dimostrando di essere sempre disponibile. Un esempio. E a dirla tutta, preferisco giocare meno pur di vincere qualcosa con la mia squadra».
A proposito di concorrenza. Si parla di un interesse del Psg per Pogba e di Verratti come merce di scambio con la Juve, quasi un tappabuchi. Le dà fastidio?
«Un po’ sì, perché sembra che il Psg non mi voglia e non mi valorizzi alla pari di Pogba. Invece sento di avere piena fiducia dei dirigenti, del tecnico e dei colleghi. Se domani mi dicessero di andarmene ci starei male perché qui mi sento come a casa. Però stiamo parlando della Juventus. Anche se non ho nessuna intenzione di muovermi da Parigi, si tratta di uno dei progetti più seri e ambiziosi d’Europa. Conta questo, non il come né il perché, che sono cose da giornalisti».
Senta, ma un Mondiale senza Verratti come sarebbe?
«Triste, ma soltanto per me, sapendo comunque che ci andrebbero i migliori secondo Cesare Prandelli. Domani c’è l’anniversario dei cinque anni dal terremoto in Abruzzo, la mia terra. Anche se non l’ho vissuto direttamente, conosco persone che hanno perso davvero tutto: la casa, i familiari, gli amici. Io sono giovane e sono diventato da poco papà di Tommaso, che appena mi sorride mi commuove. Anche se il calcio è la mia passione, le cose gravi nella vita sono altre».