Marco Demarco, Corriere della Sera 6/4/2014, 6 aprile 2014
IL NUOVO RITMO CHE SCACCIA LE CANZONI DEI CAMORRISTI
«Non richiuderti in te stesso pensa a chi sta peggio/ci sono posti in questo mondo dove il cibo è privilegio». Parole e musica di Rocco Hunt.
Eravamo rimasti ai neomelodici, alle melodie facili, alle pappette sentimentaliste via via degenerate nel loro opposto, alla canzone popolare come prova della pervasività della camorra e al destino già segnato di quelli nati dove «’a guerra da’ vita nun te fa sunna’», la guerra della vita non ti fa sognare. Tutta un’altra storia. Eravamo fermi a rime come condannato/infamato, tradito/pentito, amore/onore ed eravamo in allarme per la piega che la canzone napoletana stava prendendo, per la realtà malata che la ispirava, per il dialetto approssimativo dei parolieri, per le regole civili e grammaticali messe da parte. Eravamo a tutto questo, quando all’improvviso sono arrivati loro, i rapper positivi, quelli politicamente corretti, i nuovi ottimisti della volontà. E cioè Clementino, che non è certo il Saviano della canzone, ma il no ai boss a suo modo lo canta; e Rocco Hunt, appunto, il vincitore di Sanremo Giovani, il salernitano attualmente più noto d’Italia, forse addirittura più del sindaco De Luca. Una svolta, a parte l’ortografia dei testi in napoletano, ormai andata, con il dialetto irrimediabilmente ridotto a trascrizione fonetica del parlato.
Proprio Rocco Hunt, appena sceso dal palco del teatro Ariston, è già salito, col suo «’A verità», ai vertici della classifica dei dischi più venduti. Meglio di lui, ha fatto solo il vecchio Springsteen; mentre alle sue spalle, e neanche subito, è rimasta perfino Shakira, a sua volta tallonata da Francesco Renga, Ligabue, Giusy Ferreri e Roby Facchinetti. Rocco è dunque il primo degli italiani, e tra lui e Shakira ci sono anche i 99 Posse, con una rilettura di un disco del ‘93, anche questo nella lingua di De Filippo e Di Giacomo. Gli esperti dicono che non era mai successo. Mai due album di canzoni napoletane si sono piazzati lassù, neanche negli anni ruggenti del «Napoli power», al tempo del ribellismo politico di Edoardo Bennato o dell’individualismo lirico di Pino Daniele: il primo presente nel disco, e il secondo curiosamente citato con una azzardata e anacronistica rima con Gino Bramieri. «Battere Shakira è uno sfizio, stare sopra ai 99 Posse un onore esagerato» commenta Rocco.
Ma come si spiga un risultato del genere? La sua risposta: «È un trionfo, il giusto riconoscimento di tanti sacrifici, la prova che il Sud è più». Più cosa? «Più tutto, più cultura, più creatività». È questo l’ottimismo che sostituisce il vittimismo. O, se si vuole, la spinta identitaria che manda in archivio il piagnisteo. «Sia chiaro — spiega Rocco — non è che io non protesti e non rivendichi. Lo faccio, eccome. Anche perché viviamo in una società sbagliata, con una politica che si occupa di altro; che, come dico in una mia canzone, se ne fotte delle famiglie. Ma se do l’impressione di essere politicamente corretto a me sta bene. Del resto, sono contro la droga, contro la violenza, contro lo sfruttamento della donna e della sua immagine».
Addio ribellismo incendiario, dunque, ma nulla a che vedere con i neomelodici: giusto? «Sì, è vero, anche se non tutti i neomelodici sono come si immagina. Giorni fa ero con Clementino a Forcella, il quartiere dei boss. Ad un certo punto si avvicina una donna e ci ringrazia. Di cosa, le chiediamo? Perché state togliendo dalla capa, dalla testa, dei nostri figli quelle canzoni là, ci ha risposto. Parlava appunto dei neomelodici della malavita. Ora io spero che anche loro facciano come noi, che comincino a ispirarsi al bello che c’è, e non al brutto che ci sporca».
Buonismo di maniera? O spirito del tempo? Più probabile la seconda, visto che questa è comunque la stagione di Papa Francesco e del ricambio generazionale in politica. A proposito, cosa farà Rocco Hunt alle elezioni? «Non ho mai votato, ma non per scelta, solo perché ho 19 anni e finora non ho avuto l’occasione. Alle Europee? Ci devo pensare, in ogni caso partecipare è sempre meglio che astenersi». Un consiglio a Renzi? «Alla mia età, non mi pare il caso. Ma so cosa vorrei. Un Sud trattato con riguardo: per la sua storia, per il suo patrimonio artistico. Farei qualsiasi cosa per dare splendore a Pompei ed Ercolano». E poi: «Se ciò che ci aspetta è la decadenza, se la Roma de La Grande Bellezza è il nostro futuro, allora noi dobbiamo reagire. L’Oscar a Sorrentino è un ottimo segno, quasi un incoraggiamento a tutti noi».
Ed ecco come questo ragazzo di Pastena, quartiere popolare di Salerno, figlio di un operatore ecologico, educato al rispetto delle regole e delle buone maniere, intende fare la sua parte. «Ti puoi sedere, lo spettacolo è serio/ vieni a vedere come sfondo lo stereo/... ’a storia ‘e sta gente chi ‘a canta?/ Rocco Hunt dint’ all’impianto», duetta con Clementino. Se poi dovesse vincere il disco d’oro, il rapper buono ha già deciso: lo esporrà sotto il portico del suo quartiere, lì dove nei giorni di pioggia provava i primi freestyle con le basi scaricate dall’iPhone. «Ma prima — assicura — chiederò il permesso al condominio»