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 2014  aprile 06 Domenica calendario

PRODUZIONE DI ARMI IL PERICOLO VIENE DA EST


La Cina è entrata da protagonista anche nel pianeta dei mercanti d’armi. Nel quinquennio 2009-2013, è risultata esserne il quarto esportatore al mondo, con una quota del 6%. Nei cinque anni precedenti, 2004-2008, non era nemmeno nella classifica dei principali esportatori stilata da Sipri — Stockholm International Peace Research Institute —, il più autorevole centro di ricerca in fatto di questioni militari. Tra i due periodi considerati, la crescita delle esportazioni militari di Pechino è stata superiore al 200%. Gran parte degli armamenti, il 40%, è destinata al Pakistan; il 13% va al Bangladesh e il 12% alla Birmania. L’altro gigante del settore che continua a crescere è la Russia, seconda nella graduatoria, passata dal 24 al 27% del totale delle armi esportate nel mondo: Mosca ne vende il 38% all’India, che è il maggiore importatore di armi, con il 14% del totale; un 12% lo manda in Cina, un altro 11% in Algeria.
Questa classifica è interessante perché, tra le altre cose, illumina sulle ambizioni internazionali di molti Paesi, sulle loro alleanze e sul modo di intenderle. Il primo esportatore al mondo per ora è ancora l’America, con una quota di mercato del 29%, in calo rispetto al quinquennio precedente, quando era il 30%. Anche Washington, naturalmente, fa scelte politiche quando vende armamenti. Ma non ha alcun cliente che superi il 10% di quello che vende: a questa quota ci sono l’Australia e la Corea del Sud, al 9% ci sono gli Emirati Arabi Uniti 9% ci sono gli Emirati Arabi Uniti e il restante 71% è distribuito tra decine di altri Paesi. Lo stesso dicasi della Germania, al terzo posto nella classifica con il 7% dell’export globale: il 10% va negli Stati Uniti, l’8% in Grecia, un altro 8% in Israele e il restante 74% è ampiamente diffuso. Il commercio d’armi ha sempre una valenza politica: non le vendi a chi domani potrebbe usarle contro di te (salvo casi di follia e di avidità ir- refrenabile). Ma sembra evidente che i Paesi occidentali oggi la- scino — in misura maggiore rispetto agli anni della Guerra fredda — molto più spazio a considerazioni di business. La Francia, quinta in classifica, non fa eccezione, nonostante la sua quota di mercato sia scesa dal 9 al 4%: il 13% del suo export di armi va alla Cina, l’11% al Marocco, il 10% a Singapore. L’Italia, che tra i due quinquenni considerati ha aumentato le vendite all’estero di quasi il 30%, nella lista degli esportatori è nona, con il 3% del mercato. Se c’è un rapporto tra armi e probabilità di guerra, il pericolo viene da Oriente. Nel periodo 2004-2008, la regione Asia-Oceania importava il 40% di tutte le armi commerciate. Tra il 2009 e il 2013 la quota è salita al 47%, quasi la metà degli scambi globali: tra i primi dieci importatori, sette sono Paesi asiatici. Anche l’Africa ha aumentato la sua quota: prima comprava il 7% delle armi sul mercato e ora è passata al 9%. Complessivamente, il volume di armi trasferite, che aveva toccato il minimo nel 2002, è tornato a crescere e ora è sui livelli della prima metà degli anni Novanta. Segnale di nervosismo.